“Troppo spesso (le banche italiane) sono territorio di caccia per dirigenti vegliardi, professionalmente incapaci, mai sazi di emolumenti vertiginosi, troppo spesso collusi con il sottobosco politico e pronti a dare quattrini solo agli amici degli amici” (Ernesto Galli della Loggia, 20 ottobre). “[La crisi del Paese] è culturale: è il prodotto di una scuola passatista e antimodernista, governata da reduci del gramscismo e dal cosiddetto cattolicesimo democratico, parodia solidaristica, confessionale, parimenti velleitaria e fondamentalmente totalitaria dell’egualitarismo comunista” (Piero Ostellino, 23 ottobre). Nell’arco di quattro giorni, il Corriere della Sera ha riempito per due volte il suo editoriale di amara preoccupazione per un Paese “fermo”, “smarrito”, “meno libero”, “rivolto all’indietro”, “vuoto”, “fallito nella sua classe dirigente”. 



Il prestigio delle due firme (Ostellino è fra l’altro un direttore emerito di Via Solferino) porta a escludere qualsiasi strumentalità contingente. Certo non è facile non accostare il tono dei due column all’ira polemica del “dio corrierista” Mario Monti, che proprio in questi giorni ha sbattuto la porta del progetto Ppe inventato da Mario Mauro e patrocinato alle ultime elezioni dal premier-candidato. Ora il senatore a vita sta probabilmente cercando un approdo super-ministeriale nella “macchina da guerra” di Matteo Renzi, dicono fra l’altro molto gradito al presidente della Fiat, John Elkann. È sicuramente un dato di fatto che il premier Enrico Letta abbia origini “cattolico-democratiche” alla migliore scuola di Nino Andreatta, mentre il suo mentore al Quirinale – Giorgio Napolitano, primo presidente rieletto nella storia repubblicana – ha trascorso quasi tutta la sua vita politica nel Pci “gramsciano”.   



Leggendo riga dopo riga i due mini-saggi del Corriere, è difficile anche non cogliere almeno una coincidenza temporale con l’incerto guado di Rcs verso un nuovo assetto proprietario: dopo il rafforzamento unilaterale della famiglia Agnelli, lo scioglimento del patto di sindacato e l’impasse totale (finanziaria e strategica) in cui è precipitata Via Solferino. Fra un editoriale e l’altro del Corriere, il presidente Rcs Angelo Provasoli ha nel frattempo plaudito al modello “public company” decantato a un convegno in Bocconi da Vittorio Colao, tuttora Ceo di Vodafone dopo una breve e sfortunata esperienza proprio alla guida di Rcs. Suo grande sponsor allora (ma forse lo è anche ora) era Giovanni Bazoli, che tutt’oggi si considera il “lord protettore” del Corriere per averlo affidato lui a Gianni Agnelli dopo il crack Ambrosiano, ricevendo in cambio l’eredità morale dell’Avvocato sul quotidiano-coscienza del Paese. Ma proprio il presidente di Intesa Sanpaolo è tornato a essere il bersaglio delle pesanti critiche di Diego Della Valle, il cui ruolo di “azionista dissenziente” in Rcs è stato rilanciato dall’esaurimento del patto.



Ancora e sempre Bazoli: ma non è lui, in fondo, il banchiere “vegliardo”, etc. etc. etc. oggetto degli strali di Galli della Loggia sulla prima del Corriere? Non è lui che ha pochi giorni fa rimosso Enrico Cucchiani, manager cosmopolita, dal vertice di Intesa? Non è la banca-campione sull’asse Milano-Torino a essere saldamente presidiata dalla Compagnia San Paolo (guidata da Sergio Chiamparino, ex dirigente Pci) e dalla Fondazione Cariplo di Giuseppe Guzzetti (ex senatore Dc)? Non è a Intesa che alcuni addebitano una presunta “resa” a Telefonica nel riassetto Telecom, con il sacrificio di Franco Bernabé?

E non è forse sempre il giurista bresciano uno degli storici leader di quel “cattolicesimo democratico” che il laico-liberale Ostellino addita come radice della presunta cancrena – “cattocomunista” si sarebbe letto in altri anni − di un Paese “che non sa risollevarsi e non ci prova neppure”? Ma non è stato forse il Corriere – allora diretto da Paolo Mieli – a concedere un clamoroso endorsement a Romano Prodi – l’ultimo premier “cattolico democratico” – prima delle elezioni 2006? E non resta forse – anche dopo la scomparsa − il Cardinale Carlo Maria Martini la vera stella polare del quotidiano milanese nella “cattolicità democratica”?

(Continua: in che direzione si vedrà)