“Renzi non entrerà in rotta di collisione con Letta ma lo incalzerà molto, gli starà addosso. Il presidente del consiglio percepirà di avere accanto a sé un segretario che non gli attutirà i conflitti, ma questo non porterà a una scissione interna al Pd. Anche perché in questo momento chi volesse voltare le spalle al partito non avrebbe nessun altro posto in cui andare”. Lo prevede Peppino Caldarola, ex deputato Ds ed ex direttore de l’Unità. Ieri Renzi ha presentato la sua squadra composta da Lorenzo Guerini come portavoce della segreteria, Luca Lotti nel ruolo di coordinatore, Stefano Bonaccini agli enti locali, Chiara Braga (ambiente), Alessia Morani (giustizia), Pina Picierno (legalità e sud), Filippo Taddei (responsabile economico), Davide Faraone (welfare e scuola), Francesco Nicodemo (comunicazione), Maria Elena Boschi (riforme), Federica Mogherini (Europa), Debora Serracchiani (infrastrutture) e Marianna Madia (lavoro).



Fino a che punto conta l’aspetto dell’immagine nella scelta di puntare su un gruppo di 35enni e su sette donne?

Renzi punta sull’effetto annuncio dovuto alla giovane età di quasi tutti i membri della segreteria e sulla prevalenza del numero delle donne. Con questo il nuovo segretario del Pd lancia un messaggio di cambiamento molto forte. Nel complesso la segreteria appare come uno staff del segretario, più che come un summit, nel senso che perde il ruolo di luogo in cui si riunivano i maggiorenti del partito. Si tratta soprattutto di persone preparate nei loro campi, ma che non hanno ancora macinato molta strada, e questa la considero una scelta positiva.



Quali sono i nomi di questa squadra che l’hanno colpita di più?

Federica Mogherini è sicuramente un’esperta di politica internazionale con un profilo forte e delle grandi qualità. Altri come Luca Lotti sono personaggi notoriamente legati a Renzi. Marianna Madia fu scelta con grande scalpore da Veltroni, e nelle ultime due legislature si è ben specializzata sui temi del lavoro rispetto ai quali ha anche avuto ampi riconoscimenti.

Secondo lei a quali scelte nel campo del lavoro prelude la nomina della Madia?

Renzi vorrà attuare quelle scelte che ci si aspetta dal leader di un partito moderno di centrosinistra, non ponendosi al seguito di un sindacato ma dialogando criticamente con i rappresentanti dei lavoratori. Non mi aspetto un Renzi aggressivo nei confronti di Cgil, Cisl e Uil, quanto piuttosto un segretario che non prenda le loro decisioni come la tavola della legge. Nei prossimi mesi assisteremo a un confronto-conflitto tra Renzi e il sindacato che sono sicuro risulterà piuttosto interessante.



Renzi ha detto che “il ritiro della fiducia (al governo) non è all’ordine del giorno”. Che cosa ne pensa di questa affermazione?

E’ una dichiarazione di “bon ton”. Renzi sa perfettamente che la prima cosa che deve imporre come segretario del partito che ha la maggioranza dei seggi alla Camera e la quota maggiore nel governo è una legge elettorale senza la quale non è prevedibile una nuova consultazione. Renzi non entrerà in rotta di collisione con Letta ma lo incalzerà molto, gli “starà addosso”. Il presidente del consiglio percepirà di avere accanto a sé non il segretario che gli attutisce i conflitti, bensì quello che gli pone dei problemi che dovrà poi risolvere come premier di un governo a prevalenza Pd.

 

La maggioranza reggerà fino almeno al 2015?

Il tema della durata del governo dipenderà molto dal dibattito intorno alla legge elettorale. Non bisogna fingere di non vedere quello che è accaduto. La legge elettorale che ha prodotto il Parlamento è stata dichiarata non costituzionale dalla Consulta. Non c’è una decadenza “ope legis” del Parlamento, ma si pone il problema politico di rifare rapidamente una Camera e un Senato eletti limpidamente in modo coerente rispetto alle regole costituzionali. Per il resto è tempo perso provare a immaginare la durata del governo, ciò che dobbiamo fare è cambiare il Porcellum. Noi ci troviamo di fronte a una marea montante di protesta sociale, che se si caricasse anche del tema dell’illegittimità delle istituzioni diventerebbe esplosiva e forse eversiva.

 

Per Renzi “non ci sono potenziali rischi per l’unità del partito”. E’ davvero così?

Chi oggi avesse in animo di voltare le spalle al Pd non saprebbe dove andare. Un’eventuale fusione con Sel di Vendola incontrerebbe un partito in una crisi di leadership abbastanza profonda. Il tema della scissione non si pone perché non c’è in campo un suo eventuale promotore. Poiché lo conosco di persona, mi sento di escludere che Cuperlo possa anche solo pensare in questa prospettiva. Andarsene dal Pd vorrebbe dire fare nascere un partitino del 3%, del tutto ininfluente, e quindi a tutti gli oppositori di Renzi conviene fare l’opposizione dentro al Pd.

 

(Pietro Vernizzi)