Modifica del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari a 460 deputati e 200 senatori, voto di fiducia di competenza soltanto di Montecitorio e una legge elettorale proporzionale con clausola di sbarramento al 5%. Sono le proposte dell’ex presidente della Camera, Luciano Violante, per modificare la Costituzione. L’ipotesi è al vaglio del governo dopo l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza, e il consiglio dei ministri intende presentare un anticipo del progetto di legge generale che ritocchi la Carta fondamentale dello Stato.
Onorevole Violante, ritiene che ci siano le condizioni politiche per modificare la Costituzione?
Sì. Modificare la Costituzione è una necessità inderogabile. Il sistema istituzionale è diventato una gabbia per il Paese. Non riusciamo a rispondere ai bisogni dei cittadini con 945 parlamentari, due Camere che hanno gli stessi identici compiti, con la fiducia votata da entrambi i rami del Parlamento e con la possibilità che ne basti soltanto uno per sfiduciare il governo. Non si può reggere la competitività con gli altri Paesi europei che sono più stabili e più veloci.
Come ritiene che si debba procedere per modificare la Costituzione?
Il governo intende presentare, spero già nei prossimi giorni, un anticipo del progetto di legge generale, che comprenda la riduzione del numero dei parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto. Ritengo che sarebbe giusto farlo subito, in modo tale che il Senato possa incominciare immediatamente l’esame del provvedimento. Quindi, con l’intesa dei presidenti, la legge elettorale potrebbe passare alla Camera.
Lei che cosa ne pensa della proposta in cinque punti che Alfano ha rivolto a Letta e a Renzi?
Mi sembra una cosa ragionevole.
In che modo modificherebbe il bicameralismo perfetto?
Occorre prendere atto dell’empasse che si è verificato in Parlamento sulla legge elettorale. All’origine di questo impasse c’è il fatto che esistono tre poli più o meno con la stessa forza, centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle, e due Camere in ciascuna delle quali va costruita una maggioranza politica. A rendere la situazione ancora più difficile da gestire c’è il fatto che l’elettorato attivo dei due rami del Parlamento è diverso per età.
Lei quali compiti assegnerebbe alla Camera e quali al Senato?
Alla Camera dei Deputati dovrebbe spettare il voto finale su tutte le leggi, eccetto quelle costituzionali, quelle che riguardano l’ordinamento istituzionale e a quelle che riguardano l’ordinamento istituzionale di regioni, province e comuni che dovrebbero restare bicamerali. La fiducia al governo dovrebbe inoltre essere data e tolta soltanto dalla Camera dei Deputati.
Quanti deputati e senatori vedrebbe nella nuova Costituzione?
Ritengo che il loro numero vada ridotto a 460 deputati e a 200 senatori.
Lei è a favore di una repubblica parlamentare o presidenziale?
Sono a favore di una repubblica parlamentare, perché quella presidenziale è troppo rigida e non ha un risolutore delle crisi e dei conflitti in quanto il presidente è parte del conflitto. Basti pensare alle difficoltà di Hollande in Francia o di Obama negli Stati Uniti. In quei sistemi non c’è un arbitro della crisi, mentre quelli parlamentari hanno l’intelligenza di individuare nel capo dello Stato il soggetto che è fuori dal conflitto politico e che ha la capacità di aiutare la soluzione delle crisi.
Come modificherebbe il sistema giudiziario?
Attribuirei la competenza disciplinare dai vari organismi di autogoverno interno, tanto per la magistratura ordinaria quanto per la Corte dei Conti e la giustizia amministrativa, a un organismo esterno quale un’Alta Corte disciplinare che tra l’altro sia competente a giudicare anche nei confronti dei ricorsi degli organi di autogoverno. Trovo infatti ridicolo che, attraverso i ricorsi, sia di fatto il Tar a stabilire chi debba svolgere il ruolo di Procuratore o presidente di un Tribunale.
Il Titolo V della Costituzione blocca tutti i tentativi di tagliare gli sprechi degli enti locali. Lei ritiene che vada modificato?
Non è questo il vero problema. E’ l’intero sistema della finanza pubblica che va rivisto, ma non mi pare che ci sia un eccesso di autonomia finanziaria delle Regioni. Anche se non nego che molto spesso ci siano sprechi, basti pensare alle retribuzioni dei consiglieri regionali.
Come modificherebbe la legge elettorale?
Penso a un sistema proporzionale con clausola di sbarramento al 5 percento, un solo voto di preferenza e, eventualmente, un secondo di genere; chi prende il 45 percento dei seggi, da solo o in coalizione, ha diritto al 55 percento dei seggi stessi, se nessuno raggiunge questa soglia si fa il ballottaggio tra i primi due per l’attribuzione di quel 55 per cento.
(Pietro Vernizzi)