Per ora si sono dati una calmata. Pare. Tra falchi, lealisti e colombe, ieri, non ci sono stati sgarbi o rappresaglie degne di nota. Dopo la conferenza stampa in cui i ministri del Pdl sono tornati a dirsi orgogliosamente berlusconiani, la (per ora virtuale) contesa tra Alfano e Fitto sembra congelata. E’ la quiete prima della tempesta? E cosa ne sarà di tutti quei progetti di rinnovamento del Pdl, a partire dalla celebrazione di un congresso, dalle nuove regole, e dalla trasformazione in un partito moderato ed europeo? Lo abbiamo chiesto al vicedirettore de Il Giornale, Nicola Porro.



Si sono riappacificati?

No. Sotto la cenere cova ancora uno strappo che è difficilmente ricucibile, fatto di vicende personali, rivendicazioni, ruoli all’interno del partito, nei ministeri e stanze da attribuire in San Lorenzo in Lucina.

Sul piano della lotta politica, che partita si sta giocando Alfano?

Quella della successione a Berlusconi. In un partito fortemente leaderistico è inevitabile che ci sia, in tal senso, una buona dose di conflitto.



Perché, l’altro ieri, i ministri del Pdl, in conferenza stampa, si sono ridichiarati tutti berlusconiani?

Perché nel partito regna l’ipocrisia. Se ci pensa, non c’è un solo esponente del Pdl che si sia mai dichiarato non-berlusconiano. E questo perché nessuno, ovviamente, ha i suoi voti.

Li lascerà fare per poi riprendere in mano il partito?

Questa volta, c’è il problema oggettivo dell’agibilità politica. Comunque vada, infatti, non sarà candidabile. E’ oggettivamente indebolito rispetto al passato.

La richiesta al Parlamento di Napolitano di varare un provvedimento di indulto o amnistia non potrebbe favorirlo?

No. Il messaggio del capo dello Stato affronta esclusivamente il problema della crudeltà italiana rispetto alla carcerazione. Chi, magari nel Pd, vuole attribuirgli la volontà di salvare Berlusconi dalla pena sbaglia.

Non crede che, a prescindere dalle intenzioni di Napolitano, l’amnistia o l’indulto gioverebbero comunque a Berlusconi?

E’ da escludersi. I tempi dell’amnistia sono estremamente lunghi. Servono i voti dei due terzi del Parlamento. E, in ogni caso, è impensabile che venga applicata ai reati finanziari, come del resto l’indulto.

 

Considerando il ruolo minoritario dell’ex premier, come si concluderà la guerra tra bande nel Pdl?

Ovviamente, senza Berlusconi si perderanno dei voti. Ci sarà una nuova traversata nel deserto. Alla fine, tuttavia, vincerà chi riuscirà ad interpretare e aderire maggiormente ai voti berlusconiani.

 

E il partito popolare, europeo e moderato?

Tutte balle. E’ finita la Dc, ma i democristiani ci saranno sempre. Contestualmente, potrà finire Berlusconi, ma i berlusconiani no. Nel bene e nel male ha rivoluzionato la politica. Mettendo in agenda temi e contenuti figli di un substrato culturale che, nel Paese, è molto forte.

 

Per come la mette, sembra che i falchi e i lealisti avranno la meglio.

Non è detto. Per l’elettorato sarà determinante il giudizio di Berlusconi sul proprio erede. Da un lato dovrà essere lui a sceglierlo, dall’altro, nessuno potrà mai nemmeno sognarsi di ereditare i suoi voti in contrasto con lui.

 

La scissione verso il centro resta un’ipotesi plausibile?

Non la si può escludere. Dal punto di vista elettorale, rappresenterà un fallimento. Ma sarà tanto più probabile quanto più durerà la legislatura.

 

(Paolo Nessi)