Ormai neanche cercano più di salvare le apparenze. Entrambe le anime del Pdl discettano di unità del partito senza lesinarsi insulti, colpi bassi e rappresaglie d’ogni genere. Da ultimo, Fitto, leader dei cosiddetti lealisti, ma pure dei falchi, ha detto, riferendosi ad Alfano: «il tempo delle ipocrisie, delle parole dolci verso Silvio Berlusconi, ma degli atti ostili nei suoi confronti, deve finire. Altrimenti il rischio non è che si voglia guastare la festa al presidente Berlusconi, ma che si voglia fargli la festa». Alfano, dal canto suo, interpellato da Il Corriere della Sera, ha tentato di sedare i bollori della parte avversa con un’intervista dai toni concilianti, ma dal contenuto inequivocabilmente divisivo. In sintesi: le colombe, con ogni probabilità, diserteranno il Consiglio nazionale di sabato prossimo, dove sarà ratificata la rinascita di Forza Italia; inoltre, anche se Berlusconi decadesse per mano del Senato, i governativi non staccherebbero la spina al governo. Giovanni Toti, direttore del Tg4 e di Studio Aperto, ci spiega per quanto ancora la situazione potrà reggere.



Ha ragione Fitto? Alfano, tenendo in vita a oltranza il governo, vuol “fare la festa” a Berlusconi, magari garantendosi la sopravvivenza politica in tandem con Letta e benedetto da Napolitano?

Non credo che il disegno di Alfano sia quello di ricostruire, assieme a Letta, Lupi, Mauro e via dicendo un grande centro. Quel mercato politico, in Italia, semplicemente non esiste. Lo ha dimostrato l’ultima performance del professor Monti, che pure qualche carta in più di Alfano ce l’aveva: era l’uomo di Napolitano, considerato da un anno il salvatore della patria, unico titolato a rappresentare il Ppe e aveva ricevuto in dote persino l’eredità di Casini, che rappresentava una buona fetta dei moderati.



Quindi, qual è il suo progetto politico?

La verità è che il congresso già si sta celebrando. In maniera impropria, evidentemente, cioè incentrando il dibattito sulla sopravvivenza del governo e sulla decisione del Senato in merito alla decadenza. Due temi che non c’entrano nulla, di per sé, con il partito. La discussione, quindi, è del tutto strumentale, per entrambe le parti: Berlusconi, benché non sarà più candidabile, resterà a lungo il leader della formazione, avendone i voti; Falchi e Colombe, quindi, si stanno dando battaglia per spartirsi le nuove poltrone.

Come andrà a finire?



Continueranno a litigare finché Berlusconi, avendo azzerato i vertici del Pdl, non avrà ripristinato le cariche interne e una linea politica chiara. A quel punto, ci sarà qualcuno che se ne andrà e, come in qualunque partito, si determineranno una maggioranza e delle minoranze.

Cosa accadrà quando le colombe non si presenteranno al Consiglio nazionale?

Non sono così convinto che lo diserteranno. In queste ore, Berlusconi sta incontrando sia falchi che colombe. Sta lavorando, cioè, per trovare un equilibrio che eviti la rottura.

 

E se, una volta decaduto, decidesse realmente di far cadere il governo, ci potrebbe essere la scissione?

Immmagino di sì. Benché le stesse colombe riconoscano che la decadenza per mano del Senato sarebbe un atto ignominioso, si sono impegnate per tenere in vita il governo fino al 2015. Si produrrebbe, quindi, una scissione di fatto, con una parte del Pdl che, al Senato, continuerebbe a votare la fiducia e un’altra che passerebbe all’opposizione.

 

Se Berlusconi decade, le colombe non possono far cadere il governo mentre i falchi non possono continuare a sostenerlo. Pare che solo la decisone di Berlusconi di tornare sui suoi passi possa evitare la scissione.

Non è detto che sia l’unica. La politica, spesso, riesce a trovare strade imprevedibili. Per esempio, la decadenza potrebbe slittare di qualche tempo a causa dell’esame della legge di stabilità. Magari fino a gennaio, quando la Cassazione potrebbe già pronunciarsi sulla condanna a due anni di interdizione dai pubblici uffici comminati a Berlusconi dalla Corte d’Appello di Milano. A quel punto, quando la suprema Corte si sarà espressa, potrebbe non rendersi più necessario un voto del Parlamento. La scissione, d’altro canto, potrebbe essere consensuale, analogamente a quella effettuata da Fratelli d’Italia. Quest’ultimi siedono tra i banchi dell’opposizione, mentre il Pdl tra quelli della maggioranza, eppure, alle elezioni, corrono uniti.

 

 

(Paolo Nessi)