Tre settimane di fuoco. L’8 dicembre le primarie del Pd sanciranno, per mano degli elettori, il segretario del partito. Nel mentre, nei circoli “dem” Matteo Renzi ha avuto la meglio. 46,7% contro il 38,4% di Gianni Cuperlo. Pippo Civati si ferma poco sopra il 9, mentre Gianni Pittella si attesta sotto al 6%. Cuperlo, all’indomani della vittoria del “rottamatore” non ha fatto mancare le frecciatine: “Renzi rappresenta il ventennio passato, che vogliamo lasciarci alle spalle”. Aggiungendo: “Doveva essere un plebisicito, e invece…”. Per Cuperlo la partita è dunque aperta; dalla sua il sindaco di Firenze non tema, parole sue, “i pasdaran e gli avvelenatori di pozzi” e, fiducioso di rappresentare la maggioranza degli elettori dell’area democratica, punta dritto alla segreteria del partito. Ma incombe lo spettro scissione,adombrato a più riprese da D’Alema, e la tenuta del governo, causa anche lo scandalo Cencellieri, potrebbe essere minata dagli sgambetti all’interno del Pd. Per fotografare la situazione attuale e provare a mettere a fuoco le prospettive future del Partito democratico abbiamo contattato Stefano Menichini, direttore del quotidiano Europa.
Matteo Renzi vince nei circoli con il 46,7% contro il 38,4 di Cuperlo che non si fa mancare qualche stoccata al suo avversario: “Matteo riproduce il ventennio passato”.
L’argomento di Cuperlo in questo congresso è di rappresentare il radicamento a sinistra del Partito democratico e rivolge verso Renzi la critica di voler riportare nel Pd quelle posizioni che lui considera di tipo liberale. Cuperlo è l’emblema di coloro che sono convinti che sia pericoloso il carico di personalizzazione che Matteo Renzi mette nella battaglia politica, perché sono affezionati ad un’idea di partito meno liberistica.
Cuperlo ha anche aggiunto: “Non è stato un plebiscito. La partita è tutta da giocare”.
La vittoria di Renzi è piena e da la misura di quale sia nel corpo militante del partito la dimensione di quella che sarà la minoranza se Renzi vincerà le primarie. Ripeto, la vittoria è stata piena: nessuno poteva essere sicuro che lui avrebbe vinto anche nella conta tra gli iscritti, considerando poi quali erano le premesse soltanto fino a pochi mesi fa.
La spaccatura nel partito c’è. E pesano le parole di Massimo D’Alema che continua a ripetere che qualcuno potrebbe andarsene. È realmente così?
Personalmente non credo, non ci sono le condizioni esterne che diano lo spazio per un operazione di questo tipo. E soprattutto non mi sembra che Renzi sia una persona che nega lo spazio politico all’interno del partito. È il contesto generale che mi fa dire che non c’è alcun spazio per una divisione politica. Poi in realtà D’Alema dice un’altra cosa…
Cosa intende?
Ha parlato di abbandoni silenziosi, ma questo è purtroppo un fenomeno che per quanto riguarda la sinistra e il Partito democratico è in corso da molti anni.
Renzi ha detto che se vincerà nulla sarà più come prima. La sensazione è che molti dell’apparato Pd temano di perdere posto e potere.
C’è una resistenza anche comprensibile in quanto l’idea della politica che ha Renzi non prevede un partito con tanti dipendenti, con sedi di grandi dimensioni e grandi spese. È un concetto diverso in cui sicuramente c’è un leader – accentratore d’attenzione – intorno al quale si organizza una squadra; e poi non ci sarebbero tante propaggini come ci sono adesso nel Pd. E in merito…
Prego.
Ricordiamo che quando il Partito democratico è nato, si è dovuto appesantire del gravame dei due partiti che, fondendosi, hanno appunto dato alla luce il Pd (Margherita e Democratici di Sinistra, nda). Quindi è comprensibile che ci siano tanti bravissimi e utilissimi lavoratori dell’apparato di partito che sono preoccupati per questa prospettiva. Ma d’altronde la politica dell’oggi e del futuro dovrà essere più magra.
Renzi la scissione non la vuole, ma non gli farebbe forse comodo scaricare una parte per portare con sé altri. Parte di Scelta Civica forse?
No, Renzi è l’opposto di questo: vuole raccattare voti in maniera trasversale: partendo dalla sinistra, vuole recuperare i voti che sono andati al Movimento 5 Stelle, i voti dei berlusconiani delusi, dei moderati, e vuole tenere ovviamente ben saldo il corpo elettorale del Pd. Non ragiona a compartimenti stagni, ed è proprio questa la sua forza. Considera il bacino elettorale come un insieme al quale vuole rivolgersi in maniera indifferenziata per conquistarlo con le sue capacità comunicative, a prescindere dalle appartenenze politiche.
Veniamo al caso Cancellieri: Renzi ne chiede le dimissioni immediate, mentre Letta ha difeso a spada tratta il suo ministro: la sfiducia sarebbe un voto contro il governo, ha detto.
E’ un derby in corso in cui Renzi deve dimostrare che da adesso in poi bisogna fare i conti con lui, mentre Letta deve reggere su una posizione di solidarietà verso il proprio ministro che ha difeso sin dal primo momento. Vedremo se si troverà una via mediana perché entrambi abbiano soddisfazione, ma in questo momento non si può sapere come andrà a finire.
(Fabio Franchini)