Da stravaganza improponibile, a opzione concreta ma improbabile, fino ad unica via di fuga possibile: sono le tappe evolutive della proposta di cancellare con un tratto di penna l’attuale sistema elettorale, per tornare a quello precedente. Ad oggi, il Parlamento ancora non è riuscito a riformare la materia, mentre incombe il pronunciamento della Corte costituzionale che, il 3 dicembre, potrebbe definire il Porcellum o parte di esso illegittimo. Sia che entri nel merito, sia che si limiti – come sembra probabile – a fornire un indicazione di metodo generica, i margini di manovra del mondo politico saranno estremamente risicati. La pregiudiziale del doppio turno di coalizione posta dal Pd è stata bocciata, mentre ogni altra soluzione non sembra ormai più praticabile. Solo il Mattarellum potrebbe andar bene alla maggioranza dei parlamentari. Per il semplice fatto che, essendo già stato adottato, per lo meno è noto a cosa si va incontro. Certo, anche i problemi che potrebbe creare sono noti. A partire dall’elevato rischio di non riuscire a mettere insieme una maggioranza di governo. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Roberto D’Alimonte, docente di Sistema politico italiano presso l’Università di Firenze.
Cosa accadrebbe con il Mattarellum?
Se ci fossero tre partiti forti, ciascuno posizionato attorno al 25 per cento dei consensi – ovvero una situazione analoga a quella che si è prodotta con le elezioni del 2013 -, il Mattarellum rendebbe impossibile la determinazione di una maggioranza. E’ evidente, infatti, che se i poli sono tre e non è contemplato un premio di maggioranza a chi ottiene più voti, il rischio di stallo è forte. Tuttavia, il Mattarellum è altresì un sistema elastico che, in particolari circostanze, fa sì che le maggioranze si creino, eccome.
Ci spieghi.
Se un partito (o una coalizione) prendesse tra il 35 e il 40 per cento di voti, e se questi voti fossero ben distribuiti sul territorio (questo è il fattore decisivo), potrebbe conquistare una maggioranza superiore a quella del Porcellum. Potrebbe ottenere, addirittura, una percentuale vicina al 60 per cento dei seggi.
Pare difficile che, allo stato attuale, possa esserci una formazione tanto forte e altre due molto più deboli.
Non è vero. Prendiamo il caso che il partito X ottenga il 38 per cento dei consensi; resterebbe da spartirsi il 62 per cento. Se i due rivali maggiori prendessero, per esempio, il 25 per cento ciascuno, avremmo i due partiti sconfitti tutt’altro che irrilevanti.
Perché, alle prossime elezioni, i tre poli non dovrebbero trovarsi in condizioni di parità come a quelle precedenti?
Perché sarà differente l’offerta politica. Alle prossime elezioni, con ogni probabilità, il candidato del centrosinistra sarà Renzi. Se vincerà bene, come credo, le primarie e se saprà rivolgersi agli italiani con una proposta convincente, riuscirà ad andare oltre il 35 per cento.
Il Nuovo centrodestra non potrebbe intercettare i voti di quei moderati che, se Forza Italia fosse rimasta unita, avrebbero votato Renzi?
Anzitutto, va detto che, se il sistema elettorale resta quello attuale, ad Alfano conviene coalizzarsi con gli altri partiti di centrodestra. Se, invece, si passasse realmente al Mattarellum, allora sarebbe obbligato all’alleanza. In caso contrario, sparirebbe nel nulla. Detto questo, chi dovrebbe essere il leader di questa coalizione?
Se Berlusconi, effettivamente, non sarà più a piede libero, la coalizione potrebbe indire le primarie. Per ora, i nomi che circolano sono quelli di Alfano, Tosi e Fitto.
Ecco, appunto. Credo che che, contro costoro, Renzi sia destinato a vincere.
In ogni caso, che legge elettorale vuole Renzi?
Vuole il modello dei sindaci, ma gli sarebbe andato bene anche il doppio turno di lista. L’ipotesi, tuttavia, è stata bocciata dalla commissione Affari costituzionali del Senato. Tornerà, comunque, alla carica con un’opzione analoga. Gli può andar bene anche la Legge Mattarella e, se si manterrà l’attuale sistema, non ne farà un dramma. L’unico sistema che non potrà mai accettare, è il proporzionale, voluto invece dai partiti minori come quello di Casini o di Alfano per garantirsi la sopravvivenza politica.
A questo punto, esistono ancora margini di manovra per poter modificare il Porcellum?
Non direi. Ormai, non resta che attendere, il 3 dicembre, la decisione della Corte costituzionale. Al Parlamento non resterà altro che adeguarsi all’eventuale pronunciamento.
(Paolo Nessi)