Che il berlusconismo muoia per mano di Berlusconi, dopo il voto di fiducia contro se stesso? Di certo, la sua decisione dell’ultimo minuto di sostenere il governo Letta ha provocato il franare del partito, a detrimento dei falchi (e dunque del berlusconismo più spinto) e in favore della fronda guidata da Alfano e Lupi. Se la frattura sia destinata a ricomporsi come nulla fosse, e se tutto finirà a pacche sulle spalle, lo vedremo nei prossimi giorni. Se, invece, sarà vera battaglia e i fautori di un centrodestra moderato ed europeo l’avranno definitivamente vinta, si determinerà un processo in cui il Paese spera da anni. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con il ministro della Difesa, Mario Mauro.

Che dinamiche stanno emergendo?

Partiamo dalla questione che ritengo principale, quella per cui ho rotto con il Pdl, quando posi la domanda: vogliamo essere Popolari o populisti? Allora, Berlusconi decise di dare il proprio consenso ad una deriva populista, convinto di poter competere con il successo di Grillo e di poter cavalcare l’antipolitica. I mesi che sono trascorsi ci hanno dimostrato che la realtà è più forte di quella costruzione politica.

Cosa intende?

E’ un dato di fatto che nessuno ha vinto le elezioni, rendendo così necessaria la grande coalizione, e che l’Italia è, attualmente, nei guai. Non è bastato evidentemente il “vaffa” a tutto, confidando nella disintegrazione dell’esistente.

Chi lo avrebbe fatto?

Anzitutto, quel 25% di elettori che hanno votato Grillo (che, da mesi, sta continuando a limitarsi ad analisi, senza proporre soluzioni); inoltre, la gran massa di chi non ha votato. D’altra parte non si è data risposta esaustiva a tutto quell’elettorato che – al di là di termini anacronistici come riformisti o moderati – chiede soltanto che nel Paese si abbia la forza di realizzare quanto per anni si è solo promesso.

Cosa, esattamente?

Quelle riforme indispensabili per cambiare l’impostazione di uno Stato rassegnato al dirigismo e a dare l’impressione che tutti cambi, affinché tutto resti uguale.

Veniamo al Pdl.

Quanto accade in questi giorni deve indurre alcune domande: Alfano e chi lo sostiene vogliono assumere l’eredità di Berlusconi e con essa gli schemi del berlusconismo (a partire dall’alleanza con la Lega)? O vogliono un Pdl nuovo, che proponga una realtà inedita, per esempio nei termini di una cultura sussidiaria?

 

Lei non contempla una terza ipotesi, cioè la scissione?

L’ipotesi pareva sul tavolo fino a ieri. Sembra, tuttavia, che chi si è spinto in questa direzione, come l’ex presidente della Regione Lombardia, sia stato messo a tacere.

 

In questa circostanza, che partita si gioca il centro?

La nostra prospettiva è quella di una forza politica capace di offrire spazi di libertà alle imprese e di promozione sociale alle famiglie. Perché ciò si realizzi, occorre partire da una premessa che renda giustizia a quanto accaduto in questi anni.

 

Ci spieghi.

Si pensava che il bipolarismo avrebbe reso più agevoli i meccanismi democratici, bloccati per anni dall’esistenza del blocco sovietico, cosa che rese impossibile, in Italia, l’alternanza democratica. Oggi, invece, assistiamo ad un paradosso: la Dc, in quella situazione, produsse molte più riforme dell’attuale bipolarismo che, oltretutto, è uscito frantumato  dalle ultime politiche. La somma di Pd e Pdl, infatti, non arriva al 30% dell’elettorato reale. Di conseguenza, è oggi necessario individuare la risposta ai problemi della gente fuori da schemi politici predefiniti e avere il coraggio di sostenere chi mette a disposizione quei contenuti ispirati da ideali che non diventino ideologia. In tal senso, la cultura democratica e cristiana di molti di coloro che hanno contribuito storicamente alla rinascita del Paese, e la cultura liberale di chi, da Einaudi in poi, ha testimoniato tali valori, sono necessarie per rilanciare la speranza politica che vogliamo portare avanti.

 

Tale prospettiva è destinata ad interagire con il nuovo Pdl? Prevede un’alleanza, o addirittura una fusione che dia vita al Ppe italiano?

Questi valori devono confluire, anzitutto, in un’azione parlamentare volta a sostenere il governo di questa legislatura; in secondo luogo, dovranno confluire in un partito. Quanto dovrà essere grande, e aperto a sensibilità differenti, ce lo diranno la storia e i dialoghi dei prossimi giorni a cui spero aderiranno coloro che hanno messo in campo percorsi innovativi all’interno dei propri ambiti.

 

Par di capire che Scelta civica e l’Udc sono destinate ad essere superate.

Più che altro, sono destinate a diventare intrinsecamente unite per rilanciare i termini della sfida.

 

Il banco di prova di questa sfida potrebbero essere le Europee?

Un appuntamento c’è quasi tutte le settimane, e si chiama Consiglio dei ministri.

 

A sinistra, Letta e chi lo sostiene hanno gli stessi problemi del Pdl?

Non mi permetto di fare ipotesi sulla collocazione politica di Letta che, fino a prova contraria, è un esponente di rilievo del Pd. Osservo, tuttavia, che a dicembre il suo partito celebrerà un congresso che contribuirà al chiarimento delle opzioni politiche necessarie per dare al Paese più stabilità.  

 

(Paolo Nessi)