Non è un buon momento per i partiti. Pure il centro va in frantumi. In Scelta civica si è compiuta la spaccatura tra montiani a popolari. Quest’ultimi, guidati dal ministro della Difesa Mario Mauro, mirano ad una ricomposizione che coinvolga le altre esperienze politiche connotate da una sensibilità analoga alla propria, ma nell’ottica della costruzione di un progetto che vada ben oltre i confini dell’ennesimo soggetto di centro. Insomma, se dall’esterno pare che tutto stia cadendo a brandelli, in realtà esiste ancora la prospettiva di un’evoluzione positiva. E’ lo stesso Mario Mauro a spiegarci in cosa potrebbe consistere.

Pare che le scissioni vadano di moda…

Effettivamente, è singolare che, proprio nella fase storica in cui abbiamo riconosciuto l’urgenza di maggiore coesione, costruendo quindi le larghe intese, ci si spacchi. Vede, la ragione è che siamo all’ultimo stadio della politica. Se il governo fallirà, rivelandosi incapace di rimuovere il grande macigno che pesa sulla vita sociale ed economica italiana, ci sarà spazio solo per Grillo e per il suo populismo; tale circostanza ha prodotto una profonda tensione all’interno dei partiti, dove in tanti hanno capito che potranno continuare a esistere solo se continuerà a esistere il conflitto fine a se stesso. Tanti altri, fortunatamente, impegnati in veri e grandi ideali, si sentono determinati a generare nuovi orizzonti. Questa è la distinzione fondamentale.

Che conseguenze ne derivano?

Evidentemente, non possono esistere partiti con una cultura da club del golf, che non capiscono, cioè, che il popolo va abbracciato nel momento in cui gli si propongono riforme (che, d’altra parte, non possono continuare a restare un’astrazione accademica); e neppure partiti che pensano di potere prendere la scorciatoia del populismo e dell’antieuropeismo per far fronte alla loro strutturale incapacità di individuare soluzioni per il Paese.

Parla anche di Scelta civica, quindi?

Certo. Se ci si rivolge al governo con espressioni del tipo “Letta come Brunetta”, o “Letta in ginocchio”, nascondendosi dietro l’elegante forma dell’”esortazione alle riforme”, è evidente che la cultura che ho descritto è diffusa ad ogni latitudine.

Cosa ne pensa della scissione del Pdl?

Il centrodestra, così come lo conosciamo, è un’intuizione di Berlusconi che riuscì a mettere assieme realtà che, normalmente, assieme non sarebbero mai potute stare: il nazionalismo di An, il secessionismo della Lega o la rivoluzione liberale di Forza Italia. Il fattore unitivo, oggi, non esiste più. invece che rifare il centrodestra, sarebbe interessante interrogarsi sulle idee rappresentative di quei blocchi sociali che, il centrodestra, lo hanno abbandonato da un pezzo.

Che idee?

Per far tornare l’Italia competitiva le riforme devono essere garantite dalla capacità di abbracciare le condizioni della gente. Occorre, quindi, conoscere e applicare i fattori dell’economia sociale di mercato e la dimensione della sussidiarietà. Per far questo, serve una grande cultura politica. In particolare, la cultura popolare.  

 

Con chi pensate di fare tutto ciò?

In Parlamento sarà prioritario, anzitutto, approfondire il dialogo con tutti i gruppi parlamentari che riscontrano la necessità del governo di grande coalizione.

 

Quindi, farete un gruppo unico con l’Udc?

Ricordo, semplicemente, che a suo tempo abbiamo fatto presente come la separazione di Scelta civica dall’Udc non avesse alcun senso. La prospettiva è di restare uniti in coalizione. Certo, potrebbe generarsi un certo trambusto, provocato dalla decisione di quanti non comprendono la necessità di evolvere verso un soggetto più maturo; l’eventualità, si chiarirà nei prossimi giorni e ci regoleremo di conseguenza.

 

Come si svilupperanno i vostri rapporti con il Nuovo Centrodestra?

Ho molto rispetto per quello che sta accadendo nel Pdl e per le responsabilità che si stanno assumendo molti esponenti – indubbiamente di grande spessore – di quel partito. Proprio perché sono rispettoso, non credo che sia mio compito dare suggerimenti ad alcuno.

 

State lavorando, in ogni caso, alla costruzione di un grande centro?

Per ora, parliamo di contenuti. Quello che accadrà domani sarà figlio di quanto saremo chiari rispetto alla necessità di una nuova cultura politica. Per questo, il 23 novembre, lanciamo l’idea di un’Assemblea popolare per l’Italia. La terremo al Teatro Brancaccio di Roma, alle 10.30. Le persone, e non i partiti, potranno prendere la parola per tre minuti e dare il proprio contributo.

 

Crede che ci saranno anche esponenti della sinistra?

Credo che una sensibilità affine alla nostra, rispetto ai contenuti di cui ho parlato, possa estendersi fino alle propaggini di quanti vorrebbero votare Renzi.

 

(Paolo Nessi)