Un nuovo casus belli scatena, nel Pdl, l’ennesima reazione a catena? Il ministro per le riforme, Gaetano Quagliariello, interpellato da Il Messaggero, aveva fatto presente ai falchi che è inutile continuare a minacciare la crisi di governo. Non hanno in numeri. In tutta risposta, la senatrice Bonfrisco, gli aveva risposto: «il professore Quagliariello si esercita da apprendista stregone per produrre stantie formulette paleo-politiche». In un crescendo di tensione, le parole della senatrice hanno indotto 24 senatori (sufficienti per garantire la fiducia al governo) a firmare un documento in cui definiscono «non più tollerabili i toni e il linguaggio» usati per dileggiare l’area governativa e chiedono di smetterla «con la critica distruttiva e permanente alla legge di Stabilità e all’operato del governo del quale fanno parte i nostri ministri». Abbiamo chiesto al senatore Andrea Augello il senso di questo documento.
Siete vicini alla rottura?
Ma no. Neppure si è trattato di un documento, ma di un semplice comunicato stampa congiunto. Il fatto è che negli ultimi giorni c’è stato uno stillicidio di dichiarazioni volto a delegittimare non tanto il governo, quanto i nostri stessi ministri. Per evitare il rischio di cadute di stile abbiano fatto un comunicato molto semplice, in cui abbiamo invocato un clima diverso. Del resto, lo stesso presidente Berlusconi ci ha invitato ad esprimere il dissenso solo negli organi competenti.
Avete anche ribadito il sostegno al governo
Non c’è bisogno di ribadirlo. Abbiamo votato la fiducia il 2 ottobre. Non credo che in 20 giorni si possa sostenere qualcosa di diverso. Trovo singolare che – nel momento in cui quel voto di fiducia ci ha restituito i 4 punti che avevamo perso con l’annuncio del ritiro dei nostri ministri, i sostenitori di ipotesi neocentriste si sono trovati isolati e Monti e Fassina accusano il governo di sudditanza nei confronti del Pdl – parta l’assalto ai ministri del Pdl da parte di esponenti del partito.
L’assalto c’è perché siete spaccati
Non capisco di quale spaccatura si possa parlare. Sia il presidente che il segretario hanno votato la fiducia e tutto il partito ha fatto altrettanto.
Ammetterà che c’era un nutrito gruppo di parlamentari pronto a costituire un gruppo autonomo
Le ripeto, il 2 ottobre c’è stata una discussione serrata sul voto di fiducia che si è conclusa con il voto stesso. Se qualcuno, poi, vuole inaugurarne un’altra, per esempio sul congresso, sulla forma del partito o sul passaggio a Forza Italia, per carità, questo è assolutamente legittimo.
A dire il vero, Giovanardi, su queste pagine, ha fatto presente che già adesso esistono due partiti: il Pdl, e Forza Italia. Quest’ultima ha anche una nuova sede.
All’inaugurazione della nuova sede c’erano il presidente e il segretario del partito. Giovanardi, essendo intelligente, ha voluto esprimere un paradosso sul piano politico. Ha voluto, cioè, sottolineare come ad un certo punto si è tentata un’accelerazione per fare della nuova Forza Italia un soggetto molto diverso dal Pdl. E non per forza in senso migliorativo. Basti pensare che si è cercato di azzerare i vertici attraverso la nuova formazione. Tentativo tutto sommato legittimo, ma che è stato abbandonato.
Fini, intervistato da Il Corriere della Sera, si è detto convinto che «Berlusconi scelse Alfano non come segretario di partito, ma come suo segretario particolare. Ora Alfano ha dimostrato di avere il “quid”», «temo che non sia possibile convivere nello stesso partito con Berlusconi, esprimendo una posizione diversa».
Non mi pare che sia così necessario rispondere a Fini. In quell’intervista, in ogni caso, ho registrato una forma di ravvedimento. Ha mostrato di comprendere che l’Italia tornerà ad articolarsi su una dialettica bipolare. Ha anche riconosciuto che c’è una parte importante del Paese che continua a proiettare il futuro del centrodestra attorno a Berlusconi.
(Paolo Nessi)