Finirà con due gruppi parlamentari distinti, almeno al Senato. Da un lato i fedelissimi di Monti, dall’altra una dozzina di contestatori, raccolti intorno a Mario Mauro e a Pierferdinando Casini, per dare vita a un contenitore che si richiami prima degli altri al Partito popolare europeo.
È forse questa la chiave d’interpretazione più indicata per capire le grandi manovre al centro: mancano sei mesi alle elezioni europee e ogni mossa sullo scacchiere nazionale va messa in relazione a un quadro più grande. In un contenitore politico da sempre percorso da profonde divisioni a far saltare la mosca al naso di Monti ha contribuito non poco il pranzo fra il ministro della Difesa e Silvio Berlusconi. Nel menu del Circolo ufficiali delle Forze armate non solo le ipotesi intorno alla decadenza del Cavaliere, ma anche la prospettiva di dar vita a un coordinamento delle forze che in Italia si richiamano al Ppe, in vista del voto del 25 maggio 2014.
Sul nome di Berlusconi permane il veto di Monti, che in questo sente di avere il pieno sostegno di Angela Merkel, che è di sicuro il più autorevole esponente del Ppe, ma non l’unico suo leader. E in parecchi nella famiglia popolare non sono disposti a perdere per strada Berlusconi e i suoi voti, che rimangono molti, decisivi nel nostro paese. Certo, il Cavaliere non è il più presentabile dei compagni di viaggio, ma in politica serve spesso una dose di sano realismo.
A questo secondo filone fanno riferimento, più o meno esplicitamente, Mauro e Casini, quando tentano di dispiegare un’azione politica che ha l’ambizione di offrire una sponda – subito o in un futuro più o meno prossimo – anche ai senatori pidiellini rimasti a metà del guado dopo la mancata scissione di due settimane fa.
Per il momento le ambizioni di Mauro e Casini hanno trovato la sponda e la convergenza di Angelino Alfano, vero regista del pranzo fra il ministro della Difesa e il Cavaliere. Alfano è stato efficace nel rispondere a muso duro agli attacchi di Monti e a ribattergli che è impensabile oggi pensare a un’area moderata senza Berlusconi. Il suo disegno è il ritorno alla Casa delle Libertà, stile 2001: un’alleanza vasta fra una pluralità di forze, nella quale ciascuno può entrare preservano la propria autonomia e la propria identità, senza dovere sciogliersi in un unico contenitore di cui forzatamente leader rimarrebbe Berlusconi.
Anche del nuovo centrodestra il punto di riferimento rimarrebbe il Cavaliere, ma questo varrebbe per l’oggi, perché nessuno sa prevedere gli scenari a medio termine. Il nuovo centrodestra potrebbe anche rivelarsi il passaggio chiave per superare il ventennio berlusconiano in maniera relativamente indolore, con un lento scivolamento del leader che ha segnato la seconda Repubblica a un ruolo più formale che sostanziale.
Per adesso la proposta del nuovo centrodestra, unita alla difesa di Berlusconi da Monti, guadagna ad Alfano il plauso temporaneo anche dei falchi del suo partito. Da Fitto e da Bondi viene però un secco avvertimento, che il ruolo effettivo di Berlusconi non è affatto in discussione.
Di sicuro le grandi manovre al centro costituiscono la vera incognita delle prossime settimane, anche per il contributo che potrebbero dare all’instabilità dell’azione di governo. Quella instabilità cui Enrico Letta dice di essersi ormai abituato a sopportare.
Niente è difficile in questo complicato scenario. Si pensi alla situazione di Scelta Civica: se a Palazzo Madama la situazione è di 12 senatori contro Monti e 7 a favore (non sufficienti a garantire un gruppo autonomo), alla Camera la situazione è ribaltata. A Montecitorio il pallottoliere interno segnala 30 fedelissimi su 47 deputati, oltre ad alcuni incerti. Qui, insomma, il gruppo popolare non avrebbe i numeri per nascere, a meno dell’arrivo di una pattuglia dal Pdl.
Ma anche fra i “lealisti” di Scelta Civica non tutti la pensano allo stesso modo: la maggioranza potrebbe approdare in Europa al gruppo liberale e democratico (Alde), ma qualcuno, come Andrea Romano, non nasconde di guardare con interesse a Matteo Renzi e al centrosinistra. Lo dimostra la partecipazione dello stesso Romano dieci giorni fa alla festa del Centro Democratico a Torre del Greco a un dibattito sulle alleanze che verranno con Guglielmo Epifani, Nichi Vendola e Bruno Tabacci. Una foto che − nelle ambizioni di chi c’era − potrebbe avere miglior fortuna della “foto di Vasto” del 2012, quella con Bersani, Vendola e Di Pietro.
Ma il vero primo banco di prova delle grandi manovre al centro sarà sulla decadenza di Berlusconi. Per Monti l’applicazione ferrea della legge Severino, voluta dal suo governo è un valore non negoziabile. Mauro nega che si sia parlato di voto contrario o di richieste di grazia nel pranzo al Circolo ufficiali. Ma Casini fa sapere di non aver ancora deciso come votare. Molti scenari futuri passano da lì, da una formula che garantisca al leader del Pdl un minimo di agibilità politica.