In suo favore c’è una «campagna martellante ai limiti del ridicolo», agisce in «totale assenza di par condicio», ha dalla sua «uno schieramento del potere economico e dei mass media», «c’è chi ritiene che sia la persona giusta per liquidare ciò che resta della sinistra italiana», cela una «spaventosa ignoranza costituzionale», dice D’Alema, all’Unità. E uno pensa: “starà parlando di Berlusconi”. No, si riferiva a Renzi. Perché tanto livore, al punto da evocare più volte, di recente, lo spettro della scissione (per poi negarla in quell’intervista, ma con un per nulla rassicurante: «ma no, nessuna scissione»)? Lo abbiamo chiesto a Peppino Caldarola, giornalista e scrittore.
D’Alema, riferendosi ai poteri forti, si riferiva al sostegno di De Benedetti alla candidatura di Renzi.
De Benedetti, semplicemente, fiuta il vento, e schiera il suo giornale dalla parte del vincitore. Notiamo in tal senso una novità, ovvero il fatto che il partito-Repubblica, come tutti gli altri partiti, si spacca: Scalfari, infatti, dopo aver speso in passato alcune parole in favore di Renzi, oggi dice di non fidarsi di lui. Ai tempi della candidatura di Bersani, invece, tutto il gruppo Repubblica-L’Espresso non esitò a ritenerlo la figura migliore.
L’appoggio del partito-Repubblica rappresenterà una zavorra per Renzi?
Renzi, effettivamente, dovrà dar prova di quell’indipendenza che gli altri segretari non hanno mostrato. In questa sua battaglia contro i dinosauri, dovrà rendersi conto che avere Repubblica come alleato significa godere dell’appoggio del più vecchio partito del sistema italiano.
D’Alema parla di scissione come di un’opzione reale o si tratta semplicemente di un’arma da brandire per negoziare i futuri equilibri interni al partito?
Il D’Alema scissionista non è mai esistito e non credo che inizierà ad esistere ora. Sta tentando, quindi, di condizionare Renzi. Gli fa presente che dovrà tener conto di quella parte dell’elettorato che non lo ha votato, cerca la trattativa.
Un tempo, nel partito, si sarebbero parlati, oggi se le mandano a dire attraverso i giornali.
Questo perché la durezza dello scontro è senza precedenti. Per la prima volta si accusa il probabile vincitore di essere, potenzialmente, un estraneo al proprio campo. Tutto nasce da una grave degenerazione interna, di cui ne è prova l’inquinamento nella battaglia per acquisire il voto degli iscritti. Si pensava che si sarebbe dovuto trattare di un voto più “puro” rispetto a quello dei simpatizzanti. Abbiamo visto com’è andata a finire con il caos delle tessere.
Al di là delle intenzioni di D’Alema, la scissione di quanti stanno più a sinistra è possibile?
E dove vanno? Gli eventuali scissionisti del Pd avrebbero gli stessi voti di Alfano se facesse un partito suo. L’elettorato non è disponibile a seguire le sirene dei reduci dai vecchi partiti.
Cosa vuole l’elettorato? Non dovrebbe mal digerire anche Renzi?
Lo preferisce comunque al vecchio establishment. E intende metterlo alla prova.
Renzi, di recente, ha detto che la Cancellieri si sarebbe dovuta dimettere e che se Letta non fa nulla è meglio che vada a casa. Tutto lascia intendere che, quando guiderà il Pd, renderà la vita al governo particolarmente dura.
Che la tenuta del governo con Renzi segretario sia a rischio è evidente. Facilmente, potrebbe imporre un’accelerazione agli eventi, pretendendo da Letta particolari iniziative e dicendosi disponibile a soluzioni alternative a questo esecutivo se non riuscisse a metterle a punto. D’altra parte, questo governo trae paradossalmente forza dalla debolezza dei suoi sostenitori e un Pd con Renzi segretario sarebbe tutt’altro che debole.
Dopo che Renzi avrà, eventualmente, fatto cadere il governo di Letta, sarà ancora possibile una convivenza tra i due?
Il fatto che Letta abbia partecipato alla presentazione del libro dei due portavoce di Bersani (Stefano Di Traglia e Chiara Geloni), lascia intende che stia maturando in lui la consapevolezza dell’imminenza dello scontro con Renzi e che stia cercando un alleato. L’intesa tra i due sarebbe nell’interesse di entrambi, ma temo che la competizione sia inevitabile.
La scissione dei popolari verso il centro, e la costruzione in un partito di cui facciano parte anche i moderati del Pdl, Alfano e lo stesso Letta è un’ipotesi praticabile?
E’ fantasia che ne faccia parte Letta. E, dato che in una formazione del genere sarebbe l’unico ad avere le caratteristiche del leader, un tale partito – come dimostra l’avventura di Monti – non andrebbe da nessuna parte.
(Paolo Nessi)