Il 3 dicembre incombe. Allora, la Corte costituzionale si esprimerà sulla legge elettorale. Posto che decida di accogliere le obiezioni di legittimità, ipotesi non del tutto scontata, quasi certamente si pronuncerà contro l’attuale sistema. Difficilmente lo boccerà interamente. Più probabile un’indicazione volta a rimuovere l’attuale premio di maggioranza che, attribuendo alla Camera il 55 per cento dei seggi al partito o alla coalizione che ha preso anche un solo voto in più degli altri, inficia notevolmente il principio della rappresentatività popolare. Ora: senza il premio di maggioranza, il Porcellum non è altro che una legge proporzionale pura; è stato bocciato, inoltre, l’ordine del giorno del Pd che prevedeva l’attribuzione di un premio al partito o alla coalizione che avesse raggiunto almeno il 40-42 per cento dei consensi e, nel caso nessun avesse raggiunto tale soglia, l’introduzione del ballottaggio tra le formazioni più votate. Pare non vi sia via d’uscita. Salvo, in realtà, il ritorno al Mattarellum, la legge in vigore prima del Porcellum. L’ipotesi, sin qui derubricata a fantapolitica, sta via via assumendo concretezza. Abbiamo chiesto a Roberto Weber, responsabile dell’area di ricerca dell’Istituto Ixè, una previsione degli andamenti elettorali in uno scenario del genere. 



Come si distribuirebbero i flussi elettorali se tornassimo alla legge Mattarella?

Il Mattarellum prevede la ripartizione del 75 dei seggi attraverso un sistema maggioritario; si può, quindi, ragionevolmente supporre che avvantaggerebbe il centrosinistra.

Perché?

Perché il clima determinato dai sistemi maggioritari favorisce, normalmente, non solo il leader di coalizione (o di partito) ma anche, più in generale, il personale politico. Si dà il caso che il centrosinistra, a differenza del centrodestra, abbia avviato ormai da tempo un meccanismo di ricambio e che sia a un punto piuttosto avanzato. Inoltre, solitamente, un sistema maggioritario fa sì che, a livello territoriale, i partiti siano meno in grado di “controllare” i voti che, tradizionalmente, ricevono; non appena gli elettori iniziano a percepire quale potrebbe essere la formazione vincente, si produce uno smottamento in quella direzione, specialmente nel centro sud.



Quindi, quanto prenderebbe il Pdl?

Attualmente, dichiara che lo voterebbe il 24 per cento circa degli elettori. Sia con il Porcellum che con il Mattarellum non dovrebbe esserci variazioni sensibili; posto che con il secondo sistema, per le ragioni che le dicevo prima, risulterà maggiormente svantaggiato in favore del Pd. Va registrata, tuttavia, una tendenza al ribasso. Dubito, cioè, che in futuro il partito possa riuscire a mantenersi su cifre del genere. Gli elettori di centrodestra, infatti, probabilmente non hanno ancora realizzato del tutto la spaccatura tra falchi e colombe.

Quanto potrebbero prendere i due partiti derivanti da un’eventuale scissione?



A quel punto, si tratterebbe per entrambi di una disfatta. I consensi si ridurrebbero considerevolmente e la somma elettorale delle due formazioni sarebbe nettamente inferiore ai voti che prenderebbe il Pdl unito. Per intenderci: se, attualmente, si colloca attorno al 24 per cento, le due formazioni derivanti dalla scissione non rappresenterebbero la somma algebrica, ottenendo cioè l’una l’11 e l’altra il 13 per cento (o l’una il 10 e l’altra il 14 per cento, e via dicendo).

 

Quindi?

Il partito spostato più a desta, Forza Italia, potrebbe ricevere il 12 per cento circa dei voti; quello degli alfaniani, circa il 5. Sia l’uno che l’altro, indubbiamente, potrebbero  guadagnare o perdere quote di consenso. Tuttavia, le proporzioni resterebbero pressappoco queste. Insomma, si determinerebbe un’emorragia elettorale che andrebbe, prevalentemente, a vantaggio dell’astensionismo e verso il Movimento 5 Stelle. La scissione, quindi, potrebbe convenire esclusivamente nel caso di un sistema proporzionale puro.

 

Ci parli del Pd.

Attualmente, vale circa il 28 per cento dei voti. In questo momento, è estremamente difficile affermare quanto potrebbe ottenere con il Mattarellum. Quel che è certo, è che Renzi sposterà sensibilmente i flussi elettorali, sottraendo consensi sia al centro che a destra.

 

Quanto vale Renzi?

Rappresenta un valore aggiunto di almeno il 5-6 per cento dei voti.

 

E’ipotizzabile la nascita di un grande centro?

No. Non lo è con il sistema attuale, e tantomeno lo sarebbe con la legge Mattarella. Il termine “moderati” è una finzione che, nel panorama politico italiano, non esiste più. Al contrario, le posizioni si sono radicalizzate. Il centro, anche con gli alfaniani, è destinato a sparire. O, comunque, a non riuscire ad andare oltre il 5 per cento.

 

In quanti, infine, potrebbero votare il Movimento 5 Stelle?

Oggi è dato attorno al 19-20 per cento. Potrebbero ottenere una cifra analoga, salvo il fatto che è leggermente in crescita.

 

(Paolo Nessi