L’esecutivo di Enrico Letta si fonda su un paradosso: le larghe intese gli conferiscono la maggioranza più ampia che un governo, in Italia, abbia mai avuto; tuttavia, le fratture interne al Pdl e al Pd, gli interessi contrapposti delle due formazioni, e la vicenda berlusconiana, fanno sì che sia messo perennemente in difficoltà dagli stessi partiti che lo sostengono. Ora che si avvicinano il voto sulla decadenza di Berlusconi e le primarie che, con ogni probabilità, incoroneranno Renzi segretario del Pd (che, dal canto suo, non ha perso una sola occasione per contestare l’operato di Letta), la faccenda si complica. Abbiamo chiesto a Pierpaolo Baretta, sottosegretario al ministero dell’Economia, se la sopravvivenza dell’esecutivo sia effettivamente a rischio.
Potrebbe essere, a breve, il Pdl a farlo cadere?
Come ha detto il premier Enrico Letta, siamo abituati a vivere in un clima di perenne instabilità. Tuttavia, credo che tutte le forze politiche siano consapevoli del fatto che non esistano, in questo momento, reali alternative a questo governo. Con questa legge elettorale, e con la situazione economica ancora precaria, una crisi politica avrebbe conseguenze preoccupanti. E questo, a prescindere dalla qualità del governo, che pur sta lavorando bene. Verosimilmente, quindi, le continue fibrillazioni politiche finiranno per non essere in grado di mettere in crisi l’esecutivo. Se mai dovessero farlo, l’assunzione di responsabilità di chi se ne fosse reso artefice sarebbe notevole.
A proposito di legge elettorale, riuscirete realmente a cambiarla?
Dobbiamo. Andare a votare con queste legge, considerando che i poli esistenti sono tre, determinerebbe una nuova situazione di instabilità. C’è sempre una via di fuga, che consiste nell’abolizione dell’attuale sistema, per tornare a quello precedente. Ma si tratterebbe di un esercizio di assenza coraggio. Molto meglio preservare un impianto bipolare, introducendo il doppio turno.
Se Renzi vince e chiede le elezioni anticipate, cosa succede?
Le parole hanno un peso e tutte le dichiarazioni di Renzi delle ultime settimane hanno denotato la volontà di impostare una campagna elettorale che non ha di certo l’obiettivo di far cadere il governo. La prova di questo sta nel fatto che si ricandiderà a sindaco di Firenze. Anche tutte le sue critiche di merito all’operato dell’esecutivo non hanno di certo riflesso l’intenzione di far precipitare la situazione.
Se Renzi diventa segretario del Pd, le sue critiche al governo avranno un peso maggiore. Che dialettica si instaurerà tra Letta e il principale partito che lo sostiene?
E’ evidente che sia il governo che i partiti vivono una fase di transizione, incertezza e fatica; nonostante questo, le critiche saranno semplicemente assunte per quello che varranno, e accolte laddove gli oneri di sostenibilità finanziaria lo permetteranno.
Al Pdl, in particolare, questa legge di stabilità non va bene. Ci sono margini per cambiarla?
Non sono così convinto che al Pdl non vada bene. Al suo interno, le posizioni sono numerose ed eterogenee. Di certo, nel rispetto dei saldi, siamo disponibili a migliorarla.
Secondo lei, cosa si può modificare?
La parte sul cuneo fiscale. E’ ipotizzabile distribuire in maniera diversa le risorse disponibili, e potenziare il taglio.
Come mai il suo partito, nell’ambito dei congressi locali in vista di quello nazionale che eleggerà il segretario, non riesce a far rispettare le regole (da tutta Italia fioccano segnalazioni di gravissime irregolarità nei tesseramenti)?
Guardi, credo che si tratti di episodi gravi, che vanno condannati. Credo anche che la vicenda fa parte di un problema molto più complesso: la politica non troverà mai pace finché non riuscirà a rinnovarsi completamente.
(Paolo Nessi)