Non si può certo dire che abbia arringato la folla con particolare afflato emotivo; l’ultimo discorso da senatore di Berlusconi non ha infuocato gli animi e, anche se in qualche momento la verve non è mancata, ha dato l’impressione, più che altro, di essersi voluto affidare a un canovaccio sperimentato: frasi rimandate a memoria e a memoria conosciute pure dai suoi più strenui sostenitori, come fosse un’occasione qualunque, come se, ormai, si fosse assuefatto a se stesso. Perché? Lo abbiamo chiesto a Mario Morcellni, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma.



Come sarà interpreta, nell’immaginario collettivo, la giornata di ieri?

Va detto, anzitutto, che gli italiani sono un popolo che dimentica facilmente. Detto questo, c’è un elemento che milita contro una sostanziale rimozione: la storia è stata troppo lunga e accidentata. Molta gente non ne può più. Tutto ciò, ovviamente, non vale per quegli elettori che lo hanno seguito a oltranza, anche quando sarebbe sembrata ragionevole una pausa di meditazione. Chi non lo ha abbandonato, e parliamo di milioni di persone, appare indisponibile ad affrontare qualunque verità. Non ci sarà, quindi, una rapida soluzione emozionale e comunicativa del caso.



Quindi, sembra difficile pensare che possa fissarsi nella memoria degli italiani un’immagine analoga al lancio delle monetine contro Craxi

Direi che il confronto non tiene. Quando Craxi fu assalito in maniera plebea, il suo partito viaggiava attorno ad un dieci per cento scarso, mentre Forza Italia è ben oltre; buona parte del Psi, inoltre, si era rivoltata contro Craxi, mentre la maggioranza del movimento di Berlusconi non appare pronta a voltare pagina. In tal senso, Alfano si sta giocando la partita comunicativa più difficile: deve difendere le ragioni giudiziarie di Berlusconi, senza compromettere la propria prospettiva politica. In tutta questa vicenda, in ogni caso, c’è un dato altamente significativo.



Quale?

Il giorno prima della sentenza, solamente due telegiornali su sette hanno dato notizia della pubblicazione dell’esortazione apostolica del Papa, episodio, di per sé, per certi versi ben più importante della decadenza. La maggioranza dei Tg, invece, era invasa da titoli che dipingevano scenari semiapocalittici e situazione di allarme sociale. Il che, l’ha detta lunga su quanto si stia infiammando il clima comunicativo.

Eppure, il discorso di Berlusconi è stato piuttosto giù di tono.

E’ mancata la zampata finale, questo è vero. Per comprendere questa situazione, non si può fare altro che tentare di condividere il pathos di quest’uomo: è impossibile reggere tutti i giorni, ormai da anni, ad uno stress del genere. Non è un caso che, specie ultimamente, assistiamo a performance altalenanti e contraddittorie. Essere all’altezza comunicativa, in una vicenda di questo genere, è logorante anche per lui.

 

Non crede, piuttosto, che abbia tenuto i toni bassi per mera strategia elettorale, ovvero per intestarsi il ruolo di statista che, nonostante tutto quello che gli hanno fatto, resta moderato?

No, credo che la dimensione nervosa ed emozionale sia prevalente. Non si spiegherebbe, altrimenti, il discorso del giorno prima in cui, riferendosi alla manifestazione che ci sarebbe stata di fronte a Palazzo Grazioli, affermò minaccioso: «non è che l’inizio». Insomma, non si può essere statisti un giorno e capipopolo un altro. Qualunque strategia comunicativa, ormai, è subordinata e condizionata da una capacità di resistenza nervosa che è al di là delle capacità di ogni essere umano, anche di un leader temprato come Berlusconi.

 

Aver convocato la manifestazione in concomitanza con il voto al Senato è servito per offuscarne l’esito?

L’intenzione era quella. Nei fatti, si è determinato lo straordinario risultato di evitare manifestazioni spontanee.

 

Analogamente, Forza Italia ha indetto la propria convention l’8 dicembre, giorno del congresso del Pd.

Indubbiamente, lo scopo è quello. Tuttavia, nell’immaginario italiano, le primarie del partito sono particolarmente sentite. Berlusconi rischia di riuscire a erodere alla sinistra solo qualche minuto di visibilità, a fronte del rischio di risultare un co-protagonista. 

 

(Paolo Nessi)