Lo spettro della decadenza avanza. E questo sabato è fissato (a meno di rinvio) il Consiglio Nazionale del Popolo delle Libertà che si annuncia caldissimo. La rinascita di Forza Italia e la frattura ormai insanabile tra lealisti e governativi sembrano segnare ormai la fine di un partito che sia avvia a un’implosione davvero rumorosa. Ma mai dire mai, tutto può succedere: il clamoroso dietrofront di Berlusconi sul voto sulla fiducia all’esecutivo Letta (dello scorso 2 ottobre) insegna. Nella serata di ieri c’è stato un nuovo incontro tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, un faccia a faccia durato tre ore nel quale l’ex delfino del Cavaliere avrebbe cercato di mediare, nell’ottica di sventare la scissione. Per farci spiegare le intricate dinamiche interne al Popolo delle Libertà abbiamo contattato Fabrizio D’Esposito, giornalista de ilfattoquotidiano, che segue da vicino le vicende del centro-destra.



Un commento sul vertice, nella tarda serata di ieri, tra Alfano e Berlusconi. Si parla di tre proposte distensive. Non sono affatto distensive, perché mi pare che una di queste condizioni sia il fatto di continuare a governare con il Pd anche dopo l’eventuale decadenza. Non penso che sia una cosa che possa far piacere a Berlusconi. E comunque…



Prego. Al di là di tutto io vedo soprattutto due piani distinti: da un lato abbiamo questi due uomini (Alfano e Berlusconi) che per l’ennesima volta si vedono, ma si tratta ormai di un rapporto deteriorato tra padre e figlio; invece dall’altro abbiamo le truppe, i due schieramenti dei falchi e delle colombe che ormai sono determinati a non stare più insieme. Ma il dato è un altro…

Quale? Il punto vero è che Berlusconi rincorre Alfano in questa corsa contro il tempo prima del Consiglio Nazionale di sabato per cercare di salvare un’unità di facciata. Ma ormai credo che per il livello raggiunto dagli insulti – in un contesto in cui ormai c’è pochissimo confronto politico – falchi e colombe non possono più stare insieme.



Il summit di ieri è stato quindi una tappa di passaggio, quasi obbligata, che non avrebbe comunque portato a niente di nuovo? Le condizioni si sapevano da giorni: il problema non sono le condizioni sul partito, sugli assetti e sull’organigramma – che comunque contano –, il punto vero è che c’è una parte del PdL che pensa che dopo la decadenza di Berlusconi il governo debba cadere, mentre dall’altra parte i governativi vogliono che l’esecutivo continui. Questa è la linea di frattura, e non è una novità.

Compromessi in vista? Certo, potrebbero trovare dei compromessi perché nel magico mondo berlusconiano – come dicono spesso i falchi che hanno paura delle decisioni all’ultimo minuto di Berlusconi – tutto può accadere. Però la frattura c’è. La giornata ancora deve evolversie in vista del Consiglio di sabato di cose ne possono succedere…

Cosa aspettarci dunque dopo il 16 novembre? Beh, basandosi sullo spettacolo straordinario fatto di insulti, contumelie, rinfacci, minacce di “metodo Boffo”, vedere nello stesso partito, da sabato in poi, la Santanchè e Formigoni, Cicchitto e Verdini lo vedo altamente improbabile. Si è parlato di una separazione consensuale: ecco, dubito che possa esserlo. Se invece si consumerà la divisione, ci sarà una parte di PdL che farà una scissione parlamentare per sostenere il governo, mentre molto probabilmente Forza Italia andrà all’opposizione. E io non sottovaluterei anche un altro elemento…

Ci dica. Se restano insieme bisognerà rivedere la compagine governativa. Mettiamo il caso che Berlusconi accetti le condizioni di Alfano di andare avanti con l’esecutivo – con le due correnti che convivono nello stesso partito – e al Consiglio Nazionale il 70%-80% resti in mano ai lealisti, cosa fanno? Al governo restano i ministri di una minoranza?

(Fabio Franchini)