Fanno discutere le disposizioni sull’utilizzo delle intercettazioni telefoniche che l’Autorità Garante per la Privacy ha inviato alle Procure di tutt’Italia. In pratica si chiede agli uffici giudiziari di introdurre una serie di accorgimenti per la tutela dei dati personali. Si va dalle misure più tradizionali, come i lucchetti a porte e serrature nelle stanze dove sono conservate le intercettazioni, a strumenti più sofisticati quali algoritmi a chiave pubblica, tecniche crittografate e identificazione biomedica di retina e impronta digitale. Come spiega Nicolò Zanon, professore di Diritto costituzionale all’Università di Milano e membro laico del Csm, “a motivare l’intervento dell’Autorità Garante è il fatto che soprattutto le Procure più piccole, non avendo gli spazi, adottano prassi di conservazione dei dati in parte difformi le une dalle altre”. Il rischio è che in questi passaggi i dati riservati vengano a conoscenza di persone terze.



Professor Zanon, il Garante perla Privacy ha dei poteri nei confronti delle Procure?

Il testo unico sulla privacy afferma che anche gli uffici giudiziari sono tenuti alla custodia dei dati sensibili. Da questo punto di vista le Procure ricadono quindi sotto la competenza dell’Autorità Garante per la Privacy.

Lei ritiene che la misura dell’Autority sia stata opportuna?



Sì, anzi la ritengo estremamente opportuna. Di recente lo stesso Csm aveva realizzato un’indagine da cui era emerso che soprattutto negli uffici delle piccole Procure vige una prassi abbastanza anarchica per quanto riguarda la conservazione dei dati raccolti tramite le intercettazioni. Ciò soprattutto per quanto riguarda la possibilità di fare copie di questi dati, l’accesso alle sale di ascolto o la loro remotizzazione.

Che cosa ne pensa delle polemiche sollevate dal Fatto Quotidiano?

Le misure di sicurezza fisica o informatica sono molto opportune, e la polemica su questo punto è quindi davvero strumentale in quanto il Garante intervenendo ha fatto soltanto il suo dovere. Tra i rischi che si corrono ci sono la duplicazione dei file o dei cd dove queste informazioni sono contenute, una prassi d’accesso alle sale dove si svolgono gli ascolti o dove c’è la cosiddetta “remotizzazione”.



Può spiegare in che cosa consiste la remotizzazione?

Quest’ultima consiste nel fatto che gli uffici di Procura tante volte non sono attrezzati per poter fungere da sale di registrazione. Le intercettazioni sono quindi raccolte fisicamente in un altro spazio e poi inviate a chi le deve ascoltare. Ci sono quindi due luoghi sensibili dove possono avvenire fughe di notizie, trafugamenti o duplicazioni non lecite. In questo senso è davvero auspicabile che il garante intervenga in questo modo.

 

Secondo alcuni però la mancanza di risorse trasforma le indicazioni del Garante in una sorta di bavaglio. Lei che cosa ne pensa?

Le misure del Garante riguardano la salvaguardia e l’organizzazione fisica e informatica e degli strumenti tecnici che lo stesso Csm in linea di massima ha raccomandato. Attraverso l’indagine conoscitiva del Consiglio superiore della magistratura, abbiamo acquisito la consapevolezza che vi era una certa libertà di comportamento nei diversi uffici. In questo modo ora il Garante cerca di dettare un’uniformità e delle regole di comportamento che reputo necessarie, proprio perché si tratta di tutelare la riservatezza dei dati, ma anche l’efficacia stessa dell’indagine.

 

Davvero ritiene che non esista un problema di carenza di fondi?

Ovviamente nelle Procure c’è un problema di risorse, ma discutendone con diversi colleghi togati all’interno del Csm è emerso che non occorrono grandi fondi per assumere alcune misure di prudenza. Comunque il provvedimento del Garante è comunicato anche al ministero della Giustizia per gli adempimenti di competenza. Spetta a quest’ultimo ove occorra il fatto di fornire gli strumenti per gli adempimenti pratici di queste disposizioni, che prevedono comunque quale termine il giugno 2014.

 

Perché allora il Csm ha aperto una pratica?

E’ normale che ciò avvenga, in quanto va valutata la ricaduta organizzativa. Mi attendo anche un tavolo al ministero che si occuperà di dare attuazione alle direttive, e cui parteciperanno anche alcuni membri del Csm. Si tratta comunque di adempimenti di un certo peso e rilievo che coinvolgono diversi uffici giudiziari ed è giusto che il Csm se ne occupi.

 

(Pietro Vernizzi)