“Nel momento in cui i progetti e i valori politici di un partito sono abbandonati per seguire interessi diversi o particolari, cambiare idea non è una scissione o un tradimento ma semplicemente un sussulto di dignità”. Ne è convinto Giuseppe Fioroni, senatore del Pd, già ministro dell’Istruzione, a proposito dell’eventualità di una scissione nel Popolo della Libertà in vista del voto di fiducia al governo Letta. Per Fioroni, “l’intera politica italiana è segnata da uno spartiacque che è Silvio Berlusconi. Nel momento in cui questo spartiacque non ci sarà più, l’intero quadro delle forze politiche sarà ridisegnato, e nessuno potrà più dire: ‘Con quelli non voglio avere nulla a che fare perché stanno con (o contro) Berlusconi”. Oggi è il giorno della fiducia di fronte a Camera e Senato, e ieri il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha rivendicato: “Non faccio cose rabberciate e tantomeno vado in giro a reclutare singoli parlamentari. Voglio il sostegno di un consistente fronte moderato. Se questo non arriva, e dovessi trovarmi costretto a governare con due-tre voti di scarto, mi dimetterò”.
Senatore Fioroni, alla luce degli ultimi avvenimenti, che cosa vuole ora il Pd?
Oggi ciascuno dei parlamentari che saranno chiamati a votare la fiducia davanti al Paese dovrà fare i conti con l’interesse generale e il bene comune che va difeso e tutelato con senso di responsabilità, con riferimento al progetto, agli impegni e agli interventi che Enrico Letta intende mettere in campo.
Secondo lei che cosa accadrà?
Vedo con preoccupazione chi alle 18 di ieri ha reso pubblica una lettera in cui reputa “inaffidabili” il presidente Napolitano e il presidente Letta, e mi domando in che modo oggi potrà votare la fiducia senza colpo ferire. Il suo voto non sarebbe serio né credibile né coerente.
E’ meglio essere coerenti o alla fine votare per il bene del Paese?
E’ vero che si può cambiare idea, ma soltanto a condizione di fare pubblicamente ammenda degli errori che si sono commessi e delle valutazioni politiche errate che si sono compiute. Quando si ammettono i propri errori di valutazione, poi occorre prendere le conseguenti decisioni. Se tutto questo non avviene si dà l’idea di una scelta di opportunismo.
In che senso parla di opportunismo?
Non si può votare la fiducia il 2 ottobre e il 5 mattina ricominciare a fare ballare il governo a seconda delle pur legittime aspettative individuali. Per dare risposte alle famiglie italiane, ai nostri figli che non trovano lavoro, all’occupazione che deve riprendere, alla crescita che si deve riavviare, l’Italia ha bisogno di un governo credibile, autorevole e serio. L’esatto contrario di quello che deriverebbe da un voto con i limiti di cui abbiamo parlato.
Vede possibile una scissione all’interno del Pdl?
Non mi sono mai occupato delle scissioni che avvengono in casa d’altri. In politica la differenza la fanno le cose in cui si crede, i progetti e i valori che si hanno come riferimento. Se quei progetti e quei valori sono abbandonati per seguire interessi diversi o particolari, ciascuno di noi ne risponde di fronte alla propria coscienza. In quel caso un cambiamento di idea non è una scissione o un tradimento, ma semplicemente un sussulto di dignità in cui ciascuno assume la responsabilità e l’onere delle sue scelte.
Se avvenisse una scissione nel Pdl, il Pd potrebbe contare dei transfughi verso il nuovo partito dei moderati?
Non è un problema di Pd, Pdl o quant’altro. L’attuale quadro politico è figlio di uno spartiacque o di un architrave che è Silvio Berlusconi. Quando il Cavaliere non sarà più della partita politica per cause contingenti e personali, sarà inevitabile che il quadro politico sia ridisegnato e adeguato. Le forze politiche saranno chiamate a una sfida che è figlia di questo cambiamento.
In che modo avverrà questo cambiamento?
Oggi la sfida è tutta tra chi sta con o contro Berlusconi, domani saranno tutti chiamati a stare insieme sulle cose che vogliamo fare e in cui crediamo. Nessuno un domani potrà più dire: “Con quelli non voglio avere nulla a che fare perché stanno con (o contro) Berlusconi”. Questa svolta è implicita nel mutamento della politica, che non c’entra nulla con quanto faranno due senatori del Pd o tre deputati del Pdl. C’entra con un quadro politico generale che rimedita e si modifica.
(Pietro Vernizzi)