Non è un periodo politico solo concitato, confuso, ma anche surreale, quello italiano. Come altro definire tutto il can-can di questi giorni intorno al ruolo del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano? E’ stato sufficiente il messaggio alle Camere sulla drammatica situazione delle carceri italiane, sulla necessità di allinearsi agli standard dei Paesi civili, sull’urgenza di levarci di dosso le condanne che ci arrivano dalla Corte europea, sulla possibilità di fronteggiare una situazione carica di tensione all’interno delle carceri con un’amnistia e un indulto, per vedere nitidamente che Napolitano è diventato il primo bersaglio di una parte consistente di una sedicente nuova sinistra, oppure di quello che si può sbrigativamente definire il “partito dei giudici” e dei suoi supporter.
Ieri, il presidente della Repubblica ha colto l’occasione della consegna delle insegne di Cavaliere dell’Ordine Al Merito del Lavoro per dare una risposta indiretta. C’è un passaggio decisivo nel discorso di Giorgio Napolitano: “Occorre andare avanti con le scelte di politica economica e finanziaria e insieme con le riforme politiche e istituzionali da tempo riconosciute necessarie. Quella riforma della legge elettorale, quelle revisioni della seconda parte della Costituzione di cui si è già delineato il percorso attraverso il serio apporto di una Commissione altamente qualificata: e si sa che al procedere di queste riforme io ho legato il mio impegno all’atto non ricercato di una non ricercata rielezione a Presidente. Impegno che porterò avanti finché sarò in grado di reggerlo e a quel fine”.
Insomma, dal Quirinale arriva un altro avviso e un invito ad andare avanti al Governo delle larghe intese, a sfruttare al massimo le opportunità che questo esecutivo offre. Ma se si guarda bene tutta la vicenda, ci si rende conto che l’amnistia e l’indulto possono essere un pretesto per un attacco immediato, con l’impeachment proposto da Beppe Grillo e le “sgomitate” di Matteo Renzi. C’è stata in più la richiesta di “fedeltà alla Costituzione” gridata in una manifestazione da vari personaggi e poi le dichiarazioni sparse di chi si “oppone al presidenzialismo” e di chi arriva a dire che “il Presidente non è più il garante della Costituzione”. Stefano Folli, ex direttore del Corriere della Sera, grande analista politico, attualmente editorialista de Il Sole 24Ore, oltre che commentatore in varie trasmissioni televisive, inquadra bene il problema.



Perché, Folli, il presidente Napolitano è tornato al centro delle polemiche sollevate da una parte dello schieramento politico italiano?

Viene attaccato soprattutto perché è considerato il tutore del governo delle “larghe intese”. Napolitano ha evitato un vuoto politico che era davanti a tutti e cerca di spingere il governo a sfruttare al massimo questo momento. Come si ricorderà, ai primi di ottobre, il Governo Letta ha rischiato il collasso. Ed erano in molti a sperare che la situazione finisse male e che il governo cadesse. Il fatto è che il governo si è salvato e ha rafforzato la sua posizione, proponendosi quasi come un esecutivo che può durare almeno un paio d’anni. Questo ha fatto saltare i nervi a molte persone.



Non è il caso di parlare di Grillo, ma certo nel Pd qualcuno spingeva forse per un’apertura delle urne. 

Non c’è dubbio. La reazione di Matteo Renzi sta proprio in quella linea: arrivare al più presto al voto. La tenuta di Enrico Letta, il comportamento di una parte del Pdl ha ridato fiato al Governo e ha permesso allo stesso Napolitano di prefigurare un esecutivo che non ha una scadenza già prefissata, ma che può fare interventi incisivi. Infatti questo è l’invito che il presidente continua a chiedere. Il tutto ha spostato ovviamente un appuntamento elettorale che pareva imminente e quindi Napolitano è diventato un bersaglio principale. Di fatto, l’azione di sostegno del presidente al governo delle “larghe intese” ha rotto il gioco di una campagna elettorale imminente a cui molti sembravano già pronti.



 

Uno scenario preoccupante, vista la situazione politica ed economica dell’Italia.

E’ una situazione inquietante, perché pare che in Italia ci si muova senza una visione, senza una reale comprensione dei problemi e ci si senta solo protagonisti in una perenne partita elettorale. Questo è un aspetto da considerare attentamente. Da un lato il governo deve incidere nella realtà italiana, dall’altro non è possibile che ci si muova in una consultazione elettorale continua. Se così fosse, andremmo incontro a una totale stagnazione politica ed economica. Alla fine anche Napolitano verrebbe indebolito da un governo che non prendesse misure giuste e necessarie.

 

Alla luce di questa sua analisi, anche il messaggio alla Camere assume un significato diverso rispetto alla partita principale. Sto parlando della proposta di amnistia e indulto.

Sappiamo che da tempo Giorgio Napolitano vuole una riforma del sistema giustizia italiano ed è inutile ripeterne i motivi più che legittimi. Ora, nel suo messaggio alle Camere, il presidente ha preso il problema per la coda, cioè dalla situazione carceraria italiana, per la quale il Paese viene condannato ogni “due per tre” dalla Corte di giustizia europea e dagli organismi internazionali. Ma non vi è alcun dubbio che Napolitano, pur additando questo problema, vuole dire che la giustizia non funziona e va riformata.

 

Ma in questo caso scatta un altro problema…

Certo, il fatto che il cosiddetto “partito dei giudici”, tanto per schematizzare e intenderci, questa riforma non la vuole fare. Tuttavia ci troviamo di fronte a un aspetto della vicenda che vede Napolitano come bersaglio. Il nodo della questione è che con l’azione di Napolitano questo governo rischia di diventare quasi un governo di legislatura e questo è insopportabile per chi si muove come in una campagna elettorale permanente.

 

(Gianluigi Da Rold)