Il Pdl, prossimo al cambio di nome in Forza Italia, è a un passo dall’implosione. Il consiglio nazionale è stato anticipato a sabato 16 novembre, data in cui la resa dei conti tra le due fazioni del partito avrà il suo atto finale. Cicchitto, ha parlato di “clima di scontro”, sottolineando come manchino “le condizioni per un dibattito sereno”, rimandato al mittente le accuse di tradimento e il paragone con Gianfranco Fini. Sulla stessa linea si pone Carlo Giovanardi, cofondatore Pdl, che a ilsussidiario.net spiega la linea e i numeri degli innovatori.
Giovanardi, com’è la situazione? Caotica, si direbbe.
Le questioni fondamentali sono due. La prima riguarda l’assetto del partito, perché con la proposta della rinascita di Forza Italia si delinea una formazione politica con un capo, Berlusconi, e basta. Un partito dunque dove non esistono iscritti, congressi, non vi è radicamento sul territorio e alcuna selezione dal basso della classe dirigente. Insomma, un modello di partito strutturato sulla vicenda umana, personale e politica di Silvio Berlusconi. Io non ho mai discusso Berlusconi, però…
Però?
Sono stato cofondatore di un partito democratico, popolare, come il Pdl, di ispirazione cristiana e appartenente al Partito Popolare Europeo. Un partito democratico che non può non porsi il problema di come questa pervicace volontà di non organizzarsi ci abbia portato a perdere 7 milioni di voti tra le elezioni del 2008 e e quelle del 2013.
E l’altra questione fondamentale?
Noi riteniamo importante che il governo Letta duri fino al 2015 per fare la riforma elettorale e altre cose necessarie. Per quanto riguarda la prima, sappiamo tutti che se si andasse a votare ora con il porcellum avremmo due mesi di disastro economico e sociale per le famiglie, per ritrovarci il giorno dopo il voto esattamente al punto di prima, con un Senato ingovernabile.
Si è parlato di un vostro documento politico, sul quale Formigoni e Gelmini hanno dato numeri diversi. quanti sarebbero i sottoscrittori?
Attualmente ne abbiamo 330. Quindi i due terzi dei voti necessari per trasformare il Pdl in Forza Italia gli altri non li hanno.
Cosa vi divide dai falchi: solo il futuro del governo Letta? O invece avete divergenze sulla leadership di partito?
Oltre alle divergenze sulla governabilità, sono in gioco due visioni molto diverse: noi vogliamo un partito democratico, dall’altra parte si vuole un partito dove Berlusconi decide per tutti. Certo, e non è una cosa secondaria, c’è anche il problema di chi candidare, perché Berlusconi non essere presentato. Di là c’è Renzi, e da questa parte? Ciò detto, io sono sempre per evitare i litigi e gli scontri. Si prenda atto che sono nate due realtà che devono convivere all’interno del centrodestra, come fanno già la Lega e Fratelli d’Italia.
Chi è il vostro interlocutore tra i “falchi”?
E’ stato cancellato il Pdl, è stato azzerata la segreteria degli organi dirigenti, si è deciso di sfiduciare il governo e si è anticipato il consiglio nazionale a sabato. Con chi e su cosa si dialoga, secondo lei?
Non c’è qualcuno che cerca di mediare tra le due fazioni?
Ma ripeto, su cosa si media? Io ho aderito al Pdl, sono cofondatore e faccio parte dell’ufficio di dirigenza: se mi dicono di cambiare identità, e dunque partito, significa che devo cambiare idee. Qui bisogna poi aggiungere che una parte del gruppo dirigente della nuova Forza Italia è su posizioni distantissime dalle mie sulla famiglia, la bioetica e i matrimoni gay. E’ un problema. Io prendo atto che vogliono fare una cosa diversa. Cosa c’è da mediare?
Mancando le condizioni per un dibattito sereno “diserteremo il consiglio nazionale”, ha detto Cicchitto. Diserterete?
Il mio punto di vista è molto chiaro: è inutile stare ogni giorno a litigare, battibeccare e rinfacciarsi le cose. Si prende atto di una realtà che c’è. Non è questione di un voto in più o in meno in consiglio.
Lei ha sentito Berlusconi personalmente?
No, non l’ho sentito.
Non rischiate di fare la fine di Gianfranco Fini? Berlusconi continua a ripeterlo.
Il paragone con Fini non c’entra assolutamente nulla. Noi rimaniamo nel centrodestra e siamo alternativi alla sinistra. Il disegno politico di Fini è lontanissimo dal nostro. Il nostro problema, ma dovrebbe essere anche quello di Berlusconi, è che dal 38 percento dei voti presi nel 2008 siamo scesi al 21 di pochi mesi fa.
Lei come pensa di recuperarli?
Se vogliamo vincere le elezioni ci vogliono i voti di Fratelli d’Italia, della Lega e quelli di Berlusconi, che saranno tanti, perché è bravissimo a portarli. Ma c’è anche l’esigenza assoluta di un’alleanza con forze politiche che rappresentano il mondo cattolico, perché molti voti perduti stanno proprio da quella parte. Io mi auguro che Forza Italia di voti ne prenda tanti perché per vincere i voti bisogna sommarli, non certo continuare a ripetere “sei un traditore”.
Scusi, torniamo per un attimo alla differenza con Fini. Dove starebbe?
Fini ha abbandonato il centrodestra, si è messo in una posizione mediana di polemica furibonda con Berlusconi, che noi invece difendiamo a spada tratta in tutte le sue vicende giudiziarie. Noi vogliamo rimanere nel centrodestra.
C’è disagio anche tra i popolari, nel Pd, per la questione del Pse europeo con il botta-risposta Epifani-Fioroni. E’ possibile che le vostre strade si incontrino?
No, è assolutamente impossibile. Noi vogliamo rimanere nel Partito Popolare Europeo, mentre non si sa se la nuova Forza Italia ci sarò o meno. Noi vogliamo rimanere nella nostra casa.
(Fabio Franchini)