Ormai da anni, qualunque tentativo di dare al Pdl una prospettiva che superi il berlusconismo si infrange con la volontà di Berlusconi stesso di perpetuarsi in eterno. Per l’ennesima volta, ha soffocato nella culla i suoi potenziali successori; lo ha fatto azzerando il Pdl e i suoi vertici, e annunciando che, per l’ennesima volta, sarà lui a guidare il partito. Abbiamo fatto il punto sulla situazione Gianfranco Rotondi, deputato di Forza Italia.



E’ stata rifondata Forza Italia. Tuttavia, molti parlamentari, come Giovanardi, ritengono di stare ancora nel Pdl. Vi siete divisi in due partiti?

Dal ’92 c’è solo Berlusconi. Per il resto, si tratta di insegne che lui affigge fuori dalla propria porta. La sua formazione ha ereditato il blocco sociale della Dc e dei suoi alleati; ora si chiama Forza Italia, ma potrebbe chiamarsi anche Democrazia liberale o in qualunque altra maniera che non cambierebbe niente: l’offerta resa all’elettorato rimane la stessa, ovvero la sostituzione di un partito a guida collegiale con un movimento a carattere carismatico. Si dà il caso che, generalmente, i carismi si consumano, mentre Berlusconi è ancora in forma smagliante. Io ne sono contento, Giovanardi un po’ meno. Insomma, parlare di Forza Italia o Pdl a prescindere da Berlusconi è come parlare di sigle senza alcun senso.



E i cosiddetti governativi e i senatori che hanno firmato per sostenere l’esecutivo a oltranza non esistono?

Certo che esistono. Si tratta di parlamentari che considerano la prosecuzione della legislatura come una priorità e preferiscono allungare la vita a Letta che continuare con Berlusconi l’avventura che ricomincia con Forza Italia. E di certo, nei loro confronti, non mi permetto di dare valutazione morali né di gridare al tradimento come è stato fatto in questi giorni.

Secondo lei sostenere il governo e seguire Berlusconi sono due opzioni inconciliabili?

Per nulla. Mica si può dare per scontato che Forza Italia passi all’opposizione. L’importante è che Letta sappia che Forza Italia è Berlusconi. Quando dice che dal 2 ottobre il suo interlocutore è diventato Alfano ha fatto, da un lato, una furbizia ma, dall’altro, si è condannato a ricevere da Berlusconi un trattamento che Berlusconi stesso non vorrebbe riservargli.



Quando sarà votata la decadenza, come si comporterà?

Berlusconi è imprevedibile e lo sarà anche in questa occasione. Non è detto che cerchi di far cadere il governo, né che il governo cada. Quei 23 senatori, infatti, ci sono, e magari ce né anche qualcuno in più.

 

Che convenienza avrebbe a far cadere il governo, dato che per effetto della condanna a due anni di interdizione dai pubblici è comunque incandidabile?

Berlusconi non ragiona in termini di vantaggio, ma di interessi del paese. Se il governo fa cose buone, Berlusconi sarà il primo a riconoscerle e a non legare la sua sopravvivenza alla pur scandalosa vicenda della decadenza. Se la premessa, tuttavia,  è che questa legge di stabilità che tortura li ceto medio, aumentando per l’ennesima volta il livello di imposizione fiscale, resti inalterata, vien da pensare che non c’è spazio per alcuna ulteriore riflessione.

 

Alfano e gli altri vostri ministri si definiscono sentinelle antitasse.

Mi pare che neanche loro abbiano particolarmente gradito questa legge. 

 

Lei, nel partito, da che parte sta?

Sono schiettamente dalla parte di Fitto. Mi fido del suo tentativo di dare un contenuto politico alla fondazione di Forza Italia. Non mi pare giusto, detto questo, prendersela con Alfano e i suoi, bersagliarli e considerarli traditori.

 

Il tentativo di Alfano di conquistare il partito e affermare una linea moderata ed europea che fine ha fatto?

Posto che mai sia esistito, è fallito: è evidente che il partito è saldamente in mano a Berlusconi. Ritengo, tuttavia, legittima la sua richiesta di garanzie per i parlamentari che seguono il suo indirizzo. Bisogna tenere conto dell’esistenza di una componente guidata da Alfano con una sensibilità diversa dal resto del partito. Rispetto all’europeismo, da democristiano, mi chiedo cosa avrebbero da dire, oggi, Adenauer, De Gasperi e Shuman. So soltanto che Helmut Kohl ha affermato che la Merkel, di cui è stato il maestro, non è in grado di esprimere una visione comune dell’Europa perché, semplicemente, non l’ha capita.

 

(Paolo Nessi)