E’ stato un po’ come se, alla comunione dei nipoti, fossero mancati i nonni. Solo che, in questo caso, i nipoti speravano fortemente che i nonni, nel raggiungere la festa, almeno si rompessero un femore. Alla convenzione del Pd  di domenica, in cui sono stati proclamati i candidati ufficiali alla segreteria (Renzi, Cuperlo e Civati) mancavano tutti i big del partito: D’Alema, Veltroni, Bersani, Bindi, Finocchiaro e Fioroni (lui, giustificato). Tra i capi storici, ma dal peso tutto sommato imparagonabile ai precedenti, c’era solo Franceschini. E, ovviamente, il segretario ad interim Epifani. Fabio Mussi, Presidente dell’ufficio di presidenza nazionale di Sel, se fosse rimasto nel Pd farebbe parte anche lui della dirigenza anziana. Gli abbiamo chiesto cosa ne pensa del comportamento dei suo vecchi compagni.



Com’è possibile che nessuno si sia presentato?

Avranno avuto tutti da fare qualcos’altro. Precedenti e inderogabili impegni…

Più importanti della presentazione della rosa che contiene il futuro capo del partito?

Effettivamente, la vicenda è decisamente singolare. Peraltro, conoscendoli, escludo che si siano telefonati a vicenda per mettersi d’accordo sul non andare.



Cosa intende con questo?

Beh, diciamo che i rapporti tra costoro non sono propriamente buoni. E non da oggi.

In ogni caso, che senso ha l’episodio di domenica?

Direi che è andato in scena il dramma involontario di un’intera generazione di dirigenti che si è autoesclusa.

Eppure, sembravano piuttosto battaglieri nel non farsi rottamare.

Cosa le devo dire? E’ indubbio che, fino a poco tempo fa, abbiano aspramente incrociato le lame con le nuove leve. Poi, tutti insieme, hanno dato forfait. E’ evidente, quindi, che ci sia stato – per così dire – un improvviso cedimento strutturale.



Con la loro autoesclusione, i dirigenti anziani del Pd hanno chiuso un capitolo della storia del partito?

Mancavano tutti, il colpo d’occhio è stato forte. L’immagine indotta, effettivamente, è proprio quella di una parte della storia della sinistra che si conclude. Insomma, si sono rottamati da soli, senza grandi sforzi. Devo aggiungere, in ogni caso, che lo spettacolo andato in onda non ha di certo dato mostra di grande stile.

Perché no?

Lo stile avrebbe voluto che queste persone, avendo avuto e avendo tuttora importanti responsabilità, si presentassero; nonostante non potessero aspettarsi nulla di buono da quell’appuntamento. 

 

Nel Pci, sarebbe mai accaduta una cosa del genere?

Per carità, non facciamo improbabili paragoni. Nel Pci ci furono congressi e battaglie politiche durissime, ma a nessun dirigente sarebbe mai passato per la testa di non presentarsi ad un evento tanto importante. Va anche detto che, nel Pci, le correnti erano proibite. C’erano correnti segrete, su piattaforme pubbliche; tutti, infatti, sapevano cosa volessero Ingrao, Amendola, o Lama. Nel Pd, invece, ci sono correnti pubbliche su piattaforme segrete: nessuno ha mai saputo esattamente cosa volessero i diversi capicorrente o in cosa si differenziassero tra loro.

 

E con i nuovi candidati alla segreteria, cambia qualcosa?

Non particolarmente. Ciò che non è chiaro, a dire il vero, è cosa ne sarà della sinistra italiana. D’altra parte, il Pd nacque togliendo la parola “sinistra” dal nome. Il progetto politico nasceva come imitazione dell’esperienza americana. In Europa, infatti, il Partito democratico non esiste. Ci sono socialisti, i popolari, i liberali e via dicendo.

 

Cosa ne sarà del Pd con la vittoria di Renzi?

Francamente, posto che un capitolo sia stato archiviato (anche se non escludo del tutto che alcuni dirigenti anziani possano essere ricandidati), è pressoché impossibile dire cosa ne sarà del Pd con Renzi segretario perché, anche di Renzi, è pressoché impossibile capire cosa pensi esattamente.

 

(Paolo Nessi)