L’Udc di Pier Ferdinando Casini, rimasta all’opposizione durante l’ultimo governo Berlusconi e passata insieme alla maggioranza con l’esecutivo tecnico, sostiene la candidatura di Mario Monti. Alla Camera il partito di Casini si presenta con una lista autonoma, alleata con Futuro e Libertà di Fini e con la Lista civica di Monti. Al Senato invece lo schieramento di centro si presenta con un’unica lista, “Con Monti per l’Italia”. Con la soglia di sbarramento dell’8% su base regionale per il Senato, l’Udc rischierebbe infatti di non passare in tutte le regioni. Al primo posto nel programma dell’Udc c’è la difesa della vita, con specifico riferimento ai diritti del nascituro. Un impegno che trova la sua naturale esplicitazione nel terzo punto del programma, dedicato al rilancio della famiglia contro il declino demografico. Tra le proposte concrete, quella di non tassare i soldi spesi per i figli e l’introduzione di politiche sulla vita lavorativa che permettano di conciliare i tempi della famiglia con le esigenze professionali. La priorità per l’Udc non deve andare quindi all’individuo ma alla famiglia, che va considerata la protagonista indiscussa della società. Ecco di seguito il programma integrale dell’Unione di Centro.
“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché, uniti insieme, propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertà” Luigi Sturzo
L’Italia ha bisogno di una profonda rigenerazione politica e morale. È giunto di nuovo il tempo di fare appello alle migliori energie dell’Italia, allo slancio delle donne e degli uomini liberi, alla responsabilità delle donne e degli uomini forti, per determinare una grande svolta nel futuro della nazio- ne. Novanta anni dopo l’atto di coraggio di Luigi Sturzo, un nuovo coraggioso impegno è richiesto a chi crede nel valori della giustizia e della libertà.
1) La difesa della vita
Che si tratti dell’efferata criminalità che ormai invade i nostri paesi e le nostre città. Che si tratti della biotecnologia che mani- pola i nostri corpi e il ciclo naturale dell’esistenza. Che si tratti della pedofilia che insidia i nostri bambini. Che si tratti dell’indifferenza nei confronti dei diritti del nascitu- ro. Che si tratti dell’inquinamento o, peggio, della distru- zione del nostro habitat. Che si tratti degli ormai quoti- diani incidenti sul lavoro o delle settimanali stragi della strada. In ogni caso, oggi, l’estrema, risoluta, intransigente difesa della vita è la nuova frontiera della nostra civiltà.
Dietro gli inauditi crimini quotidiani che offendono le nostre comunità, dietro le mille polemiche laiciste che negano il dirit- to naturale, dietro le maschere di una società che umilia e volgarizza i nostri corpi, soprattutto quelli delle donne, si cela un unico grande nemico: il nichilismo.
Stiamo perdendo il senso della vita, stiamo offendendo la sacralità di un mistero, di un dono che non è nelle nostre disponibilità distruggere.Noivogliamounirenell’unico concettodidifesadellavita i temi più importanti del nostro tempo. • La sicurezza della nostra esistenza e delle nostre città. • La difesa della famiglia. • Un equilibrato rapporto con il corpo e con il sesso. • La libertà e la dignità della persona umana. • La qualità del nostro ambiente. • L’umanità del nostro rapporto con la scienza e con il progresso.
2) Un nuovo patto fiscale
L’economia sommersa oggi raggiunge e supera il 25%. Si tratta di una cifra enorme, decisamente superiore a quella degli altri Paesi dell’Ocse. Sono dati che inquinano i bilanci dello Stato, alterano la concorrenza e soffocano i cittadini e le imprese oneste, costretti a pagare aliquote elevate per bilanciare la riduzione della base imponi- bile. La sinistra ha inseguito l’improponibile modello di un Grande Fratello fiscale. La destra ha ripetutamente tradito il proprio impegno di ridurre le tasse. Ecco perché è ormai indifferibile un nuovo “patto fiscale” tra Stato e cittadini che, senza demonizzare o criminalizzare alcuna categoria, sia in grado di ottenere una maggiore giustizia socia- le e far recuperare competitività alle imprese italiane nel mondo.
La nostra proposta è semplice quanto risolutiva: passare ad un modello di tassazione fondato sul “contrasto di interessi” per con- sentire ad ogni cittadino di poter portare in tutto, o in parte, in detra- zione i costi dei servizi che acquista, garantendo ulteriore tutela alle famiglie attraverso l’adozione del modello del “quoziente familiare” che misura il peso del fisco sulla base della composizione dei nuclei familiari. Solo attraverso l’allargamento della base imponibile si potrà realizzare il vero federalismo fiscale di cui il Paese ha bisogno, evitan- do di affiggerne soltanto i manifesti come sembra voler fare la Lega.
Contemporaneamente occorre liberare il sistema pro- duttivo dai vincoli che rendono impari la competizione con le imprese degli altri Paesi: una forte e concreta riduzione dell’imposizione fiscale nei confronti delle imprese non può più essere rinviata, soprattutto se si intendono garantire condizioni di sviluppo economico durature e strutturali all’Italia, consentendole di uscire più rapidamente dalla grave crisi finanziaria internazionale.
3) Il rilancio della famiglia contro il declino demografico
Il declino economico è accompagnato, in Italia e in Europa, da un preoccupante declino demografico che porterà, a breve, drammatici squilibri dal punto di vista sociale, previdenziale, sanitario e solidaristico. Si tratta di un declino annunciato ma sempre sottovalutato che aggraverà la già difficile situazione italiana perché l’invecchiamento della popolazione vuol dire meno consumi, meno lavoro, meno investimenti: vuol dire una società debole e perciò più fragile e in sofferenza. Dunque le politiche per la famiglia non sono una delle diverse opzioni possibili; sono al contrario decisive per il nostro futuro. L’Unione di Centro ritiene che i soldi spesi per i figli non debbano essere tassati, in omaggio agli articoli 29, 30, 31 e 53 della nostra Carta Costituzionale. Ciò che avviene in tutta Europa deve essere possibile anche in Italia. La famiglia è un’impresa che produce capitale umano e come tale va considerata con politiche di promozione e di tutela, così come si fa con tutte le aziende del Paese. Occorre inol- tre mettere in campo politiche del lavoro che consenta- no la conciliazione dei tempi della famiglia con i tempi del lavoro fuori casa; politiche educative che garantisca- no la libertà di scelta educativa delle famiglie come con- dizione ineludibile anche per il rilancio della scuola statale, politiche di welfare che sostengano la famiglia nel suo quotidiano lavoro di cura verso i soggetti più deboli. La definizione di un nuovo contratto socia- le passa attraverso la concezione della famiglia quale soggetto sociale di rilievo prioritario. Primo soggetto dell’intervento statale dovrà dunque essere la famiglia e non l’individuo. È questa la più grande sfida dei prossimi anni.
4) Una svolta nelle liberalizzazioni: per il consumatore, per la piccola e media impresa
L’Unione di Centro si propone come partito di tutela del cittadino-consumatore. Partiamo dalla consapevolezza che, dal 1996 al 2001, i governi di centrosinistra hanno realizzato una serie di privatiz- zazioni che, in luogo dei cittadini, hanno favorito nuovi monopolisti di settori strategici come banche, assicurazioni, telecomunicazioni, gas ed energia con il risultato di appesantire i costi dei servizi per i cittadini- consumatori, le famiglie-consumatrici e le imprese consumatrici. Ma la destra non ha cambiato strada: la nuova fase di governo, dietro il paravento della crisi internazionale, sembra mirare anch’essa solo a costruire nuovi equilibri di potere nell’ambito del sistema bancario e industriale.
Occorre invertire la rotta: solo attraverso un’imponente spinta liberalizzatrice sarà infatti possibile completare il processo di ammodernamento dell’economia italiana creando finalmente condi- zioni di concorrenza tra le imprese, riducendo i costi e migliorando la qualità per i consumatori. Lo Stato, abbandonato definitivamente il ruolo di Stato-imprenditore, ha il dovere di assumere quello di Stato- regolatore ponendo al centro della propria azione la figura del consu- matore.
La spinta liberalizzatrice, oltre che a livello nazionale, va diffusa anche al livello dei servizi pubblici locali e delle professioni, abbandonando l’eterna malattia italiana di coltivare corporativismi e interessi particolari. Ciò vale ovviamente anche per la macchina buro- cratica dello Stato e dei suoi enti periferici che appare organizzata più in funzione di chi vi lavora, spesso peraltro in condizioni di frustrazio- ne, che del cittadino che ne usufruisce.
L’Unione di Centro si propone anche come partito di rife- rimento della piccola e media impresa che rimane il principale traino economico dell’Italia. Le sfide del mercato globale impongono una continua rimodulazione delle politiche di sostegno e un’analisi attenta ma severa del- l’evoluzione del sistema imprenditoriale italiano. Il “nani- smo” delle nostre imprese costituisce da una parte un elemento di freno dello sviluppo, dall’altra un punto di forza, garantendo flessibilità e dinamismo. Occorre indi- viduare i settori nei quali favorire selettivamente le aggregazioni d’impresa e quelli nei quali le politiche di distretto agevo- lano la competitività, salvaguardando anche i caratteri distintivi delle aziende, per imprimere ulteriore spinta all’affermazione del made in Italy. In questo percorso la ricerca e l’innovazione di prodotto diventa- no l’unico vero traino di una riscossa, non effimera, dei nostri indici di competitività.
5) Elevare il tasso di solidarietà
Un partito moderato e riformatore ha il dovere di assu- mere scelte anche apparentemente impopolari se improntate alla tute- la dell’interesse generale. Ebbene, il nostro Paese ha bisogno che torni in politica il tempo del coraggio per affrontare seriamente il tema della povertà, della disuguaglianza, delle redistribuzione del reddito; per definire un nuovo welfare, sostenibile e giusto, non più centralizzato ma fondato sulla sussidiarietà orizzontale; per promuovere un moder- no sistema di protezione sociale capace di garantire un avvenire meno incerto ai nostri giovani che hanno bisogno di una scuola e di un’uni- versità radicalmente rinnovate, per offrire sostegno agli anziani, per assicurare solidarietà ai “nuovi poveri” e realizzare condizioni di pari opportunità a tutte le donne.
L’attuale sistema pensionistico non tiene conto dei muta- menti demografici in atto e finirà con il far pagare alle giovani genera- zioni il prezzo dell’irresponsabilità dei governi attuali. È indispensabile approvare una riforma della previdenza che tenga conto della combi- nazione tra allungamento dell’attesa di vita e caduta delle nascite. Dalla previdenza occorre inoltre sganciare l’assistenza, recuperando risorse che potranno essere destinate a chi ne ha veramente bisogno. Elevare il tasso di solidarietà del Paese è la missione più alta che una buona politica possa darsi nel medio-lungo periodo. Occorre allora incentiva- re e non abbandonare a se stessi i tanti italiani che oggi si dedicano alla solidarietà, aiutandoli a proseguire nel loro impegno con un rinnovato spirito imprenditoriale. Intorno alla figura dell’imprenditore sociale il Paese può ritrovare gli stimoli e le energie per sostenere i cittadini che attualmente vivono in condizioni di povertà.
6) Una nuova cultura del lavoro
Negli ultimi decenni sono intervenuti profondi cambia- menti nell’organizzazione del lavoro e nelle sue regole. Il lavoro in nero si è spesso intrecciato con l’immigrazione clandestina; il rapporto tra flessibilità, precarietà e stabilità si è fatto più complesso; la presenza degli immigrati ha reso i luoghi di lavoro sempre più multiculturali, multireligiosi e multietnici; l’ingresso delle donne ha modificato sia quantitativamente che qualitativamente il paesaggio professionale. L’insieme di questi elementi ha prodotto una profonda modificazione. La tradizionale relazione tra scelta del lavoro e realizzazione della per- sona è ormai messa in seria discussione. Avanza al contrario una con- cezione strumentale del lavoro non visto più come missione, ma più semplicemente come mezzo. Il fine della vita oltrepassa il lavoro e viene individuato essenzialmente nella realizzazione economica, nel prestigio della carriera e nell’uso del tempo libero. È cambiata di con- seguenza anche la relazione tra lavoro e socialità. Un tempo il mondo del lavoro era un luogo di forti relazioni cooperative e solidali, mentre oggi prevale la spinta di un forte individualismo assieme a sempre più marcate forme di corporativismo. La stessa natura della relazione tra uomo e lavoro è fortemente condizionata da un progressivo predomi- nio della tecnologia che domina lo sviluppo della persona.
Noi riteniamo che tali fenomeni non siano irreversibili, che la modernità non debba necessariamen- te essere caratterizzata da questi fenomeni di “nuova alienazione”. Riteniamo che sia possibile, e per questo intendiamo batterci, ricostruire una cultura del lavoro fondata sulla centralità della persona, recuperando la visione antropologica di un’attività capace di rendere sempre più umana la vita, la cultura e la società. Occorre, in altri termini, segnare il passaggio da una visione conflittuale delle relazioni sociali ad una solidale e cooperativa. Immaginare una nuova “socialità del lavoro” che torni ad esibire una tensione dinamica, dei singoli e dei gruppi, verso il bene comune.
7) Sanità e Scuola: la società del bene comune
Lo Stato italiano produce ormai un livellamento verso il basso di prestazioni e servizi, e non riesce più a promuovere verso l’al- to chi sta indietro nella scala sociale. L’Unione di Centro lavora, vice- versa, per ridefinire lo Stato sociale, per un nuovo grande modello da costruire in Italia e in Europa: la Welfare Society. Quest’ultima si potrebbe anche definire come “la società del bene comune”.
Una società dove la responsabilità della gestione socia- le è affidata anche ai corpi intermedi della comunità. Nella quale il livello privato e il livello statale cooperino e competano nell’of- ferta di servizi formando, insieme, un unico sistema pubblico all’interno del quale sia più plurale e libera possibile la scelta dei cittadini e delle famiglie.
L’equazione che chi governa le moderne società europee deve risolvere è la seguente: come mantenere in piedi il carattere universale della tutela sociale riuscendo, nel contempo, a innalzare la qualità e l’efficienza dei servizi. Ebbene, le comunità umane non hanno fino a oggi trovato altro strumento per accre- scere la qualità di qualsiasi sistema che far ricorso alla gara, alla concorrenza, all’emulazione. La soluzione del problema sta dun- que nella costruzione di un Sistema Misto generalizzato nel quale, soprattutto nella Sanità e nella Scuola, il cittadino possa avere piena “libertà di scelta” tra una pluralità competitiva di offerte, pri- vate e statali. Il che vuol dire l’esatto contrario della cosidetta “pri- vatizzazione dei servizi sociali”: significa, al contrario, far entrare, a pieno titolo, nelle regole del sistema pubblico anche l’offerta pri- vata, chiamando a intervenire imprese, cooperative, mondo del no-profit. Si determinerebbe così, tra l’altro, un pieno coinvolgi- mento della società nella gestione dei servizi, accrescendo la responsabilità di tutti verso il “bene comune”. Finora è accaduto esattamente l’opposto.
8) Una nazione ad “energia libera”
Un Paese moderno deve avere la capacità di conciliare lo sviluppo con la qualità della vita. Tutela del territorio e crescita econo- mica devono camminare insieme. Siamo per la politica del “sì”: per fare della difesa dell’ambiente non solo uno slogan, ma una poliva • Sì allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, insieme a un rien- tro serio, consapevole e rapido nel nucleare. Riteniamo inoltre indi- spensabile riportare in capo allo Stato gli indirizzi di fondo di tutta la politica energetica, strategica per un Paese che ha bisogno di ridurre i costi e di non diventare nel tempo una nazione a “sovranità limitata” di energia. Nell’era della globalizzazione l’autonomia energetica è una funzione decisiva della stessa autonomia della democrazia.
• Sì alla realizzazione delle grandi infrastrutture che, velocizzando la movimentazione, riducono l’inquinamento. • Sì alla ricerca e al sostegno delle nuove tecnologie ambientali per evi- tare il continuo finanziamento d’impianti ormai superati. Condizione per riuscire a superare il devastante effetto Nimby (“fate tutto basta che non sia vicino a me”) è infine la buona gestione degli impianti indu- striali e l’accesso trasparente alle informazioni, per ridare fiducia nelle istituzioni e rendere partecipi i cittadini del loro futuro.
9) Tornare a vedere nel Mezzogiorno una risorsa
Nella Grande Mutazione imposta dalla globalizzazione il Mezzogiorno del nostro Paese può assumere un ruolo geopolitico di grande importanza strategica nel rapporto con il Medio Oriente e con l’Africa. Si tratta di una nuova frontiera della quale soprattutto l’Italia può avvantaggiarsi nella leadership mediterranea. Nazioni più dinamiche della nostra, come la Spagna, l’hanno già compreso. Viceversa la “questione meridiona- le” è avvertita dalla nostra opinione nazionale come un problema irrisolvibile, o quasi; di certo, non come una risorsa. La debolezza del tessuto economico associata alla inadeguatezza delle politiche hanno consolidato l’idea che si tratti solo di una società fragile, permeabile alla violenza della criminalità organizzata che si limita a selezionare i propri gruppi dirigenti in ragione dei localismi. Eppure, ci sono tante risorse ed intelligenze: vocazioni territoriali inespresse, la più alta percentuale di giovani laureati, una varietà di piccole associazioni e di movimenti di ispirazione cattolica o a difesa della legalità. Si tratta, però, di tante monadi, con le quali la politica deve avere il coraggio di misurarsi in maniera innovativa, aiutandole ad organizzarsi insieme e per riaccendere la speranza nel cambiamento possibile.
Questo è e sarà l’impegno dell’Unione di Centro perché il Mezzogiorno è la parte dell’Italia che può crescere di più e costituisce, quindi, una straordinaria opportunità per tutto il Paese. Altre nazioni in Europa, che hanno investito con corag- gio sui territori in deficit di sviluppo hanno realizzato poi incre- menti significativi del loro PIL. Ciò perché in un’economia glo- bale non ci si può permettere di correre con una gamba più corta dell’altra.
10) Il merito al primo posto
L’insieme di questi grandi obiettivi non potrà mai essere raggiunto se non si diffonderà nel Paese una nuova cultura diffusa: la promozione del merito in tutti i campi della vita pubbli- ca. I quarant’anni che ci separano dal ’68 hanno fatto diventare senso comune idee del tutto opposte, soprattutto la devastante equazione tra selezione di merito e selezione di classe. È vero esat- tamente il contrario: l’utopia dell’egualitarismo, che livella verso il basso, è infatti la tomba dell’emancipazione sociale. I ricchi, infat- ti, possono cavarsela in tanti modi, ma se ai figli dei poveri togli la chance del merito e del talento, li condanni all’inferno.
L’uguaglianza delle opportunità è la nostra bussola, perché il desti- no sociale di emarginazione può essere combattuto dai giovani meno fortunati solo in una società che promuove il merito. L’assistenzialismo è conservatore. La promozione del merito è rivoluzionaria.
L’assenza di questa consapevolezza è forse il tributo più alto che l’Italia di oggi paga all’egemonia culturale delle sini-stre. In virtù di questa ideologia siamo diventati un Paese bloc- cato, pansindacalizzato, nel quale, per eccellere, ormai si può solo fuggire all’estero.
La situazione dell’Italia non è affatto semplice. Troppi sono i ritardi accumulati, troppe le contraddizioni di una politica super-ficiale e a volte irresponsabile. Ma in virtù della nostra fiducia nel popo- lo italiano ci sentiamo di affermare che non abbiamo paura della crisi. Perché il passaggio storico che stiamo attraversando, oltre ad evidenti gravi difficoltà, offre anche inedite opportunità, il possibile sorgere di un nuovo atteggiamento collettivo, responsabile e fattivo.
Ebbene, proprio intorno all’affermarsi di questa chance l’Unione di Centro chiama gli ita- liani a raccolta. Lo ripetiamo: è il tempo del coraggio.