Questa volta, il congresso del Pd potrebbe non esaurirsi nella classica liturgia di partito, interessante solo per gli addetti ai lavori, ma neanche troppo. Piaccia o meno, c’è di mezzo Renzi e la sua promessa di cambiamento una pur flebile speranza nella gente l’ha indotta. Per carità, la sensazione di assoluta evanescenza che ha dato in svariate occasione potrebbe semplicemente essere confermata. Però, potrebbe anche rivelarsi in grado di dare realmente una scossa alle forze politiche. A pochi giorni ormai dalle primarie del Pd, abbiamo fatto il punto con Antonio Padellaro, direttore de Il Fatto Quotidiano.



Renzi parla già da leader del partito. E’ così convinto di vincere o è solo strategia?

Se Renzi non vincesse le primarie, sarebbe uno degli eventi più clamorosi della politica italiana degli ultimi 30 anni.

Potrebbe non vincere a mani basse.

Anche se vincesse con il 50,1 per cento dei voti, non rinuncerebbe di certo a fare il capo del Pd. Anzi, lo farebbe con più veemenza ed energia. Dovrebbe, infatti, difendersi da un voto che non si aspettava. E se, per caso, i cuperliani cercassero di mettergli i bastoni tra le ruote, potrà facilmente sfruttare la sua capacità mediatica per dire che lo stanno sabotando. Capacità che, per quanto sia un’ottima persona, a Cuperlo manca evidentemente del tutto. Insomma, Renzi, come ha detto lui stesso, o riesce a dare segnali molto forti di discontinuità e convince gli elettori che qualcosa è realmente mutato, oppure durerà lo spazio di pochi mesi.



Sarà realmente in grado di dare un segnale di discontinuità, proponendo un programma vero ed entrando nel merito delle questioni?

Porrà a Letta una serie di condizioni talmente generiche da non poter essere rifiutate. Sui costi della politica, per esempio, Letta gli dirà che ci aveva pensato pure lui. Perché, del resto, dovrebbe opporsi ad un piano sul lavoro. Insomma, la sua fumosità, in questo momento, lo mette al riparo da brutte sorprese. Se, tuttavia, questa fumosità permane, in poco tempo ci saremo giocati pure Renzi. La gente dirà che è un parolaio e un cantastorie identico agli altri. Si sta giocando una partita molto rischiosa: a un certo punto, le sue carte dovrà per forza scoprirle.



In occasione delle Europee, non crede che dovrà strappare al governo almeno una misura concreta?

Attualmente, il Paese è immobile e la politica conta meno di zero. Qualunque cosa si faccia, sarebbe comunque un risultato. In tal senso, mi pare facilitato.

Cercherà, in ogni caso, di indebolire il governo?

Sì, ma senza particolare insistenza. Eviterà il grave errore di consumarsi nella polemica con Letta. Non starà, quindi, a puntellarlo ogni giorno. Aspetterà che si sfasci per conto suo. E’ pur vero che non può neanche aspettare il 2015, perché anche in tal caso ne risulterebbe logorato. Il che conferma che si sta giocando una partita complicata.

 

Nel Pd, c’è il rischio di scissione?

Ma no, perché gli avversari di Renzi dovrebbero scindersi e lasciargli le chiavi del partito in mano? Faranno, inizialmente, buon viso a cattivo gioco; poi, cercheranno di minargli il terreno sotto i piedi. Come da tradizione, la sinistra preferirà dedicarsi a far fuori i propri avversari interni che quelli esterni.  

 

Non dimentichiamoci di Civati. E’ andato a chiedere i voti ai grillini. Cosa ne pensa?

Citati sta facendo tutto quello che il candidato più debole sulla carta può fare per farsi notare. E per ottenere quel seguito mediatico che non ha avuto perché tutti si sono concentrati su Renzi e, in parte, su Cuperlo. C’è da dire che, tutto sommato, ha anche avuto delle idee brillanti.

 

Come intervistarsi da solo, dato che non lo ha intervistato Fazio?

Esatto. Ha messo, peraltro, in rilievo la capacità di Fazio di stare sempre dalla parte del più forte. Anche l’idea di chiedere il voto dei grillini è ottima.

 

Non rischia di essere preso a pesci in faccia, come è già accaduto in passato?

Ma no, qualcuno lo prenderà a pesci in facci, ma altri lo voteranno.

 

(Paolo Nessi)