La ragione fondante del Nuovo centrodestra consiste nel garantire al governo la sopravvivenza. Certo, ci sono anche un paio di questioni relative alla deriva estremista che il Pdl aveva assunto sotto l’egida dei falchi, o volontà di reiterare ad libitum l’assoluta mancanza di democrazia interna. Ma se ne poteva parlare anche in futuro. Il governo, invece, avrebbe rischiato di cadere a breve, se avesse prevalso l’orientamento attualmente prevalente in Forza Italia. Sarebbe quindi curioso se gli alfaniani, dopo tante tribolazioni, si ritrovassero comunque con la crisi di governo alle porte. Magari, determinata dalla vicenda Cancellieri. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti di Ncd.



Posto che non si dimetta spontaneamente, avete i numeri per garantire la fiducia al ministro Cancellieri?

Il ministro della Giustizia ha la mia personale stima umana e politica, quella del presidente del Consiglio e, a quanto vedo, anche quella del presidente della Repubblica. Ritengo che abbia fatto ciò che era suo compito: segnalare alle strutture del suo ministero, non all’autorità giudiziaria, la verifica di un caso in cui una persona rischiava la vita in carcere per problemi di salute. L’ha fatto per altre 110 persone nei primi tre mesi del suo mandato. I pm che si sono interessati alla questione, e parlo di Giancarlo Caselli non di uno qualunque, non ipotizzano reati. Non vedo i motivi per sue dimissioni né per negargli la fiducia.



Anche se dovesse passare la fiducia, il caso Cancellieri potrebbe successivamente destabilizzare il governo? Ovvero, il Pd potrebbe spaccarsi sulla vicenda o aprire la crisi?

E’ una domanda che va rivolta al Pd, ai suoi dirigenti e al loro senso di responsabilità nei confronti del Paese. Io penso che scaricare le tensioni interne di un congresso di partito sul governo sia un errore grave. Questo governo va misurato sui fatti, ma gli va dato il tempo per produrli. E’ stata chiesta e accordata una fiducia sino al marzo 2015, se falliremo lo giudicheranno gli elettori. Così come giudicheranno chi lo facesse cadere per una convenienza di parte.



Se la vicenda Cancellieri sarà superata con successo, Letta dovrà temere comunque un’imboscata da Renzi?

Letta deve temere che il governo che lui guida non riesca a prendere i provvedimenti per cui è nato, che non riesca a varare una legge di stabilità che diminuisca la pressione fiscale, rilanci le imprese, aiuti le famiglie e i giovani che cercano lavoro. Deve temere che il Parlamento non faccia la riforma elettorale e quella istituzionale. Di fronte a chi fa, non c’è imboscata che tenga. Posto che Matteo Renzi, e non lo credo, abbia voglia di tendergliela.

Può riassumerci i motivi per cui avete deciso di separarvi da Forza Italia?

Anzitutto, la serietà verso l’impegno preso da tutto il partito di dare vita a un governo di larghe intese per portare il Paese fuori dalla crisi. Impegno riaffermato da Berlusconi in prima persona il 2 ottobre al Senato, quando ha distinto il problema della sua decadenza da parlamentare dalla stabilità del governo in nome del grave momento che il Paese sta vivendo. Riteniamo che quelle ragioni non siano venute meno. Che da un mese a questa parte non sia cambiata la situazione, né quella dell’ingiustizia che il presidente Berlusconi sta subendo e contro la quale ci batteremo con forza perché la legge Severino non può essere applicata retroattivamente; né sono mutate le esigenze di lavorare insieme per rilanciare l’economia, sostenere le imprese, dare fiducia alle famiglie, abbassare la tassazione, fare un’effettiva spending review che tagli le spese inutili e permetta quelle produttive come ad esempio gli investimenti in infrastrutture. Primo motivo, quindi, responsabilità verso il Paese.

 

Ci dica gli altri.

Abbiamo voluto assumerci le nostre responsabilità verso i nostri elettori che sono in maggior parte moderati. Forza Italia è nata per unire e rappresentare i moderati, non può diventare un partito estremista, guidato da consiglieri di Berlusconi che si contraddistinguono per gli insulti alle istituzioni. Un partito che non abbia al suo centro la responsabilità verso il bene comune, la moralità del fare, il merito come criterio di selezione della classe politica, la capacità di dialogo fra le diverse sensibilità e culture che lo compongono è un partito nel quale faccio difficoltà a stare, non è il partito in cui ha lavorato questi vent’anni, è un partito senza futuro.

 

Quali sono gli obiettivi del Nuovo centrodestra rispetto all’azione del governo?

Gli stessi per cui nel Pdl abbiamo lavorato appassionatamente in questi sei mesi: passare da una politica di solo rigore a una politica di crescita, abbassare la pressione fiscale, istituire un rapporto non vessatorio tra lo Stato e il cittadino. Quanto ai lavori del Parlamento: riforma elettorale, riforma istituzionale e, senza più alibi per nessuno, riforma della giustizia e soluzione del sovraffollamento disumano delle carceri.

 

Quali sono, invece, le prospettive politico-elettorali del nuovo soggetto? Con chi vi alleerete alle prossime elezioni?

Le prossime elezioni saranno consultazioni europee. Ci presenteremo con il nostro simbolo e da soli.

 

Rispetto alle Politiche, invece, non crede che abbiate una maggiore affinità con l’Udc e con i Popolari di Scelta civica che con Forza Italia e la Lega?

 

No, non abbiamo fatto una scissione, dolorosa per la storia politica e personale di tanti fra noi, per riproporre un nuovo centro o centrino, esperimento di alchimia politica che ha mostrato la corda dopo pochi mesi e su cui gli elettori si sono già pronunciati eloquentemente. Il nostro primo compito è ricostruire un grande centrodestra.

 

State pensando alla costruzione di una forza politica in cui confluiscano le esperienze e le sensibilità dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà?

L’Intergruppo è un’esperienza di collaborazione fattiva fra persone di diversi partiti e culture che intendono mettere in pratica nel confronto, nel dialogo e nella convergenza su alcune proposte di legge il principio di sussidiarietà. Il fatto interessante dell’Intergruppo è proprio l’eterogeneità politica di chi vi partecipa. Non ha mai avuto né ha la pretesa di diventare una proposta politico-partitica. Negherebbe la sua ragion d’essere e la sua storia. E sarebbe la fine di un’esperienza fondamentale per tutti noi.

 

(Paolo Nessi)