“Qui (…) noi facciamo così. Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi e per questo viene chiamato democrazia. Qui (…) noi facciamo così. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento. Qui (…) noi facciamo così. La libertà di cui godiamo si estende anche alla nostra vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino (…) non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le questioni private. Qui (…) noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è di buon senso. Qui (…) noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, tutti qui (…) siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma che la libertà sia solo il frutto del valore. Insomma, io proclamo che (…) è la scuola (del mondo, ndr) e che ogni (…) cresce sviluppando in sé una felice fiducia in sé stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra (nazione, ndr) è aperta la mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui (…) noi facciamo così”.



Era il 461 a.C. quando Pericle fece questo meraviglioso discorso agli Ateniesi. Ora immaginatevi di inserire nel testo la frase “in Italia” al posto di “(…)” (nel testo originale riportava “ad Atene”) o “Italiano ” (al posto di Ateniese) verso la fine del periodo e trovate pronto e perfettamente condivisibile un programma base sul quale costruire il futuro del nostro Paese, indipendentemente dallo schieramento politico cui appartenete.



E’ stato scritto 2.474 anni fa. Non trovate che sia ora di applicarlo?

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