Nel Pdl tira un’aria da resa dei conti; la convivenza tra le due anime del partito, lealisti e alfaniani, è sempre più complicata. Dopo numerosi strappi e successive ricuciture, la decisione di non rinviare l’ufficio di presidenza, come era stato chiesto a Berlusconi dai “governativi”, potrebbe rappresentare l’incidente decisivo. Alfano ha fatto sapere che non prenderà parte alla riunione dell’organismo, spiegando: «il mio contributo all’unità del nostro movimento politico, che mai ostacolerò per ragioni attinenti i miei ruoli personali, è di non partecipare, come faranno altri, all’ufficio di presidenza che deve proporre decisioni che il Consiglio nazionale dovrà assumere». Assenti giustificati, in quanto “governativi” anche tutti i ministri del partito, oltre a Roberto Formigoni, Maurizio Sacconi, e Carlo Giovanardi, anch’essi membri dell’ufficio di presidenza. Giovanardi, in particolare, su queste pagine, si era già espresso, sostenendo che non c’è alcun bisogno di ipotizzare scissioni o separazioni consensuali: già allo stato attuale esistono due partiti: Forza Italia, e tutti quelli che hanno deciso di non prendevi parte, restando nel Pdl. Gli abbiamo chiesto come sta evolvendo la situazione alla luce di questa ennesima frattura.



Che senso ha avuto disertare il vertice di ieri?

Come ho detto più volte, noi popolari-liberali abbiamo preso parte alla fondazione del Pdl, sapendo che stavamo costruendo un partito popolare, democratico e di ispirazione cristiana. Ovvero, la costola italiana del Ppe. Nel momento in cui apprendiamo che è stato convocato l’ufficio di presidenza per trasformarlo in un altro partito, non abbiamo potuto fare altro che ritenere la proposta irricevibile.



L’oggetto dell’ufficio di ieri, quindi, era la formalizzazione della nascita della nuova Forza Italia?

Indubbiamente. È stato convocato per realizzare il passaggio formale.

Lei, su queste pagine, ha affermato che già esiste il nuovo partito, e che quanti fanno parte della sua stessa corrente hanno preferito restare nel Pdl; eppure, tra questi, alcuni – come il senatore Sacconi – si definiscono di Forza Italia. Lo stesso Alfano non si capisce a quale partito appartenga.

Beh, ma loro, effettivamente, provengono da Forza Italia.

Si, ma il loro riferimento è al nuovo soggetto.

Guardi, io posso parlare esclusivamente a titolo personale. Immagino, in ogni caso, che i miei colleghi abbiano capito che Forza Italia non poteva di certo trovare il loro gradimento nel momento in cui è emerso che il partito dei falchi non farà alcun congresso, non ci saranno tesseramenti né segretari, saranno azzerate tutte le cariche (compresa quella di Alfano) e rappresenterà un soggetto del tutto diverso rispetto a quello che il Pdl si era proposto di diventare.



 

Il prossimo passaggio quale sarà? Una volta che sarà formalizzata l’esistenza di due partiti diversi, costituirete due gruppi parlamentari distinti?

Attenzione: non dobbiamo dimenticare che l’ufficio di presidenza può solamente fare una proposta. Essa, tuttavia, dovrà essere votata dal Consiglio nazionale. E, per sciogliere definitivamente e ufficialmente il Pdl, è necessario il voto di almeno i due terzi dei componenti del Consiglio.

 

E quindi?

Quindi, se realmente i falchi vogliono creare un nuovo partito, dovranno essere loro a scindersi dal Pdl.

 

Berlusconi farà cadere il governo?

Non posso saperlo. Quel che è certo, è che pochissime settimane fa, il 2 ottobre, il Pdl ha dato la fiducia all’esecutivo di Letta. Sarebbe molto contraddittorio, dopo così poco tempo, cambiare radicalmente posizione.

 

E se fosse?

Se anche fosse, come abbiamo già dimostrato sia alla Camera che al Senato, il governo riesce a ottenere la fiducia anche se i cosiddetti falchi decidono di votare contro.

 

(Paolo Nessi)