Se la Corte costituzionale, il 3 dicembre, dovesse realmente bocciare il Porcellum o, per lo meno, dare un’indicazione generica, volta comunque a rimuovere l’attuale premio di maggioranza, il Parlamento dovrebbe accelerare i propri tempi biblici e varare una nuova legge il più rapidamente possibile. Prima, cioè, che gli eventi precipitino e non resti alternativa al voto. In tutto ciò, restano da capire le reali intenzioni di Renzi, dato che a breve diventerà il segretario del primo partito italiano. Abbiamo chiesto ad Alessandro Chiaramonte, politologo, che scenari si prefigurano.



Secondo lei, che legge vuole, realmente, Renzi?

Renzi insiste sulla legge dei sindaci o, per meglio dire, su una legge che garantisca la sera stessa delle elezioni di conoscere il nome del vincitore. Va detto che, alle Leopolda, ha fatto presente che, non essendo prevista l’elezione diretta del capo dell’esecutivo, così come lo è, invece, quella dei sindaci, la legge dei Comuni non è applicabile tout court al Parlamento. Tuttavia, ha aggiunto che un sistema che dia le stesse assicurazioni si può realizzare anche a Costituzione invariata. Ebbene, questa espressione, è compatibile esclusivamente con due ipotesi.



Quali?

Anzitutto, con un sistema a doppio turno (come quello che è stato bocciato) e con l’indicazione del candidato premier nella persona del leader di coalizione, come del resto già avviene, pur non avendo la procedura alcun valore giuridico; si può, altresì, immaginare un sistema analogo a quello vigente nelle Regioni prima che la riforma del Titolo V rendesse la disciplina elettorale materia di loro competenza e che le singole Regioni la modificassero. In sostanza, la legge Tatarella prevedeva l’elezione diretta del presidente della Regione e del Consiglio regionale e meccanismi, da un lato, di tutela delle minoranze (laddove la maggioranza avesse raggiunto percentuali molto elevate), dall’altro, che assicurassero la formazione di una maggioranza di governo (laddove essa avesse raggiunto solamente la maggioranza relativa dei voti). Anche in tal caso, l’indicazione del candidato premier, finché non si cambia la Costituzione, non potrà avere alcun valor giuridico.



In ogni caso, il 3 dicembre la Corte si pronuncerà sulla legge attuale. Fallita l’introduzione del doppio turno, e data l’incombenza di eventuali elezioni anticipate, l’unica strada percorribile poterebbe essere effettivamente quella del ritorno al Mattarelum?

Va fatta una premessa: se la Corte entrasse nel merito del livello di di-sproporzionalità ammissibile in un sistema elettorale, rischierebbe di costituzionalizzare il principio di rappresentanza proporzionale, ipotesi eccessiva rispetto alla portata del ricorso in atto; inoltre, alcuni costituzionalisti ritengono che laddove accogliesse il ricorso, rovescerebbe il principio secondo il quale i singoli cittadini non possono adire la Corte. Detto questo, una volta rimosso il premio di maggioranza, il Mattarellum potrebbe diventare un modo per uscire dall’impasse in cui la stessa Corte avrebbe gettato, a quel punto, la politica; resta il fatto che diventerà un’opzione praticabile nella misura in cui converrà ai partiti.

 

E al Pdl, converrebbe?

Il Pdl, attualmente, non ha una sua proposta. La fase che sta vivendo gli rende impossibile capire quale legge potrebbe essere la più conveniente. E’ evidente che se si scinde, converrà alle forze risultanti un sistema proporzionale, se resta unito, un maggioritario. E’ probabile che, giunti a questo punto, il Mattarellum convenga a Berlusconi; i collegi uninominali rendono pressoché impossibile, alle formazioni piccole o medie, conquistare un numero decente di seggi, obbligando così il centrodestra a restare unito; con l’attuale sistema, invece, una formazione minore che dovesse staccarsi dal Pdl potrebbe comunque sopravvivere.

 

E al Pd?

Prima di tutto, bisognerebbe capire la proposta effettiva di Renzi. Di certo, l’attrazione per il collegio uninominale, nel partito, esiste. Stesso discorso vale per l’M5S, che con il Mattarellum, sarebbe in grado di vincere nei collegi uninominali e conquistare parecchi seggi. Il che, la dice lunga sul rischio che si riproponga nuovamente una situazione tripartita, senza un vincitore certo. 

 

(Paolo Nessi)

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