Non si è mai visto un Monti tanto rancoroso e vendicativo. L’ex premier ed ora anche ex leader di Scelta civica, durante la trasmissione In ½ Ora, ha spiegato all’Annunziata che la scelta di Daria Bignardi – «la sua collega, e collega è dire molto» – di mettergli in braccio un cagnolino durante Le Invasioni Barbariche fu una trovata «molto scorretta». Addirittura. Ma questo è folklore. Quel che conta è la lettura politica del senatore a vita: il governo è schiacciato sulle posizioni del Pdl, «si scrive Letta ma si legge Brunetta», ha datto. Resta il fatto che l’uscita dal partito da lui stesso fondato prelude a vari riposizionamenti. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Mario Adinolfi, blogger e giornalista.
Lei come interpreta le affermazioni di Monti?
Monti, fondamentalmente, ha detto la verità su molti aspetti. Durante l’intervista di ieri, e in altre occasioni, ha fatto presente che l’errore chiave fu l’apparentamento con Fli e l’Udc. L’esperienza montiana avrebbe avuto senso se avesse rappresentato una sorta di grillismo di centro. Stare con Casini e Fini ha significato imbarcare quanto restava di più vecchio della prima Repubblica. Io stesso, ho votato Scelta civica solo alla Camera, perché al Senato erano candidati loro due. Insomma, l’analisi di Monti è tardiva ma giusta.
Senza Fini e Casini cosa sarebbe cambiato?
Beh, Scelta civica avrebbe preso molti più voti. Ma ci rendiamo conto che, dopo anni di impasse, Monti era arrivato al governo e in una settimana ha fatto la riforma delle pensioni, la riforma del lavoro e la legge Severino? E’ stato il protagonista di una stagione in cui il riformismo sembrava una strada possibile.
La riforma delle pensioni è stata un disastro, sconfessato all’unanimità da tutte le forze politiche, dalle parti sociali e dal mondo accademico. Piace all’Europa perché, all’epoca, sembrava che avrebbe sistemato il nostro bilancio
E le pare poco? La riforma delle pensioni è stata un passo importantissimo. I nati dopo il 1970 hanno un barlume di speranza di poter vedere, un giorno, la pensione grazie ai miliardi risparmiati dalla riforma Fornero.
Ora, Monti, che fa senza un partito che lo candida?
E’ senatore a vita, non ha bisogno di essere candidato.
Per le Europee sì. E se vuole tornare ad avere un ruolo di prestigio in Europa dovrà pur aver una forza politica che sostiene la sua candidatura.
E’sufficiente che lo sostenga il governo. E qualunque esecutivo avrebbe tutto l’interesse a farlo. Attualmente, nessuno in Europa e ritenuto autorevole come lui e le difficoltà che abbiamo avuto in passato ogni volta che abbiamo proposto un nostro candidato in commissione, con Monti non si riproporrebbero.
Cosa ne sarà, invece, di Scelta civica?
Questo è fondamentale. Si tratta pur sempre di un’esperienza che ha raccolto 3 milioni di elettori. Non credo che i cosiddetti montiani, come Pietro Ichino, Ilaria Borletti Buitoni, Linda Lanzillotta, o Alberto Bombassei, possano accettare di essere diluiti in una novella Udc. Addirittura, dato che tra sette mesi si vota alle europee, non credo che un raggruppamento con Mauro, Formigoni e Casini possa avere neanche metà della capacità di attrattiva che ha avuto Scelta civica.
Quindi?
Vede, Monti, bacchettando il governo Letta, e imputandogli l’asservimento al Pdl, come sulla vicenda dell’Imu, non solo ha detto la verità, ma ha espresso quella linea riformista che rappresenta una spazio politico ancora da riempire.
Da chi?
Probabilmente non da Monti in persona, ma dai montiani.
Una formazione di questo genere può ottenere consensi che non siano da prefisso telefonico?
Certo. Il Paese ha bisogno di riformisti autentici. E, attorno ai temi che costoro promuovono, si può raccogliere il consenso.
Non crede che, più che un centrino come quello descritto da lei, potrebbe crearsi un centrodestra formato dalle colombe del Pdl, da parte di Scelta Civica e da parte dell’Udc, in alternativa a Forza Italia?
Certo, è possibile. Tuttavia, se un elettore di centrodestra trova, sulla scheda: una lista riconducibile a Berlusconi, un’altra con i nomi di Lupi, Alfano, Mauro e Casini e un’altra ancora con i riformisti di centro, secondo lei chi vota.
Ce lo dica
Finché c’è Berlusconi, vince Berlusconi. Ma, nella sfida tra i riformisti di centro e gli ex Dc, mi pare evidente che la partita volga in favore dei primi. Non solo: se Renzi è rimasta la persona lucida che ho conosciuto, quella che aveva sposato in pieno la prospettiva di Pietro Ichino, sappia che un centro di questo genere rappresenterebbe per lui un’autostrada spianata
Ora le varie anime di Scelta civica come si comporteranno con il governo?
Continueranno a sostenerlo, con poche sfumature e qualche distinguo.
(Paolo Nessi)