Sarà un’ordinaria questione di figli e figliastri, frequentazioni e simpatie. Sta di fatto che Giovanni Favia, per aver detto che chi comanda nel partito è Casaleggio, fu dileggiato dal partito ed esposto al pubblico ludibrio; Alessandro di Battista, invece, reo della stessa colpa, ospite di Un giorno da pecora, può vantarsi di far «parte di quelli che vengono chiamati i fedelissimi». Quel che conta, è che la vicenda è di natura politica. L’M5S è pur sempre il partito che, alle scorse elezioni, prese più voti. Capire chi comanda al suo interno e detta indirizzi e orientamenti, non è secondario. Tanto più se chi comanda, come ci rivela lo stesso Favia, ha spostato radicalmente il partito a destra. Non è un caso se un deputato come Carlo Sibilia, forse senza rendersi conto di quello che dice, affermi: «Se Giorgio Napolitano fosse davvero super partes, toglierebbe l’incarico ad Enrico Letta».
Perché lei è stato cacciato e Di Battista no?
Bella domanda. Io ho pagato tante cose. Tra cui una collaborazione con il Fatto quotidiano che non mi è mai stata perdonata.
Perché no?
Perché Il Fatto pesca in un bacino, potenzialmente, di sinistra. Grillo e Casaleggio, invece, si sono man mano riposizionati a destra. Interpretarono la mia collaborazione come uno spostamento su un fronte culturale avverso, e temevano, quindi, che un “influencer” importante come il Fatto potesse minare la loro leadership. L’espulsione, in ogni caso, avvenne in un periodo particolare di transizione del Movimento. Era il Far West.
E oggi?
Oggi, lo è ancora. Ma, con le nuove regole, non sarei mai stato scaricato dalla base.
Si riferisce al “non statuto”.
Il “non statuto” è una pagliacciata. Non esiste.
E allora, quali nuove regole?
Quelle, per esempio, che decide il blog di volta in volta; come la regola che prevede che l’espulsione possa essere decretata solo dalla base. Peccato che il blog sia anch’esso controllato da Casaleggio. Non solo: stiamo parlando di strumenti che funzionano male, con dei bug, privi trasparenza o controllo da parte di terzi.
E’ realmente Casaleggio, in ogni caso, che comanda nel partito?
Indubbiamente. Per la precisione, lui e Grillo agiscono in simbiosi.
Qual è la loro prospettiva politica?
Per quanto li abbia sempre conosciuti molto bene, sono sempre stati imperscrutabili. Quel che è certo, è che hanno compiuto delle giravolte clamorose.
Quali, per esempio?
Come le dicevo, l’M5S nasce a sinistra ma, ormai, si colloca a destra.
Come fa a dirlo?
I grillini sono contro l’intervento pubblico, sono liberisti, e vorrebbero privatizzare in blocco la Rai. Hanno più volte, inoltre, ripetuto che le frontiere vanno chiuse. E Grillo e Casaleggio hanno pesantemente ammonito i due parlamentari che, in commissione Giustizia, avevano fatto approvare l’abolizione del reato di clandestinità. Inoltre, con la crisi di Monti e di Berlusconi, sanno che avranno ancora più facilità a intercettare quel bacino elettorale.
Gli eletti, tuttavia, non sono di destra.
Le assicuro che guadagnano molto più di quanto percepivano prima di entrare in Parlamento. Hanno, inoltre, segretarie e giornalisti che li inseguono. La gran parte di loro non ha una caratura ideale così forte e, pur di mantenere i privilegi, accetteranno di buon grado la svolta a destra del movimento.
Qual è l’obiettivo di Casaleggio, in merito alla legge elettorale?
Mantenere il porcellum. Una legge schifosa che può consentire a chi ha pochi voti di governare. E, con la capacità di marketing di Grillo, non è esclusa una vittoria alle elezioni. Se si passasse a un sistema elettorale proporzionale, l’M5S sparirebbe perché sarebbe obbligato a un confronto politico.
Com’è possibile che Di Battista sia uno degli uomini di punta del movimento?
Perché, pur non essendo mai stato particolarmente attivo, è molto bravo nel marketing elettorale. Peraltro, ha le idee piuttosto confuse. Ha ammesso lui stesso di aver votato Veltroni.
Ha anche detto che si è pentito, e che era talmente antiberlusconiano da pensare che il Pd fosse qualcosa di diverso dal Pdl.
Oggi fa l’integralista. All’epoca, quindi, avrebbe dovuto votare, per lo meno, Bertinotti. Quando, oltretutto, votava Veltroni, io ero già un grillino. E noi, Veltroni, lo chiamavamo “Topo Gigio”.
(Paolo Nessi)