Berlusconi e tutto ciò che gli sta intorno gli provocano irritazione e insofferenza. Anche questo è uno dei motivi per i quali Monti ha lasciato la guida di Scelta civica. Non ha digerito il tentativo di dialogo di Mauro e Casini con l’ex premier. Lo ha fatto presente a In 1/2 mezz’ora. Precisando che un accordo con un Pdl deberlusconizzato non sarebbe stato il peggiore dei mali. Ecco, il punto è ancora questo: che fine ha fatto quel cammino di “normalizzazione” inaugurato con il voto di fiducia al Senato, quando i ministri del Pdl, l’ala più moderata, vinsero la loro battaglia contro Berlusconi, obbligandolo a sostenere il governo? Allora sembravano in procinto di obbligarlo alla resa. Oggi le cose, spiega Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, sono cambiate.



Ha ragione Monti, il Pdl è ancora saldamente in mano a Berlusconi?

Anzitutto, va rilevata una critica di merito che andrebbe ascoltata con una certa attenzione: Monti ha sempre affermato che, dopo la stretta da lui compiuta che ha riportato i conti pubblici sotto il tetto del 3% al rapporto deficit/Pil, fosse necessario ridurre le tasse sul reddito personale e sul lavoro per stimolare la ripresa. In tal senso, nella fase finale del suo governo, propose la riduzione dell’Irpef per due scaglioni di reddito. Sia il Pdl che il Pd bocciarono l’ipotesi, affermando che non era quello il modo per spendere il bonus fiscale che avevano a disposizione. Oggi si è riproposta una situazione analoga: il cuneo fiscale non si è potuto ridurre con la necessaria energia perché si sono sprecate risorse sull’abolizione dell’Imu.



Ha anche spiegato che il governo è succube del Pdl più berlusconiano.

Ha parlato di governo del disfare riferendosi, in particolare, all’Imu. La sua abolizione, effettivamente, fu la condizione posta dal Pdl per far parte del governo. Tuttavia, oggi la situazione è estremamente diversa. Possiamo dire che il governo è stato succube del Pdl finché il Pdl ha avuto una guida; oggi la situazione si è pressoché ribaltata, perché il Pd è in procinto di avere la guida. In sostanza, la compagine ministeriale si è sempre appoggiata sul più forte.

Monti ha anche detto che non si può ricostruire un centrodestra di stampo liberale, europeo e moderato finché resta in ballo Berlusconi.



Certo, tuttavia, per evitare che Berlusconi resti un ingombro, è necessario fare politica. E cercare di accelerare questo processo.

Il processo è in atto?

Non c’è dubbio. Tuttavia, bisogna capire se esso consolidi o rimuova l’ingombro di Berlusconi. Per intenderci: l’incontro di Mauro e Casini con l’ex premier conduce all’abbandono della sua guida del Pdl, o ad evitare la sua decadenza e a rafforzarne il ruolo nel centrodestra? Ovvero, il dialogo con Berlusconi è volto al superamento dell’attuale situazione, o a puntellarla ancora per un po’? Questo ancora non è chiaro. D’altra parte, se guardiamo all’operato dei ministri del Pdl, il quadro risulta ancora più oscuro. 


Ci spieghi.

Avrebbero dovuto contrastare il ritorno a Forza Italia, partito iper-berluscononizzato e fuori dal Ppe; ciò che appare, invece, è che Alfano sembra intenzionato a rimanere proprio nel partito dei falchi, pur dopo aver posto il problema di costruire un nuovo centrodestra; e che, a dispetto della recente spinta rinnovatrice, sono tornati tutti a parlare di incarichi e poltrone.

 

Alfano deve sciogliere le riserve. Tutti gli altri, probabilmente, navigano a vista.

E’ questo il problema. Perché i ministri del Pdl continuano ad attendere le decisioni di Berlusconi? Sembra che, dopo aver posto una questione politica, si siano ridotti a contrapporsi ai falchi, incaricando Berlusconi del ruolo di giudice delle proprie sorti.

 

Non crede che potrebbero dar vita ad una forza politica contrapposta a Forza Italia?

Certo, è verosimile. Tuttavia è un progetto molto meno ambizioso del tentativo di prendere in mano il partito, contrastare l’azione dei falchi, impedire la nascita di Forza Italia e riqualificarlo in senso europeo, moderato e popolare. L’opzione di una formazione in cui confluiscano i moderati del Pdl configura la costruzione di un partito che non risponde alla sfida di creare un grande centrodestra non più dipendente da Berlusconi. Si tratterebbe, in sostanza, di un pezzo di ceto politico che esce da un partito per formarne un altro. Insomma, c’era da sperare che i moderati conquistassero il Pdl, invece che costruirsi una scialuppa di salvataggio.

 

Un partito del genere non potrebbe schiacciare Forza Italia sulla destra e intestarsi la guida dei moderati?

Sì, potrebbe. Anche se mi pare veramente difficile riuscire in un’operazione del genere, fatta, da un lato, contro Berlusconi e, dall’altro, contro Monti.

 

Tutto questo, in che maniera condiziona il Pd?

Tutto ciò non lo riguarda. E’ preso dalla partita per la leadership. Anche le pulsioni centriste di un tempo sono scomparse. Se si verifica l’ipotesi più probabile, la vittoria di Renzi, al limite si parlerà di pulsioni eccentriche, verso la sinistra. 

 

(Paolo Nessi)