Tutto è collegato e s’intreccia: il voto sulla decadenza senatoriale di Berlusconi contribuirà a decretarne le sorti politiche, che potrebbero volgere definitivamente al tramonto o trascinarsi stancamente ancora a lungo; tali sorti, poi, incideranno non poco sui processi in atto nel centrodestra. Che potrebbe restare tale e quale a se stesso, estremizzarsi, riqualificarsi in chiave europea e moderata, o scindersi in Forza Italia e popolari. Quest’ultimi, poi, si riaccaserebbero, inevitabilmente, con buona parte del centro. Dove sta Gabriele Albertini. Il quale si è detto convinto della necessità di chiedere un parere alla Corte costituzionale in merito alla retroattività della legge Severino. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con il senatore di Celta civica.
Ci riassuma la sua posizione sulla vicenda della decadenza senatoriale di Berlusconi.
Anzitutto, ricordiamo che la legge Severino prevede l’incandidabilità ad ogni carica pubblica per chi ha subito una condanna definitiva a più di due anni di carcere, laddove la pena minima prevista per il reato commesso non sia inferiore ai quattro. Ebbene, chi sostiene la necessità di sollevare un’obiezione di costituzionalità presso la Corte, in merito alla decadenza di Berlusconi, lo fa sostenendo che, nel suo caso, l’applicazione della legge Severino configurerebbe l’ipotesi di retroattività. Chi, invece, ritiene che Berlusconi debba decadere, afferma che si debba parlare di retroattività – e quindi di una pratica illegittima – esclusivamente in relazione alle pene. Costoro sostengono altresì che la decadenza senatoriale non sia una pena, ma un effetto della condanna.
E quindi?
E quindi, la legge 689 del 24 novembre 1981 (che, come ho constatato, nessuno ha in mente) afferma che «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione». Quindi, non si parla esclusivamente di pene, ma anche di sanzioni amministrative; inoltre, il reato, per essere sanzionato, deve esser stato compiuto e non solo accertato prima dell’emanazione della legge. In tal senso Pietro Ichino, durante l’assemblea di Scelta civica in cui ho espresso la mia posizione, ha fatto presente che la decadenza non può essere considerata una sanzione, ma uno status giuridico. Gli ho replicato che, se le cose stessero così, allora non si capisce perché i due anni di interdizione dai pubblici uffici comminati a Berlusconi dalla Corte d’Appello di Milano siano rubricati proprio come “pena accessoria”.
La decadenza di Berlusconi sarebbe un fatto così grave per la democrazia?
Diciamo che la democrazia è stata messa in pericolo quando il Parlamento italiano ha votato la cancellazione dell’autorizzazione a procedere, l’istituto che consentiva all’autorità giudiziaria di svolgere l’azione penale a carico di deputati e senatori solo dopo il via libera delle Camere di appartenenza. Da allora, i residui dell’immunità parlamentare non sono stati sufficienti a mettere la politica a riparo dalle velleità del pm di turno.
Lei non è stato trattato con particolare garbo dal Pdl. Dopo averla indicata come il candidato del centrodestra alla guida della Regione Lombardia, la scaricarono per ottenere l’alleanza, alle politiche, con la Lega. Perché, ora, si sta dando da fare per giustificare la legittimità di un eventuale ricorso presso la Corte costituzionale?
Anzitutto, precisiamo che Berlusconi mi propose, in cambio, di fare il capolista al Senato e, nel caso avesse vinto le elezioni, di scegliere il ministero che preferivo. Non me ne andai, quindi, per ripicca, ma perché non ritenni appropriato il fatto che un partito politico che si definiva moderato si alleasse con un Carroccio che, in quella fase, stava raccogliendo firme per uscire dall’euro.
Detto questo, chi glielo fa fare?
Non mi pare che Violante o Onida, che sostengono una tesi simile alla mia, siano berlusconiani di ferro. Non solo: nella famosa lettera dei 12 di Scelta civica (che non è stata firmata dal ministro Mario Mauro perché, semplicemente, era annoverato tra i ministri lodevoli), abbiamo fatto presente che eravamo favorevoli a sostenere il governo, e che è utile per il Paese sviluppare una linea di concordia e coerenza con il fatto di appartenere alla medesima maggioranza (per inciso, non c’era una sola parola che potesse essere interpretata da Mario Monti come un attacco alla sua azione politica). Quindi, salvo difendere il mio modesto parere e il mio orientamento, non vedo che tornaconto dovrei avere.
Magari sta cercando di riposizionarsi a destra.
Mah, guardi, mi sono già state fatte proposte di questo tipo. In molti mi hanno già chiesto di tornare nel Pdl dicendo “ah, che bravo sindaco che è stato Albertini!”, e cose di questo genere. Ecco, credo che siano loro a dover fare ritorno a casa, verso il centro.
Loro chi?
Anzitutto, i 23 senatori che avevano sottoscritto un documento per annunciare che avrebbero votato la fiducia al governo, e i 32 che avevano annunciato l’astensione. Costoro si erano rivoltati contro la linea di cupio dissolvi di Berlusconi e dei falchi.
Da allora, tutto è cambiato. Nel Pdl, la rivolta sembra rientrata.
Il processo si è fermato perché, evidentemente, prima di fare un’operazione così traumatica stanno cercando una soluzione diversa. Le dico, in ogni caso, che nella fase di formazione delle liste di Scelta civica, molti parlamentari del Pdl diedero la loro disponibilità. Furono tutti rifiutati.
Si riferisce a Formigoni?
Non solo. La situazione giudiziaria di Formigoni, dalla quale spero ne esca completamente indenne, era incompatibile con i criteri di “arruolamento” che erano stati fissati. Invece, tanti altri insospettabili, di cui non voglio fare i nomi, furono scartati per un semplice motivo: provenivano dal Pdl.
E allora?
La dirigenza di Scelta civica proveniente da Italia Futura, alias da Andrea Romano, guarda a sinistra.
Montezemolo guarda a sinistra?
Lui, non lo so. Romano, di certo. La più grande contraddizione di Scelta civica, quella che ci ha fatto dimezzare i voti, è stato lo scostamento tra eletti ed elettori. I primi, provengono da sinistra. I secondi, come le analisi dei flussi elettorali rivelano, dal centrodestra.
Alla luce di tutto ciò, che ne sarà di Scelta civica?
Non faccio previsioni sul futuro. Posso dire cosa farò io personalmente.
Ci dica.
Io e tanti altri cercheremo di riunire i moderati che, per lo più, sono finiti nell’astensionismo. O che, come ho fatto io, sono confluiti con Monti, convinti che avrebbero avuto più incisività politica. Se questo non è avvenuto in una prima fase, come è evidente, non è detto che non debba avvenire in futuro; allargando il quadro delle alleanze, ed includendo, invece che escludendo come si fece nella compilazione delle liste.
(Paolo Nessi)