Lo strappo tra governativi e lealisti non sembra potersi ricucire e questo sabato si terrà il Consiglio nazionale che si riunirà sotto il simbolo di Forza Italia. Sarà l’atto conclusivo del partito? Gli innovatori tireranno la corda e abbandoneranno il loro leader storico per dare vita a un nuovo soggetto politico che continuerà a sostenere l’esecutivo Letta? Gli interrogativi sono molti e la situazione rimane intricatissima. Ilsussidiario.net ha parlato con il “lealista” Gianfranco Rotondi.
Come commenta l’ultimo faccia a faccia tra Alfano e Berlusconi?
Il commento è più sentimentale che politico, perché non è che abbiano fatto capire molto di quello che si sono detti. Quel che vedo è uno psicodramma, comprensibile tra due persone che si sono divise, e molto, in termini affettivi. Di politico c’è poco. Alfano dice di riconoscere la leadership di Berlusconi, a patto che non gli tocchi il governo. Questo mi lascia un po’ perplesso.
Perché?
Perché quello che sostiene Alfano significa ribaltare la prassi della storia della Repubblica: sono i partiti che dettano la linea alla delegazione di governo. La storia delle crisi italiane è piena di capi di partito che dicono ai propri ministri di andarsene dal governo in quanto sono venute meno le condizioni per farvi parte.
Ma il vostro caso è un po’ differente.
Esatto, perché la nostra delegazione di governo vuole dettare la linea al capo del partito al quale viene detto: “tu sei il mio capo se io resto al governo”. Ecco, la scelta mi sembra singolare e la soluzione del caso mi sembra molto improbabile.
Berlusconi continua a dire che farà cadere il governo in caso di decadenza. Ma cosa è cambiato rispetto al 2 ottobre, giorno della fiducia all’esecutivo Letta?
Secondo me non è cambiato nulla. Siamo ancora imprigionati in una società dove un socio vuole far fuori l’altro, pretendendo – e questa è la particolarità – che il defunto applauda l’assassino. Il riconoscimento della leadership di Berlusconi viene concepito come la sua la disponibilità ad accompagnare il funerale. E’ quanto mai paradossale.
E sabato si terrà il Consiglio nazionale: quanto peserà nell’ottica di continuare o meno l’esperienza al governo?
Dico dico solo una cosa: Berlusconi è o no il capo di Forza Italia? Se sì, chi lo riconosce venga al Consiglio e là sarà il leader, cioè Berlusconi, a decidere quanto staremo ancora al governo e se ci resteremo. Se qualcuno ha la pretesa di condizionare Berlusconi ha già fatto un altro partito. Il che non è regola solo nel berlusconismo, ma in tutti i partiti del mondo. Se Renzi, da segretario, a gennaio dicesse “fuori dal governo”, ma Franceschini volesse restare, io penso che Franceschini sarebbe fuori dal partito.
Ma il Consiglio slitterà?
Non si possono registrare i processi politici con l’orologio alla mano, non è importante. La cosa fondamentale è che si completi un percorso: io sono entrato nel centro-destra vent’anni fa, nel Pdl cinque anni fa e in Forza Italia oggi, sulla garanzia della storia politica di Silvio Berlusconi; mi sono regolarmente trovato in un film diverso da quello per cui avevamo approvato il casting. Adesso chiedo a Berlusconi di riprendere il timone e di esercitare la leadership che gli abbiamo sempre riconosciuto.
E sulle voci di scissione ancor prima di sabato?
Io non inseguo le voci. Comunque non credo che ci sarà una scissione: scopriranno che non c’è vita su Marte…
Poniamo il caso che il Pdl rimanga coeso: non sarebbe un paradosso che l’eventuale minoranza governativa abbia propri uomini nel governo, mentre la maggioranza lealista ne sia fuori?
Io non penso che il problema sia quello di riequilibrare la presenza al governo. Faccio un altro discorso. Per il Partito democratico questo governo è stata solo una pausa di raffreddamento nella ventennale guerra per eliminare Berlusconi. Il bene del Paese è il titolo per gli allocchi. Il bene del Paese è avere un governo stabile e coeso e temo che questo non lo sia.
Troppi litigi, frutto di una convivenza oggettivamente impensabile?
Oltre a questo, mi pare evidente che i due maggiori partiti che lo animano siano percorsi da lacerazioni che impediscono una linea di politica economica chiara. Perciò: “disco verde” a chi propone una riforma elettorale maggioritaria e un confronto veloce nelle urne per dare all’Italia un governo legittimato dal popolo.
Fitto ha detto che Alfano vuole fare la festa a Berlusconi. E’ proprio così?
Io dico che Alfano ha il tempo e l’occasione per dimostrare che non è così. Se viene al Consiglio, riconosca la guida di Berlusconi e rimetta il suo mandato di ministro a disposizione del partito: così ci riconquisterebbe tutti.
Dunque voi lealisti non vi sentite rappresentati dall’attuale vice-premier.
Questo non è vero. Io ho avuto sempre grande stima e simpatia per Angelino Alfano. L’ultimo mio pensiero è quello di non sentirmi rappresentato da lui, che resta anche un bravissimo ministro degli Interni. E aggiungo, come ministro mi piace molto anche la De Girolamo, una ragazza della mia terra che si è fatta le ossa nella lotta politica. Con questo voglio dire che la questione non è di chi sta al governo; il punto è riconoscere la leadership di Silvio Berlusconi.
Lo spettro della decadenza avanza. Poniamo il caso che il governo cada e si vada alle elezioni. Il candidato premier del centro-destra chi sarà?
Al momento l’unico che si è offerto sono proprio io: mi sono candidato da due mesi. La diatriba del Pdl ha sospeso, diciamo così, la mia campagna elettorale. Che dire? Uno c’è… ma ho la consapevolezza che ci saranno molti aspiranti: ci sarà abbondanza di scelta. E comunque non è affatto detto che Silvio Berlusconi non si possa candidare…
Alfano compreso?
Certo, nel caso in cui non ci fosse Berlusconi, ha tutti i titoli per essere candidato premier.
(Fabio Franchini)