Se è vero che Berlusconi e il berlusconismo, al netto della lotta tra alfaniani e lealisti, procedono verso l’ormai inesorabile declino, gli attuali schemi politici sono destinai a cambiare. A nessuno può essere sfuggito il fermento democristiano che coinvolge gli schieramenti in maniera trasversale. Da tempo, in molti, auspicano la rinascita di un grande centro, costituito non solo dai democristiani ma anche dalle componenti più moderate del centrodestra e del centrosinistra; in molti, tuttavia, sono anche ben consapevoli di come tale formazione potrebbe nascere e crescere esclusivamente nel caso in cui le ali dovessero subire un’estremizzazione. Il che, attualmente, non è del tutto probabile. Non dopo la larga fiducia ottenuta da Letta dopo che Berlusconi, con una retromarcia dell’ultimo minuto, ha deciso di votare contro i suoi convincimenti di un istante prima, mettendosi in minoranza nel suo stesso partito. Abbiamo chiesto al sondaggista Arnaldo Ferrari Nasi che scenari si prefigurano.



Come si modifica il panorama politico?

Di sicuro, ci sarà una ricomposizione dei partiti.

Quando?

Nella terza Repubblica. Ora non ci siamo ancora. Siamo in una fase di transizione, paragonabile a quella che intercorse tra il ’92 e il ’94.

Cosa cambierà, in particolare?

La prima Repubblica fu il periodo delle ideologie. La seconda, si costituì in contrapposizione alla prima, e fece dell’assenza delle ideologie il suo vanto. Nella terza fase, considerando la forte delusione prodotta dai partiti a leadership carismatica, la situazione non potrà restare invariata. Con ogni probabilità, ci sarà un ritorno di alcune delle ideologie classiche del ‘900 – cattolica, liberale, socialista, destra liberale -, magari mitigate.



Cosa ne sarà, anzitutto, del Pd e del Pdl? Si trasformeranno in un partito socialdemocratico e in uno popolare?

Tutto sommato, il Pd è già un partito socialdemocratico. E il Pdl è popolare. Diciamo che diventeranno, emendati dei rispettivi difetti, due partiti seri, maturi. Quel che è certo, è che si consoliderà la tendenza al bipolarismo, e ad emarginare le ali estreme, cosa che nella seconda Repubblica non è stata fatta. Si tratterà di partiti, inoltre, che sopravviveranno al proprio leader.

Potrebbe nascere un grande centro?

Questo era verosimile prima della fiducia a Letta, quando in molti avevano ipotizzato la costituzione di gruppi autonomi; anche la composizione del governo, dove pullulano gli ex democristiani, inducevano a pensarlo. Oggi, tuttavia, considerando che l’esecutivo durerà ancora non poco, e che non ci sono più movimenti centrifughi, la creazione di un grande centro in cui confluiscano tradizioni politiche differenti è destinata a fare la fine della formazione di Fini. Casomai, all’interno di uno schema bipolare in cui si ritorni alle ideologie della prima Repubblica, verosimilmente potrà crearsi un partito democristiano. Intendo dire, un partito costituito da tutti gli ex Dc che, a quel punto, tornerebbero a far parte di un’unica formazione.



 

Quanto prenderebbe un partito del genere?

Si collocherebbe attorno all’8 per cento. Tanti sono i cattolici che, potenzialmente, sarebbero interessati a votare un partito così. Analogo fenomeno potrebbe avvenire tra gli ex socialisti.

 

Ci spieghi.

Attualmente sono dispersi da un estremo all’altro del Parlamento, esattamente come gli ex democristiani. Potrebbero, quindi, ricomporsi in un solo partito.

 

(Paolo Nessi)