Una vittoria schiacciante, oltre ogni previsione. Con il 68 per cento delle preferenze, Matteo Renzi è il nuovo segretario del Partito democratico. Dietro di lui Gianni Cuperlo, con un deludente 18 per cento, e Pippo Civati con il 14 per cento. L’avvenuta di Renzi sullo scranno più alto del Pd è dunque cominciata. Salutato ieri sera al teato Obinhall di Firenze dalle ovazioni dei suoi sostenitori, Renzi ha fatto un discorso di attacco e di garanzia. “Il treno dove siamo saliti è il nostro treno e non scenderà nessuno. Adesso avremo un partito più forte con un nuovo segretario che sarà un segretario di tutti”, ha detto il sindaco. Ma il neosegretario non ha lesinato gli affondi: a Grillo e al suo movimento, all’europa dei burocrati, ai teorici dell’inciucio, al vecchio gruppo dirigente, al sindacato (“deve cambiare con noi”). Non è altrettanto entusiasta Piero Sansonetti, già direttore di Liberazione, ora di L’Ora della Calabria e Gli altri.



Un trionfo, quello di Matteo Renzi.
Un trionfo che è il funerale della sinistra italiana. È una vittoria della Democrazia cristiana più grande ancora di quella del ’48. La Dc ha finalmente annientato la sinistra. Quello che non le è riuscito da viva, le è riuscito da morta.

Il Pd dunque muore democristiano?
Se muoia non lo so. Di certo finisce democristiano. Ora è il Pd l’erede della Dc.



Secondo lei in chi ha votato Renzi ha prevalso la volontà di ridare la vittoria al Pd o un effettivo cambiamento di vedute?
Sicuramente una voglia di vittoria. E poi vi vedo la solita scelta moderata dell’elettorato italiano. 

Cosa sono state queste primarie?
Una sfida tra il Berlusconi dei poveri, il D’Alema dei poveri e il Vendola dei poveri. Ha stravinto il primo.

Lei vede più in Renzi un Berlusconi o un Veltroni?
Io penso che Renzi sia più un Veltroni che un Berlusconi, lui però vorrebbe essere più un Berlusconi che un Veltroni. Anche perché il primo è vincente, il secondo è perdente. Dopo tutto, non c’è un abisso tra i due, tra Berlusconi e Veltroni; tranne la differenza che le ho detto.



Renzi: “il sindacato deve cambiare con noi”.
È una delle cose più preoccupanti che gli ho sentito dire, e conferma la mia analisi. Per vincere deve attaccare il sindacato. Il suo riformismo non si ispira alla socialdemocrazia, semmai a Marchionne. È di destra.

Stando alle parole di Renzi, la sua vittoria dimostrerebbe che il riformismo ha finalmente un’anima.

Riformismo non vuol dire niente: è una parola che va riempita di idee, possibilmente forti. Il riformismo storicamente è socialdemocratico, oggi per riformismo si intende abolire lo statuto dei lavoratori, proibire di fumare gli spinelli, cacciare gli immigrati. Il riformismo è oggi ciò che una volta si chiamava restaurazione. Il riformismo di una volta, quello che voleva cambiare le cose a vantaggio dei sindacati e dei lavoratori, è stato abolito. Se riformismo è fare il verso all’efficienza del capitalismo, allora Matteo Renzi è certamente riformista.

Il Pd finisce democristiano, ha detto lei. E adesso?
Non so se sarà possibile immaginare un paese completamente privo di sinistra e spostato a destra. Forse i criteri con cui ragiono io sono novecenteschi, ma non riesco a prendere in considerazione l’ipotesi che la sinistra non esista più. Eppure i dati di oggi dicono questo: il popolo di sinistra sceglie la destra.

Cosa c’è all’orizzonte? Una scissione?
No, una scissione mi pare difficile. Vedo invece una caduta del governo Letta, perché quando Renzi attacca i “teorici dell’inciucio” mi sembra che si riferisca a Letta e Alfano. A questo punto sono in tre a voler andare alle elezioni subito: Grillo, Berlusconi e Renzi. E con i tre principali partiti che vogliono andare a votare, sarà difficile evitarlo. Oltretutto, se Renzi non va presto alle elezioni rischia di bruciarsi.

Lei vede di più in Renzi il segretario del Pd o il candidato premier?
Fare il segretario credo che non gli interessi, o se gli interessa è solo per fare il premier. Infatti non conosce nemmeno il partito. Da oggi è il candidato del Pd alla presidenza del Consiglio. Un po’ come quando Veltroni vinse le primarie del Pd (nel 2007, ndr) e Prodi era già nella tomba. Credo che sia la stessa cosa, anche se Letta ha più carte di Prodi da giocarsi.

Quali?
Intanto è molto più intelligente e avveduto politicamente. Letta è un uomo politico di grande esperienza, abilità e intelligenza, mentre Prodi non lo è mai stato. È stato un vecchio manager di Stato, non un politico. E infatti come politico è stato facilissimo annientarlo. Anche qui, in ogni caso, c’è un altro paradosso: vince la Democrazia cristiana e Letta rischia di andare a casa. 

Renzi ha ora il problema dei gruppi parlamentari. Non è detto che siano così “renziani”.
No, infatti. Ci vorranno un paio di settimane.

Dice sul serio?
Il ceto politico italiano non è mai stato di gente molto coraggiosa. Passare col vincitore è un’attitudine difficile da dimenticare. Entro un paio di settimane Renzi li avrà quasi tutti.

Quindi gli manca solo una legge elettorale.

Quella è più complicata da fare. Ognuno vuole la sua, poi bisognerà rispettare i criteri dettati dalla Corte costituzionale… insomma non sarà così facile.

Quale legge elettorale servirebbe a Renzi per fare cappotto?
Quella che la Consulta ha bocciato, perché era l’unico modo per avere il premio di maggioranza. Con le altre leggi elettorali possibili, sia alla Camera che al Senato i rapporti di forze sarebbero simili. Un terzo a Renzi, un terzo a Berlusconi e un terzo a Grillo: chi più chi meno, i rapporti di forze potrebbero essere questi. Però, non è che avendo detto oggi di essere contro l’inciucio, non potrà farlo tra sei mesi. Il trasformismo è male diffuso.

Anche nella nuova Dc di Renzi?
Certamente. Renzi non ha nemmeno bisogno di trasformarsi, perché non si sa bene chi o che cosa sia.

Alcuni hanno osservato che è stata una campagna elettorale priva di idee forti.
Non priva di idee forti, ma di idee e basta. Proprio per questo Renzi non avrà grande difficoltà a modificare le sue posizioni, proprio perché non sono sostenute da nessun impianto ideale. Nessuna legge elettorale in questo momento può favorire la vittoria di un leader, a meno che non si torni al porcellum, il che è impossibile. D’altra parte nemmeno il mattarellum garantirebbe la vittoria di qualcuno.

Renzi vuole fare il sindaco d’Italia. Gli serve un sistema presidenziale col doppio turno.
Quella delle elezioni comunali è una buona legge, ma per avere una repubblica presidenziale occorre una profonda riforma costituzionale.

Che Berlusconi e Grillo non sono ceramente disposti a fare.
Grillo, non credo. Berlusconi non è detto.

(Federico Ferraù)