Il suo segreto, ormai, è chiaro. Più si parla di cambiare il porcellum, più il vituperato sistema aumenti i suoi consensi. Il capo dello Stato ha inaugurato il suo secondo mandato chiedendo ai partiti delle larghe intese di fare una riforma elettorale. Un accordo, però, non si è ancora trovato: la realtà è che i conti i partiti li sanno fare, e l’ipotesi di tenere tutto com’è alletta non poco i principali leader.
Fatto sta che ora sul sistema ideato da Roberto Calderoli nel 2005 pende il verdetto della Corte costituzionale. Come è noto, la Corte di Cassazione nel maggio scorso dichiarò “rilevante e non manifestamente infondata” la questione della legittimità costituzionale del porcellum, accogliendo il ricorso di 27 ricorrenti che avevano sollevato dubbi sulla sua costituzionalità. La Consulta dovrebbe esprimersi il 3 dicembre; nel frattempo, c’è chi propone – come Michele Ainis nell’editoriale del Corriere di domenica scorsa – che la riforma elettorale sia decisa dal governo con un decreto; ben sapendo – verrebbe da dire – che questo non è possibile, come gli ha replicato il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello, dato che il governo non è competente in materia elettorale. Ilsussidiario.net ha raccolto un commento dal senatore del Pd Stefano Ceccanti.



Professore, è caduta l’ipocrisia sul porcellum: Berlusconi e Grillo lo vogliono, in Renzi prevale il realismo politico, dunque sì anche da lui. Non trova?
No, non trovo. Al momento la situazione è obiettivamente bloccata, anche per le incertezze complessive nelle forze che sostengono il governo: si scinde il Pdl? Cosa ne è di Scelta civica? Il Pd è sotto primarie. Lasciamo perdere Grillo che non vuole nulla comunque. Più avanti però la situazione potrebbe sbloccarsi. Se il governo tiene, la situazione potrebbe sbloccarsi a partire dalle riforme costituzionali.



Michele Ainis sul Corriere della Sera di domenica ha detto che per cambiare il porcellum occorre un decreto del governo, Quagliariello gli ha replicato che “un intervento d’urgenza del governo, ancorché di larga coalizione, aprirebbe seri problemi di sistema”. Una provocazione quella di Ainis? 
Non so, a me è sempre sembrata poco praticabile la strada di una riforma elettorale transitoria, d’emergenza, non partendo dalle riforme costituzionali e più in particolare dalla riforma del bicameralismo paritario.

La Consulta cosa farà il 9 dicembre? Boccerà il premio? o tutta la legge? Oppure la questione non è ammissibile?
Io credo che la questione sia inammissibile perché si tratta di un ricorso diretto da parte dei cittadini, sia pur mascherato, che non è previsto in Costituzione. Ammesso, ma niente affatto concesso, che fosse dichiarato ammissibile, dubito che la Corte andrebbe oltre un monito.



Con quali conseguenze a livello istituzionale?

Sul momento nessuna, la schiarita potrebbe venire dalla prosecuzione del governo e quindi dalla riforma costituzionale.

Luciano Violante ha detto che la chiave sta nel doppio turno, non solo; ma che una maggioranza per introdurlo (stante l’accordo alla Camera) c’è anche in Senato, fatta da Pd, Sc e Sel. È così anche per lei?
Violante ha ragione nel merito, ma Pd, Sel e Scelta civica sono maggioranza alla Camera, al Senato no.

D’altra parte se si dovesse arrivare ad un qualche accordo di modifica sulla legge elettorale, per ciò stesso si andrebbe al voto. Cosa che lei aveva scongiurato proprio su queste pagine. Lo pensa ancora?
Penso il contrario, che si debba partire dalla riforma costituzionale lungo la direttrice prospettata dalla Commissione dei saggi, cioè governo parlamentare del Primo ministro e, quindi, a catena, doppio turno di coalizione per l’unica Camera con rapporto fiduciario.

Basterà la moral suasion di Napolitano a farci uscire dall’impasse?
Mi sembra che il presidente abbia ormai esaurito gli spazi di moral suasion, la responsabilità ricade sulle forze politiche.

Quindi, professore, come se ne esce?
Con la riforma costituzionale e, a catena, con una riforma elettorale conseguente. Il percorso della sola riforma elettorale è solo apparentemente realistico e non sarebbe comunque risolutivo.

Se cadesse il governo, andare al voto con questo sistema sarebbe inevitabile. E se l’esito ultimo fosse nuovamente l’ingovernabilità?
L’esito di elezioni anticipate a Costituzione invariata, al di là di come si risolve il nodo elettorale, rischia di sfociare comunque in ingovernabilità.

(Federico Ferraù)


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