Il giorno in cui è stato rieletto, Napolitano ha fatto chiaramente capire che, se i partiti non avessero riformato la legge elettorale, origine in buona parte dell’estrema frammentazione politica che ha reso necessario un suo secondo mandato, si sarebbe dimesso. I partiti devono aver capito: “fate pure con calma”. Da allora, infatti, non si è vista l’ombra di una riforma credibile. Cambierà qualcosa dopo che il presidente della Repubblica ha convocato, in via del tutto inedita, i rappresentanti del governo e quelli della maggioranza per chiedergli di modificare il porcellum? Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Roberto D’Alimonte, docente di Sistema politico italiano presso l’università Luiss.
Dopo la convocazione di Napolitano sarà la volta buona? I partiti riformeranno la legge elettorale?
Mi limito a registrare, tra le forze politiche, una grandissima confusione sull’argomento. All’interno dei partiti, le indicazioni sono tutt’altro che chiare. Non esiste la posizione ufficiale del Pdl, e neppure quella del Pd. Resta, effettivamente, da capire se l’incoraggiamento di Napolitano consentirà di individuare in tempi rapidi una prospettiva unitaria.
L’attuale legge permette alle segreterie dei partiti di nominare i candidati e di ottenere un cospicuo premio di maggioranza con un voto in più. Non crede che a tutti convenga non riformarla?
Non è del tutto vero. Nel Pd, il porcellum non conviene alla corrente anti-renziana, che preferirebbe un sistema proporzionale, in modo da depotenziare il sindaco di Firenze nell’ipotesi che ottenga la segreteria del partito. A quel punto, infatti, se dovesse conquistare anche Palazzo Chigi questo non avverrebbe più col 55% dei deputati del Parlamento.
E nel Pdl?
Nel Pdl, invece, l’attuale legge potrebbe rappresentare una rete di sicurezza per le componenti che dovessero scindersi; ovvero, per Alfano e le cosiddette colombe, laddove intendessero dar vita ad un progetto neo-centrista assieme a parte di Scelta civica e dell’Udc, e per Forza Italia che, a quel punto, si troverebbe collocata nello spazio della destra e, con ogni probabilità, non sarebbe più in grado di intercettare i voti del mondo moderato come in passato. Lo stesso Berlusconi, se ritenesse di non aver un candidato all’altezza di Renzi, potrebbe preferire un sistema proporzionale. Tipicamente, infatti, è il meccanismo prediletto dai potenziali perdenti; il maggioritario, invece, valorizza il ruolo del leader, ed è preferito da chi è convinto di vincere.
Come si orienterà la Corte costituzionale?
Personalmente, dubito che entrerà nel merito della questione. E’ probabile che si limiti, quindi, a caldeggiare una riforma.
In ogni caso, quale sarebbe la più auspicabile?
Una tra le soluzioni più ragionevoli potrebbe consistere nel mantenere il sistema proporzionale introducendo, oltre alle preferenze in collegi molto piccoli, il doppio turno. Si può prevedere di assegnare un premio di maggioranza al partito (o alla coalizione) che abbia superato, al primo turno, la soglia del 40-42%; nel caso in cui nessuno riesca a raggiungerla, il premio sarebbe assegnato al partito (o alla coalizione) uscito vincente dal ballottaggio tra le due formazioni più votate. Anche il sistema a doppio turno alla francese sarebbe un’ottima scelta. Tuttavia credo che in Italia sia più comprensibile e facile da introdurre il doppio turno di lista, come nella suddetta ipotesi, invece che il doppio turno di collegio (sistema francese).
Di certo, è necessario quindi introdurre il doppio turno.
E’ evidente. Perché è tra i pochi meccanismi in grado di garantire la governabilità del Paese consentendo, contestualmente, un elevato grado di rappresentatività delle forze politiche.
In cosa potrebbe consistere, invece, un compromesso al ribasso?
Anzitutto, nell’introduzione di un modello spagnolo diluito in salsa italiana: ovvero, un proporzionale con una modesta correzione che non consente agli elettori di scegliere chi governa, rimettendo la scelta agli accordi tra i partiti; altra ipotesi da scongiurare è il mantenimento dell’attuale legge, con l’aggiunta della soglia minima del 40-42% per ottenere il premio di maggioranza. E’ evidente che, date le circostanze e la frammentazione del mondo politico, nessuno, neanche coalizzato, è in grado di raggiungere un tale livello di consensi. Ma, senza il premio di maggioranza, il porcellum non è altro che un sistema proporzionale puro.
(Paolo Nessi)