C’è un’atmosfera da preludio alla guerriglia. La decisione della Giunta del Senato di votare la decadenza di Berlusconi con scrutinio palese ha determinato un picco di tensione e sottratto lucidità. Anzitutto, al diretto interessato, che ha disdetto un pranzo con i ministri del Pdl sostenendo, pare, di non aver da dire loro più nulla, stando a quanto ha riferito all’Ansa un dirigente lealista che non ha voluto rivelare la sua identità. Sta di fatto che, effettivamente, l’incontro è saltato e che l’ex premier ha voluto barricarsi con Verdini e Bondi per decidere il da farsi. Non è affatto esclusa la crisi di governo. O, almeno, un tentativo di aprirla. Abbiamo chiesto a Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, come evolverà il quadro.
Cosa ne pensa, anzitutto, della decisione della Giunta?
Non devo essere io a dirlo, sta scritto nella Costituzione: quando un voto riguarda le persone, deve essere segreto.
Quindi?
Quindi, si è trattato dell’ennesima porcata del Parlamento e della politica.
E’ a rischio la democrazia?
Ma no. Semplicemente, saranno soddisfatti di aver fatto fuori Berlusconi. La sinistra recupererà qualche voto, il Pdl si sfascerà e gli altri voti andranno a Grillo.
Non crede che la decisione della Giunta potrebbe ricompattare il Pdl?
Credo che tra governativi e lealisti, la vera divisione sia tra chi vuole mantenere lo Stato così com’è, ovvero burocratico, accentratore, moralista e vessatore, e tra chi lo vorrebbe più libero. Il vero problema è che siamo rimasti alle categorie del dopoguerra, alla divisione tra antifascisti e fascisti. E i primi assomigliano sempre più ai secondi.
Chi sono gli statalisti? I falchi o le colombe?
Sono suddivisi in eguale misura in entrambi gli schieramenti.
Ora Berlusconi darà seguito all’intenzione di far cadere il governo?
Può anche farlo. Ma non credo che il governo cadrà. Anzitutto, sta facendo fin troppo poco per cadere. Inoltre, in questa fase, ci sarà sempre qualcuno che gli garantirà la maggioranza necessaria per sopravvivere. Berlusconi non è in grado di portarsi appresso l’intero partito.
Di Berlusconi cosa ne sarà?
Credo che sia finito. Non tanto perché lo cacciano. Ma perché, in fondo, è logorato. Come tutti i padroni, non può durare in eterno. Cercherà ancora di coordinare il suo movimento, come ha fatto finora. Ma ha perso brillantezza e vivacità.
Ci sarà la scissione?
Non credo. Alla fine, nonostante le spaccature, conviene a tutti restare nello stesso partito.
Se questo governo giungerà al suo termine naturale, cosa accadrà alle prossime elezioni, considerando l’attuale frammentazione?
Lo sfascio del sistema politico è solo l’ennesima aggravante rispetto alla sostanza del problema: il Paese non funziona perché abbiamo un Costituzione vecchia, illiberale, scritta e voluta da Togliatti, un uomo che, all’epoca, era il più comunista di tutto il mondo occidentale, e voleva fare dell’Italia una sorta di Germania dell’Est. Basti pensare che nel nostro Paese la proprietà privata è condizionata all’utilità sociale. Come nell’Unione sovietica, dove le libertà individuali erano subordinate alla costruzione del socialismo.
In ogni caso, che panorama si prospetta nel dopo elezioni?
E’probabile che si formerà nuovamente una sorta di governo tecnico o di larghe intese. Non lo si chiamerà, probabilmente, in questa maniera, ma sarà pur sempre qualcosa di analogo. Nell’attuale scenario, il bipolarismo è ormai saltato. Si tornerà ad una sorta di prima Repubblica. Tant’è vero che i partiti stanno mettendo a punto una legge elettorale che, in sostanza, configura un sistema proporzionale puro.
(Paolo Nessi)