A meno di un mese dalle primarie che (l’8 dicembre) ridisegneranno l’assetto del Partito democratico, il fondatore del partito, Romano Prodi, ha dichiarato che non rinnoverà la tessera e non voterà: “ho deciso di ritirarmi dalla vita politica”. Per molti una doccia fredda. Diversi gli esponenti del centro-sinistra che hanno commentato la scelta del Professore. Civati: “Un fatto gravissimo, la sua partecipazione vale più della mia” a cui fa eco Delrio: “Spero che Prodi ci ripensi. Il Paese ha bisogno del suo contributo”. Ma per molti che hanno accolto a malincuore la decisione, altri (dello stesso Pd, i cosiddetti “101 traditori”) saranno forse contenti del passo indietro. Per commentare la decisione di Prodi abbiamo contattato Sandro Gozi, deputato Pd, vicino al Professore e sostenitore, nella corsa alla segreteria, di Matteo Renzi.



Come commenta la scelta di Prodi?

La scelta di non iscriversi mi sembra annunciata e giustificata, la capisco benissimo. Ci deve spingere a costruire un altro partito: il congresso deve portare finalmente alla nascita del vero Partito democratico. Certo, mi dispiace perché speravo che lasciasse aperta la possibilità fino all’ultimo. Ma ripeto, per noi deve essere una spinta a costruire il vero partito, a partire dal 9 dicembre in poi, rilanciando un progetto nel quale noi crediamo fortemente dopo un primo tentativo fallito.



Dice di ricostruire il partito. Per iniziare: da cosa si deve allontanare il nuovo Pd?

Dal partito identitario, dal partito apparato, dai vecchi funzionari di partito.

E invece quale modello dovrà adottare? 

Si deve avvicinare a un partito aperto che si sforza di superare la divisione tra cittadini-elettori del centro-sinistra e iscritti; un partito che riesca a inventarsi un rapporto nuovo e bidirezionale tra movimenti, associazioni, organizzazioni e struttura di partito. Bisogna, in primis, recuperare, e in maniera permanente, il dialogo e il rapporto con la società civile.

Come?

Per esempio attraverso regolari consultazioni aperte e referendum degli elettori, così da mantenere aperto e vivo il dibattito non solo sulle persone, ma anche sulle questioni di fondo: le grandi scelte politiche del partito. Bisogna ritornare all’idea di un grande partito unico del centro-sinistra.



Lei come spiega la decisione di Prodi? Poteva fare come l’anno scorso, quando votò senza esprimere la preferenza. È un messaggio forse per i cosiddetti 101 traditori (quelli che affossarono la candidatura di Prodi al Quirinale, ndr)? 

Personalmente lo interpreto, innanzitutto, come un messaggio ai 101 che hanno affossato il progetto del Pd. In secondo luogo è proprio la volontà di rimanere fuori dalle vicende interne al partito: ha voluto farlo fino in fondo. E poi magari si sarebbe avviato il tormentone “chi vota e perché?”, e questo non sarebbe stato nell’interesse di nessuno, né suo né delle primarie.

Lei, personalmente, cosa gli direbbe? 

Spero che da qui all’8 dicembre, facendo anche delle buone primarie, riusciremo a convincerlo a prendere un’altra decisione. Io credo che dovrebbe rimanere presente come padre nobile ispiratore. Capisco le sue ragioni, ma cercheremo di fargli cambiare idea, o prima o dopo le primarie.

 

Chi ne sarà felice e chi invece rimane orfano? Civati e Delrio, per dirne solo due, hanno accusato il colpo.

Non credo che ci sia qualcuno che possa rallegrarsi per la scelta di Prodi, neppure quelli che magari sono stati più lontani da lui. La lontananza di Prodi è una notizia negativa per il Pd e per l’intero centro-sinistra. Ma c’è un altro elemento politico.

 

Quale?

Ha alzato l’asticella. Diventa ancora più difficile il compito, se diventeremo maggioranza, di ricostruire il nuovo partito. Se avessimo avuto la sua fiducia già con il voto delle primarie sarebbe stato un passo in avanti importante, mentre così partiamo da zero.

 

La decisione del Professore “sposterà” voti o è invece ininfluente? 

Beh, se c’è gente che è indecisa… però onestamente non saprei bene. È evidente che ci avrebbe aiutato con la sua partecipazione, così è più difficile.

 

Ma Romano Prodi non sarebbe un perfetto punto di riferimento in un Partito democratico guidato (nel caso) da Matteo Renzi?

Certo, io vorrei proprio questo. 

Qual è il pensiero di Prodi su Enrico Letta e sull’esecutivo? 

Per quanto concerne il giudizio sul governo io non lo so, bisognerebbe chiederlo a lui. Per quanto riguarda invece il giudizio su Letta è positivo: Enrico Letta è stato in entrambi i governi Prodi (è anche il braccio destro di Andreatta), e tra i due c’è certamente un buon rapporto personale e di stima reciproca.

 

(Fabio Franchini)