Le carte si ingarbugliano. La Giunta per le elezioni del Senato si è riunita ieri per decidere se il voto dell’Aula sulla decadenza di Berlusconi dovrà effettuarsi con voto palese o segreto. Tuttavia, il Pdl ha chiesto di sospendere i lavori, dal momento che le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha ridefinito i termini della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici per l’ex premier conterrebbero novità fondamentali. La Corte, infatti, «ha appena detto che l’incandidabilità è una sanzione amministrativa, e pertanto non è retroattiva. Quindi dà ragione a noi e non c’è motivo di andare avanti», ha spiegato il sentore pidiellino Francesco Nitto Palma. Alla fine, si è deciso di rinviare il voto a oggi. Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, offre una lettura politica di tutta la vicenda.



Cosa ne pensa, anzitutto, della votazione della Giunta?

Direi che su una materia del genere non ci possano essere dubbi sul fatto che il regolamento del Senato prevede il voto segreto. In casi come questi, è evidente che tutela la libertà dei parlamentari che, secondo la Costituzione, rappresentano la nazione esercitando la propria funzione senza vincolo di mandato. Ovvero, devono essere liberi da qualsiasi condizionamento legato alla discipline di gruppo, specialmente quando affrontano giudizi che riguardano le persone. Non è un caso che, se un parlamentare si dimette, la Camera di appartenenza è chiamata ad esprimersi con un voto su quelle dimissioni che, di norma, la prima volta vengono respinte. I parlamentari, infatti, devono avere il tempo per giudicare con scrupolo e lucidità se c’è il sospetto che il collega sia stato obbligato a compiere un gesto simile.



Con il voto palese, la condanna di Berlusconi sarebbe scontata?

Vista l’attuale situazione, non sono così convinto che un voto segreto sarebbe così conveniente per Berlusconi.

Il voto palese rappresenterebbe un danno per la democrazia?

“Danno alla democrazia” è un’espressione da usare con parsimonia. Diciamo che, per un uomo che ha costellato la propria carriera politica di leggi ad personam, sarebbe un curioso contrappasso subire una tale norma contra personam.

Ora che succede? Ci saranno rappresaglie legate alle argomentazioni della Corte d’Appello sulla natura dell’incandidabilità?



La prova di forza e il possibile tentativo di legare il voto sulla decadenza alle sorti del governo è un’arma spuntata. In Parlamento non c’è una maggioranza per aprire la crisi. Indipendentemente dalle vicende interne al Pdl, esiste una consistente pattuglia di senatori che non vuole correre il rischio di elezioni anticipate. Lo stesso Alfano ha fatto sapere che, nonostante si batterà come un leone per evitare la decadenza, non intende mettere repentaglio le sorti del governo.

 

Renzi si è detto a favore del voto palese perché teme scherzi dall’M5S. Voleva, forse, lasciar intendere che in realtà li teme dal suo partito?

Renzi corteggia gli elettori dell’M5S, che vogliono il voto palese, screditando al contempo gli eletti del partito. Il sospetto nasce dall’idea che in questo modo sperino di ottenere un disastro politico tale da anticipare la fine legislatura. Al contempo, oltretutto, accuserebbero i senatori del Pd di essere stati loro a salvare Berlusconi.

 

Non crede, invece, che il Pd potrebbe avere tutto l’interesse a salvare Berlusconi, dato che la sua decadenza, a prescindere dai 23 senatori, mette in ogni caso a rischio la sopravvivenza del governo?

Io credo che un voto che, a sorpresa, confermasse Berlusconi al Senato, avrebbe un effetto dirompente. Lo stesso che la Camera emise nel 1993, quando negò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi, provocando la fuoriuscita dei ministri d’area di sinistra dal governo Ciampi. In questo caso, l’elettorato di sinistra andrebbe in rivolta, obbligando i ministri del Pd ad agire di conseguenza. I 5 Stelle, invece, alzerebbero oltremodo i toni, sostenendo che la casta si è ricompattata ancora una volta. 

 

(Paolo Nessi)