Il colpo di scena c’è stato. Dopo una mattinata ricca di turbolenze, ripensamenti e un rischio di scissione sempre più reale, Silvio Berlusconi ha optato per la clamorosa retromarcia, allineandosi  ai dissidenti e votando così la fiducia all’esecutivo Letta. Un dietrofront “non senza interno travaglio” ammette il Cavaliere, visto che il gruppo del Senato questa mattina aveva deliberato per il no alla fiducia, e che certifica al netto la resa di Berlusconi alla nuova corrente. Ilsussidiario.net ha contattato il sondaggista Nicola Piepoli.



Come spiegare il colpo di scena? Berlusconi potrebbe essersi trovato tra le mani dei sondaggi non troppo sorridenti al suo partito?
Gli ultimi dati sono in linea con il trend attuale, che rimane alquanto incerto e bloccato, senza nessun partito in grado di governare da solo. Il fatto decisivo è stato che Berlusconi si è trovato di fronte a un partito diviso in due correnti, una minoritaria favorevole all’azione di governo, e una maggioritaria – in linea con il suo leader – contraria alla fiducia all’esecutivo Letta, ma divisa a sua volta in due parti: una avrebbe fatto duramente opposizione, l’altra si sarebbe persa nella confusione in cui è caduto il partito. Insomma, un terzo del partito era contrario alla sfiducia, ma nonostante l’inferiorità numerica ha svolto un ruolo trainante (grazie al ruolo ricoperto da Alfano, Quaglieriello, Cicchitto e dagli altri ministri pidiellini).



Il rischio di una scissione, che ora poteva essere solo dannosa non solo per il Paese ma anche per il suo appeal politico futuro, potrebbe averlo sconsigliato dal tirare troppo la corda?
A mio parere Berlusconi si è comportato in maniera coerente con i sondaggi, con un occhio di riguardo alla stabilità e all’unità del suo partito. Si era a un passo dall’implosione del Pdl – probabilmente solo rimandata visto la nascita di Forza Italia – e il Cavaliere ha preso così una decisione aderendo all’idea dei cosiddetti ribelli. Lo ha fatto per il suo futuro politico, optando per un partito ricompattato.



A proposito di futuro politico: Pdl e Forza Italia, cambierà realmente qualcosa?
È sempre difficile azzardare ipotesi sul futuro, bisogna attenersi ai dati attuali. Come già detto, con questa mossa il Cavaliere ha ricompattato il partito, anche se il malessere di molti è cosa nota. Gli scenari possono sempre cambiare; lo stesso centro-sinistra si prepara ad affrontare un congresso che ridisegnerà i tratti e il volto del Partito democratico, nonché del suo leader.

Può darci qualche dato?

I numeri attuali ci dicono che il passaggio, ancora da consumarsi, da Pdl a Forza Italia non sposterà le cifre di un punto: siamo sul 25%. Il Pd attualmente tocca quota 28% e con l’alleanza di coalizione di Sinistra e Libertà arriva al 32%. Il Pdl, insieme alla Lega Nord (4,5), Fratelli d’Italia e gli altri partiti scavalca, seppur di poco, il centro-sinistra toccando quota 33%. Curioso l’andamento di Beppe Grillo, salito sensibilmente nelle ultime due settimane e ora registrato in calo, sempre attorno alla soglia del 20%.

In un ipotetico scontro frontale tra un Pd guidato da Matteo Renzi e Forza Italia in mano a Marina Berlusconi, chi parte avvantaggiato?
Difficilissimo dirlo, non si può calcolare con certezza quanti voti il Pd acquisterà (e perderà) con la leadership dell’attuale sindaco di Firenze. Quel che invece si può dire è che si tratta di una possibilità certamente credibile e praticabile che stuzzica la fantasia di molti elettori del centro-destra, tanto da far pensare che il Pdl (o Forza Italia che sia) possa rafforzare e incrementare i suoi elettori.