Il quadro politico, dall’anno prossimo, sembra destinato ad apparire ancora più incerto e frammentato. Il governo si regge su un’esigua rappresentanza, tanto più instabile se si considera che il suo azionista di maggioranza, Matteo Renzi, freme per sostituirsi a Enrico Letta. Certo, sa bene che se fosse lui a provocare la crisi, i suoi elettori non glielo perdonerebbero e ha quindi deciso di evitare colpi di testa. C’è da chiedersi, tuttavia, quanto resisterà, considerando che, dall’altra parte dello schieramento, troverebbe una facile sponda in Berlusconi e Grillo. Di sicuro, se riuscisse a dare una scossa al governo, ma in senso riformista, farebbe l’én plein. Per il Paese, sarebbe un bene di cui potrebbe intestarsi il merito. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Stefano Folli, editorialista de Il Sole 24 Ore.



Quanto tempo si può concedere ancora a Renzi e al governo perché agiscano?

Se questo governo sarà in grado di agire e se Renzi sarà capace di indicare e pretendere una linea riformista dotata di contenuti reali, lo capiremo solo a gennaio. Allora, infatti, sarà definito il nuovo patto di governo che interesserà i prossimi 12-18 mesi. Renzi dovrà esprimere sufficiente autorevolezza per siglare un vero e proprio accordo politico e non un semplice documento per gestire l’ordinaria amministrazione. Per lui, quindi, si tratterà di una prova decisiva.



In cosa dovrà consistere il patto?

In una serie di misure comprensibili e interpretabili dall’opinione pubblica come potenzialmente in grado di incidere sulle sorti del Paese. Mi riferisco, per esempio, al taglio delle Province o alla riduzione dei costi della politica. Non determineranno, di certo, un immediato cambiamento ma, per lo meno, la gente avrà inteso che il “pachiderma” statale si è finalmente messo in moto. Se Renzi e Letta non riusciranno a far percepire questo cambio di rotta, avranno perso un’enorme occasione.

Il milleproroghe appare come l’ennesima occasione perduta. Non crede che Renzi, dopo la sua approvazione, propenda ancora di più per le elezioni anticipate in modo da non farsi logorare dai meccanismi della politica tradizionale?



Il milleproroghe, indubbiamente, è un tributo che ci tocca pagare ogni anno alla cattiva politica. Tuttavia, non credo che abbia potuto indurre in Renzi un meccanismo psicologico tale da fargli decidere di cambiare strategia.

Se decidesse di accelerare le caduta del governo, potrebbe giocare di sponda con Grillo e Berlusconi.

Non lo farà. Ha deciso di essere un riformista e per preservare questa immagine dovrà giocare la sua partita su un terreno completamente diverso da quello puramente destabilizzante di Grillo e, in parte, pure di Berlusconi.

 

Eppure, pare che anche lui consideri Napolitano uno tra i suoi principali avversari.

Al di là di ciò che può pensare, ciò che conta sono le sue iniziative politiche. In tal senso, nei fatti, ha sempre dimostrato di rendersi conto di quanto Napolitano rappresenti un fattore di stabilità di cui ne beneficia lui stesso. Senza il presidente della Repubblica, infatti, il sindaco di Firenze potrebbe trovarsi a dover guidare una situazione ingestibile.

 

A proposito di stabilità: dal momento che, attualmente, Forza Italia sembra aver perso la rappresentatività dei moderati, quanto è rilevante che l’Ncd sopravviva e si affermi?

Indubbiamente, è molto importante. L’Italia è un Paese con una forte anima moderata che, in questa fase, è in cerca di una rappresentanza che ha in parte perduto. C’è, insomma, un grande spazio da occupare e per l’Ncd la partita decisiva inizia con le elezioni europee e prosegue abbracciando l’arco residuo della legislatura. Anche Alfano, infatti, come Renzi e Letta, dovrà dare all’opinione pubblica un forte segnale riformista.

 

(Paolo Nessi)