“Parlando al telefono con la compagna di Salvatore Ligresti, il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, non ha commesso alcun illecito. La sua azione si è qualificata sotto forma di semplice intervento umanitario, ma non ha compiuto nessuna pressione sui funzionari pubblici del Dap”. Lo afferma Carlo Federico Grosso, professore di Diritto penale all’Università di Torino, a proposito della vicenda che vede come protagonista il ministro della Giustizia. Gabriella Fragni, compagna di Ligresti, si è rivolta alla Cancellieri per chiedere la scarcerazione della figlia Giulia, in cella per il caso Fonsai, di cui Pier Giorgio Peluso, figlio della Cancellieri, era direttore generale.



Professor Grosso, ritiene che il ministro Cancellieri sia andata oltre le sue funzioni abusando in qualche modo del suo potere?

Esprimere un giudizio sulla rilevanza giuridica del comportamento del ministro non è così facile. In primo luogo, da parte della Cancellieri non c’è stata una pressione sull’autorità giudiziaria per ottenere la scarcerazione di Giulia Ligresti. Lo stesso procuratore di Torino, Giancarlo Caselli, ha decisamente smentito questa ipotesi. Restando sempre al livello dei contatti tra il ministro e i funzionari pubblici del Dap, non c’è stata una sollecitazione per ottenere i provvedimenti giudiziari. C’è stato semplicemente un intervento “umanitario”, volto cioè a comprendere il trattamento carcerario di Giulia Ligresti che era affetta da malattia. Da parte del ministro non ci sono quindi stati dei comportamenti illeciti.



Secondo lei i comportamenti del ministro sono stati opportuni?

Il ministro Cancellieri era amica della compagna dell’imprenditore Salvatore Ligresti. Dal momento che in quanto ministro ha dei poteri specificati dalla legge sull’organo giudiziario, sarebbe stato più opportuno se non avesse intrattenuto rapporti personali in una vicenda che riguardava un carcerato. Al contrario sarebbe stata buona norma di cautela evitare contatti di questo tipo. Una volta che i contatti sono avvenuti, o che comunque il ministro ha ricevuto una chiamata, sempre per motivi di opportunità, mi sembra che sarebbe stato prudente non assumere nessuna iniziativa nei confronti di funzionari dello Stato. Sul terreno dell’opportunità mi sembra che ci sia effettivamente qualche critica da muovere. Diverso è invece valutare l’eventuale illiceità del comportamento del ministro.



Lei prima ha accennato ai legami di amicizia del ministro. Quanto pesa questo aspetto?

Questo aspetto avrebbe dovuto a maggior ragione spingere il ministro a un comportamento prudente e di cautela. Ciò infatti aggrava la valutazione sull’inopportunità derivante da contatti di questo tipo. Poiché però non c’è stata nessuna interferenza nella gestione di un’attività pubblica, in particolare di tipo giudiziario, stando a quanto letto sui giornali si rimane comunque sul terreno della maggiore o minore opportunità di quanto compiuto dal ministro. Ma non è avvenuto nessun travalicamento sul terreno di comportamenti censurabili anche dal punto di vista tecnico-giuridico.

 

Che cosa ne pensa del fatto che le telefonate del ministro della Giustizia sono state intercettate dai magistrati?

Il ministro della Giustizia non gode dell’immunità dei parlamentari. Nel caso di questi ultimi per potere eseguire un’intercettazione diretta occorre l’autorizzazione dal Parlamento. In questo caso però l’intercettazione non era sull’utenza del ministro, bensì della persona con la quale il ministro ha parlato. L’intera storia è emersa da intercettazioni di cittadini vicini a persone indagate o fatte oggetto di provvedimenti di custodia cautelare.

 

(Pietro Vernizzi)