Ne uccide più la lingua della spada” è un aforisma che si perde nella notte dei tempi. E che si rivela di grande attualità nel difficile periodo storico che stiamo vivendo, in cui la parola “crisi” è la più pronunciata a proposito di qualunque attività del vivere civile: crisi dell’economia, crisi della politica, crisi del lavoro, crisi della famiglia, crisi della scuola e dell’università, crisi del welfare, crisi delle arti…e chi più ne ha più ne metta. Ma la sua attualità è ancora più bruciante se la mettiamo in relazione con quanto sta avvenendo sul fronte della comunicazione politica. Infatti, l’ultima novità del comico-tribuno Beppe Grillo è la moderna riscoperta dell’uso medioevale della gogna: indicare al pubblico ludibrio giornalisti – a suo dire – colpevoli di calunniare lui e il suo movimento, anche solo per avere espresso dei giudizi politici. In molti si sono già esercitati nel ricordare a quanti diversi tipi di barbarie hanno portato le liste di proscrizione che sono state create nel corso della storia. Qui intendo occuparmi soprattutto dei riflessi sulla convivenza civile causati dall’uso aggressivo delle parole, e certamente non di politica in senso stretto, visto che ogni giorno a Pubblicità Progresso ci sforziamo di usare la comunicazione e la pubblicità per promuovere la coesione sociale, nel tentativo – in spem contra spem – di contribuire alla soluzione di problemi civili, educativi e morali della comunità, ponendo la comunicazione al servizio della società. Ricordandoci sempre che, per gli antichi greci, politiké tekne significava “l’arte di vivere insieme”!



Occorre innanzitutto notare che molte delle osservazioni di Grillo sono ampiamente condivisibili: se siamo arrivati ad un punto così basso della nostra storia civile ed economica, è certamente a causa della notevole inefficienza di una intera classe politica e anche manageriale, che nel migliore dei casi si è dedicata al voto di scambio, a sfruttare rendite di posizione, a succhiare energie e risorse dal bilancio dello Stato, a favorire i propri amici e le proprie lobby, ignorando quasi sempre il concetto di bene comune. Dopo aver assistito a questo colossale sperpero di un così consistente patrimonio, oggi ci tocca pure l’ulteriore umiliazione di venire a sapere che anche molto ben pagati rappresentanti delle istituzioni erano usi farsi rimborsare sia costose cene che scontrini del bar da 1,5 euro.

A fronte di tutto ciò, è evidente che anche al più mite cittadino (che magari fa fatica a trovare i soldi per il latte dei suoi piccoli) venga voglia di imbracciare un bastone, o di ripristinare almeno l’antico rito delle pece e delle piume. Difficile immaginare quindi che una forza politica nata sull’onda della protesta popolare si lasci scappare l’occasione di incrementare il proprio bottino di voti spingendo a fondo sul pedale del malcontento. Dal punto di vista della comunicazione, poi, Grillo ha molte armi in più di qualunque suo avversario politico, visto che è capace di far riflettere sul fatto che il re è nudo facendo ridere a crepapelle. In questo è certamente allineato con i più innovativi professionisti della comunicazione sociale del mondo, che riescono a far riflettere su tematiche difficili come l’AIDS, la violenza sulle donne o la disabilità grave, ricorrendo innanzitutto all’ironia. Detto questo, non può non destare una seria preoccupazione – in chi è sinceramente interessato alla tenuta del tessuto sociale – il fatto che le crescenti intemerate verbali, le liste di proscrizione, gli insulti al Capo dello Stato e via discorrendo, rischino di trasformarsi in vere e proprie mine poste alle fondamenta del sistema democratico. Già le assai curiose tesi di Casaleggio sulla democrazia delle rete ne sono una riprova, visto che il suo approccio al web nasconde – e nemmeno così bene – l’idea che nella rete c’è la soluzione di tutto… purchè ci siano loro a guidarla! (Lo si capisce bene da cosa succede quando sul web qualcuno dei loro adepti si permette di non essere d’accordo…).

Purtroppo queste contraddizioni, evidenti ai più riflessivi e ragionevoli, vengono immediatamente sommerse dall’ipocrisia della prassi politica che Grillo ha buon gioco nello stigmatizzare ogni giorno. Il fatto che le forze politiche maggiori abbiano deciso di occuparsi seriamente della legge elettorale solo dopo che la Corte Costituzionale ha suonato la campanella della fine della ricreazione e che solo a fronte di preoccupanti manifestazioni popolari e alla pressione costituita dall’aria nuova che gira nella segreteria del PD si comincino a tagliare un po’ i costi della politica, tutto ciò costituisce un oggettivo rifornimento di munizioni per la battaglia grillina.

Se la vittoria di Renzi esprime soprattutto un diffuso desiderio di cambiamento, è chiaro che l’arma più forte del neo-segretario è costituita dal fatto di non essere stato coinvolto nei disastri della classe dirigente al potere da molti anni. Anche il suo linguaggio è più fresco, più chiaro, pieno di riferimenti divertenti ai cartoni animati più popolari. Ma rimane all’interno di un confronto che può essere aspro, ma sempre civile. Per il resto…è ancora tutto da vedere. Dal canto suo, esprimendo intenti ben più rivoluzionari, Grillo sostiene che il suo movimento, anche con le sue modalità di aggressione verbale, è il cuscinetto che impedisce la rinascita delle brigate rosse, incanalando la protesta in forme non sanguinose. Anche in questo può esserci del vero, ma è altrettanto vero che il veleno della totale delegittimazione di chi non la pensa come lui può rivelarsi una bomba atomica a scoppio ritardato per l’intera democrazia italiana. Se stiamo sempre al linguaggio, non si può non osservare con un certo sgomento che ora altre forze politiche, con tradizione decisamente più governativa (nel senso che hanno abitato per anni i piani alti delle istituzioni) hanno deciso di sposare il suo linguaggio, facendo a gara a chi minaccia di più e a chi la spara più grossa.

Siamo oramai ad un bivio che non porta da nessuna parte: da un lato la violenza armata, dall’altra quella verbale.

La faticosa strada della convivenza civile, pur nel confronto di posizioni differenti, sembra interessare sempre meno. Eppure proprio colui che è appena stato nominato “Uomo dell’Anno” da Time, vale a dire Papa Francesco, si erge con tutta la sua statura morale a difesa di chi ancora crede nella necessità di una coesione sociale imperniata su valori condivisi. In una delle sue recenti omelie nella cappella di S.Marta ha ricordato che “incontrando Gesù, gli abitanti di Nazaret, che tanto lo ammiravano, pretendevano lo spettacolo per credere in lui. Così Gesù li rimproverò della loro poca fede e loro si sono arrabbiati, tanto. Si sono alzati, e spingevano Gesù fin sul monte per poi buttarlo giù, per ucciderlo… Davvero significativo il clamoroso mutamento: avevano cominciato con la bellezza, con l’ammirazione, per finire con un crimine: volendo uccidere Gesù. Questo per la gelosia, l’invidia, tutte queste cose (…). Questo non è un fatto successa duemila anni fa: questo succede ogni giorno nel nostro cuore, nelle nostre comunità… E invece non bisogna mai rischiare di uccidere con la lingua”.

Pensandoci un attimo, la frase “pretendevano lo spettacolo” è perfetta anche per stigmatizzare il meccanismo della ricerca dell’audience ad ogni costo: in fin dei conti, che differenza c’è tra lo sfruculiare a ripetizione nelle pieghe del delitti più atroci pur di raccogliere un po’ di telespettatori e l’aizzare le folle contro le istituzioni o i giornalisti sgraditi pur  di raccogliere un po’ di voti? E’ anche grazie a questo tipo di miserevoli scambi che siamo arrivati così in fondo alla scala dei valori sociali. Le centinaia di migliaia di voti di preferenza di “statisti” del passato erano segni di stima o non piuttosto forme di ringraziamento per assunzioni nella pubblica amministrazione, senza badare a merito e competenza? La grave responsabilità di aver puntato sempre e comunque ad una visione a breve, ad un risultato e a un tornaconto immediato, nella politica come nell’impresa, è stato certamente uno dei principali delitti di ieri. Ma è poi così diverso dallo sparare su tutto e su tutti di oggi, con l’obbiettivo di raccogliere un po’ di voti in più? Da molte parti si sostiene che il paese va rifondato. Ma da troppe parti si pensa che si possa farlo semplicemente usando le parole come armi.

Molti pensano che “Ne uccide più la lingua che la spada” sia un semplice proverbio. Lo è diventato, ma le sue radici stanno nella Bibbia, al Capitolo 28 del Libro di Siracide:

 

17Se una frusta ti colpisce, ti lascia il segno 
sulla pelle, ma se ti colpisce la lingua, ti spezza le ossa.
18La spada uccide tante persone, 
ma ne uccide più la lingua che la spada.

19Fortunato chi è al riparo dei suoi colpi
e chi non ha provato il suo furore, 
chi non ha dovuto portare il giogo della lingua
e non è mai stato legato con le sue catene. 
20Il giogo della lingua cattiva è un giogo di ferro
e le sue catene sono catene di bronzo.
21Meglio la morte che ascoltare una lingua simile, 
perché la morte con cui ti colpisce è terribile.

Un’ultima riflessione riguardo al fatto che Papa Francesco sia stato indicato da Time come “Uomo dell’Anno”: probabilmente, ciò che ha colpito è stato il fatto che il prete Bergoglio è rimasto lo stesso quando è diventato Cardinale, e ancora lo stesso quando è diventato Papa. La sua attenzione ai poveri, il suo modo di vivere modesto, sono rimasti identici. In un mondo in cui i responsabili di importanti istituzioni hanno mentito ai cittadini, i vertici di grandi banche hanno mentito a clienti e azionisti, continuando poi a comportarsi come prima, il Pontefice predica la povertà della Chiesa…ma contemporaneamente chiude con lo Ior degli scandali, cambia radicalmente la governance della Chiesa-istituzione, emargina chi amava trafficare con la finanza…per limitarci solo a parlare di questo. Si potrebbe dire che è stato indicato come “Uomo dell’anno” all’insegna della coerenza, perché una volta giunto al Soglio di Pietro ha continuato a mantenere la distanza che ha sempre avuto da chi “predica bene e razzola male”, altro antico proverbio che ben si addice a tanta parte della classe dirigente che ha ridotto l’Italia in questo stato. Un esempio concreto da seguire per tutti: laici e cattolici, politici di governo e di opposizione, responsabili della res pubblica, delle imprese e comuni cittadini.