Pure la Merkel. Se sarà confermato che anche il cellulare della Cancelliera è stato messo sotto controllo dagli Usa, lo scandalo Datagate avrà assunto a quel punto dimensioni mostruose, che difficilmente non avranno ripercussioni per Washington. Per il momento, Steffen Seibert, portavoce della Merlkel, ha chiesto al governo statunitense «un’immediata e completa spiegazione». Obama, ovviamente, ha negato qualsiasi addebito, così come un portavoce della Nsa che ha spiegato: «Non spiamo la Cancelliera». In attesa di capire come andrà a finire, abbiamo chiesto a Giuseppe Esposito, senatore del Pdl e membro del Copasir, cosa deve temere il nostro Paese.
Cosa ne pensa del fatto che il cellulare della Merkel sarebbe stato messo sotto controllo?
Beh, non è una cosa del tutto certa. Anzitutto, andrebbe appurata. In ogni caso, della questione in generale, ne abbiamo parlato giusto ieri, nel corso della riunione del Copasir.
Ci racconti.
Abbiamo parlato, in particolare, con l’autorità delegata dal governo alla Sicurezza, Marco Minniti. Ovvero, la persona che risponde a nome del presidente del Consiglio a tutte le richieste dell’organismo, anche quelle secretate.
Cosa è emerso?
Abbiamo preso, soprattutto, in esame la vicenda venuta a galla quando la Francia ha scoperto di essere intercettata dagli Usa. E siamo giunti alla conclusione che è molto probabile che l’Italia, in questa vicenda, non c’entri nulla. Insomma, non possiamo ancora dirlo con certezza, ma è verosimile che noi non siamo stati intercettati al livello degli altri.
Come mai?
Nei servizi segreti si suol dire che alleati e amici non sono la stessa cosa. Si intende affermare, cioè, che due Paesi considerati amici possono facilmente spiarsi. Ecco, l’Italia, pur avendo avuto indubbiamente un rapporto estremamente collaborativo con gli Usa, si colloca in una posizione di mezzo.
E quindi?
Quindi, è probabile che gli americani siano ben consapevoli del fatto che rappresentiamo l’ultimo avamposto europeo prima del Mediterraneo e del Medio oriente. Non sarebbe intelligente, da parte loro, alienarsi una così preziosa fonte di informazioni.
Se, tuttavia, il flusso di intercettazioni fosse massiccio, la nostra sicurezza nazionale sarebbe a repentaglio?
Indubbiamente. Sarebbero a rischio, anzitutto, le operazioni italiane di intelligence. Ma anche tutte le iniziative finanziarie legate, per esempio, ai rapporti tra fondi sovrani. Detto questo, non dobbiamo neanche “fasciarsi la testa” circa l’eventualità di essere intercettati.
Perché no?
Il sistema di spionaggio Usa, ma anche sistemi come Facebook o Google, dispongono indubbiamente di una quantità mastodontica di informazioni personali di tutti i cittadini mondiali. Tuttavia, tali dati vengono utilizzati e, per intenderci, “attivati”, a seconda dei sistemi di filtraggio adoperati. Se, per esempio, io fossi intercettato, finché a fianco delle parole “senatore” “Esposito” non compaiano alcuni termini quali “fuggiasco”, la mia intercettazione continuerà a giacere in un database assieme a centinaia di milioni di altre che non saranno mai utilizzate.
Resta il fatto che non è di certo un pratica legittima.
No che non lo è. Ma il problema, in tal senso, è che esiste il vuoto normativo. Quel poco di disciplina in materia prevista dai trattati non è sufficiente per porci al riparo da episodi di questo genere. Non è un caso che il prossimo Consiglio europeo del 25 e del 26 ottobre affronterà la questione sul fronte legislativo. Tuttavia, sarebbe opportuno – ma va da sé che è estremamente complicato – affrontarla a livello mondiale.
(Paolo Nessi)