La sintesi ancora non è stata trovata. Per lo meno, in commissione Affari costituzionali, i principali partiti hanno definito i punti sui quali non sono d’accordo. E quei pochi sui quali, in linea di massima, non dovrebbero esserci problemi. Che poi, si riducono ad uno, al ritorno, cioè, ad un sistema proporzionale. Per il resto, il Pd vuole la reintroduzione delle preferenze, il Pdl no; il Pd, inoltre, crede che l’unico modo per garantire la governabilità sia l’introduzione del doppio turno, il Pdl è convinto del contrario. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con il senatore del Pdl Donato Bruno, relatore in commissione sulla riforma della sistema elettorale.



Ci spieghi il disaccordo sul doppio turno.

Una cosa sono le richiese dei partiti, un’altra è cio che sta emergendo dal dibattito in commissione; ora, dato che anche il capogruppo dell’M5S ha fatto sapere che di doppio turno non ne vogliono sentire parlare, e dato che l’accordo prescinde dalle volontà individuali, ed è volto a individuare la maggiore convergenza possibile, è verosimile che il doppio turno non sarà applicato. Come, del resto, è giusto che sia.



Perché?

Abbiamo bisogno di un sistema che garantisca il più possibile la governabilità. Si dà il caso che il sistema bicamerale, con il doppio turno, non la consentirebbe. Prendiamo il caso che, alla Camera, i partiti più votati al primo turno siano l’M5S e il Pd mentre, al Senato, il Pdl e il Pd. Se al secondo turno i partiti si alleassero secondo la naturale logica conseguenza del primo, il giorno dello scrutinio ci troveremmo con maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. Tanto più che il sistema elettorale, alla Camera, prevede attualmente il premio di maggioranza su base nazionale mentre, al senato, su base regionale.



Quindi?

Quindi, il doppio turno sarebbe ipotizzabile solo in un sistema monocamerale o in cui fosse superato il bicameralismo perfetto. Tuttavia, una riforma del genere è di natura costituzionale. Evidentemente, quindi, non può essere varata entro il 3 dicembre (le leggi di revisione costituzionali, infatti, prevedono due votazioni da parte di entrambe le Camere e che tra la prima e la seconda votazione non passino meno di tre mesi), quando la Corte costituzionale si esprimerà sulla legge elettorale. Ora, dato che la Corte, con ogni probabilità, boccerà il porcellum, l’imperativo è riformarlo, in ogni caso, prima della sentenza, per evitare di trovarci con un Parlamento giudicato illegittimo. Napolitano, del resto, l’altro ieri ha convocato le forze che sostengono la coalizione per invitarle a trovare un accordo, ancorché minimo, che risponda ai rilievi già precedentemente espressi dalla Corte.  

La Corte, fondamentalmente, ha ritenuto illegittimo conferire, alla Camera, un premio di maggioranza tale da portare addirittura al 55% (340 deputati) al partito o alla coalizione che ha preso anche un solo voto in più degli altri.

Infatti, è stato proposto di introdurre una soglia del 40%, sotto la quale il premio del 55% non scatta. Personalmente, ho inoltre suggerito, nel caso in cui nessuno arrivi al 40%, di conferire comunque un premio al partito o alla coalizione vincente tale da garantire la governabilità.

 

Quindi, chi prende un voto in più degli altri ma non raggiunge il 40%, quanti deputati ha?

Potrebbe avere il 51%, per esempio.

 

E con il 51% la governabilità è garantita?

Beh, a quel punto la politica farà il suo mestiere. Se ce ne sarà bisogno, si faranno degli accordi.

 

Il Pd, inoltre, vuole le preferenze. Voi, no.

Vorrà pur dire qualcosa se, nelle elezioni regionali in Lombardia, la preferenza al candidato è stata espressa dal 14% cento degli elettori mentre in Calabria e in Sicilia da più del 95%. Diciamo che non credo che un sistema del genere possa, quindi, andare bene per le diverse sensibilità italiane.

 

Come pensate di restituire ai cittadini il poter di rappresentanza?

Stiamo riflettendo sull’ipotesi di istituire collegi molto piccoli, in modo tale da far sì che i candidati che hanno meno attinenza con il territorio vengano immediatamente identificati.

 

Riassumendo, qual è la legge che, allo Stato attuale, ha più probabilità di essere varata?

Alla Camera, soglia del 40% per ottenere il premio di maggioranza ripartito su base nazionale, al Senato, stessa soglia, ma premio conferito su base nazionale; l’80% dei seggi viene ripartito attraverso la suddivisione delle circoscrizione in piccoli collegi, su base proporzione; il 20% attraverso i listini bloccati, anche in tal caso su base proporzionale. Su tutto il resto, è ancora in corso la discussione.

 

Dopo il 3 dicembre, e nell’eventualità che il bicameralismo perfetto sarà superato, farete un’altra legge elettorale?

Certo: il ddl costituzionale votato di recente è intitolato: “Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali”. Non è un caso che il termine “elettorali” sia stato posto dopo “costituzionali”. Sarà sulla base della nuova architettura istituzionale e della nuova forma di governo che sarà possibile studiare una legge elettorale adatta al nuovo corso. E, se si sceglierà, come mi auguro,  il semipresidenzialismo, allora potremo introdurre il doppio turno. 

 

(Paolo Nessi)

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