La Cassazione ha deciso oggi quali referendum, tra quelli presentati nei mesi scorsi da Di Pietro, radicali e Sel sono ammissibili e quali invece devono essere bocciati. Tra questi ultimi rientrano quello anti casta, sul taglio dei costi della politica, promosso dai radicali, e quello sul lavoro che era invece stato presentato da Di Pietro, Sel e Verdi. I motivi? Sono stati presentati dopo l’indizione dei comizi elettorali, dice la Cassazione, quel semestre che inizia appunto dall’indizione dei comizi elettorali e in quel periodo la legge vieta la presentazione di alcun referendum. Dichiarato invece ammissibile quello per abrogare la riforma della geografia giudiziaria presentato da nove consigli regionali: si chiede di abrogare il decreto che ha imposto il taglio dei tribunali. Tornando ai referendum bocciati, quello sul lavoro chiedeva l’abrogazione della legge 138 del 2011, che aveva eliminato il valore universale dei diritti previsti dal contratto nazionale del lavoro. Il referendum anti casta invece chiedeva il taglio degli stipendi dei parlamentari e cioè l’abrogazione dell’articolo 2 della legge 31 del 1965. Si chiedeva di abrogare l’indennità concessa per vivere a Roma, circa 3mila euro al mese.