Caro direttore,
da lettore apprezzo l’attenzione e gli spazi di riflessione e confronto che ilsussidiario.net dedica alle idee ed alle formazioni politiche nuove. Per questo vorrei approfittare della vostra ospitalità per esprimere “dal di dentro” il turbamento con cui abbiamo vissuto la surreale vicenda che ha portato su tutte le prime pagine FARE per fermare il declino.
È necessaria una premessa: come persona, oltre che come docente e genitore, credo e richiedo che i rapporti fra persone vadano sempre improntati alla massima sincerità. Per cui trovo inescusabile che una persona – un leader – alteri parti sostanziali del proprio curriculum vitae e che poi tenga la cosa al coperto, senza rendersi conto che le bugie hanno le gambe corte e prima o poi la verità si scopre. Capita con gli amanti, capita con i politici, ed in entrambi i casi la caduta di fiducia viene associata all’idea di tradimento.
A maggior ragione nel contesto odierno: perchè intorno alle idee che Oscar Giannino ha saputo veicolare così potentemente è nato, spontaneamente e in brevissimo tempo, un movimento di decine di migliaia di persone entusiaste, che hanno addirittura pensato in poche settimane di trasformarsi in un partito, spendendovi tempo e risorse. Persone che in buona parte non avevano mai affrontato una competizione elettorale; universitari, pensionati, professionisti che per la prima volta prendono in mano una scopa e un secchio di colla per affiggere manifesti, girando di notte tra paesini e valli come alcuni di noi facevano negli anni 70, o allestiscono dei gazebo nelle strade per discutere e confrontarsi con gli altri. Oltretutto a gennaio-febbraio, non nella solita calda primavera.
E fino a qualche giorno fa ormai nessuno dubitava che il movimento avrebbe raggiunto il quorum almeno nei principali contesti, prova ne siano i violenti attacchi pervenutici da chi ha a disposizione il reale quadro dei sondaggi.
Vedere tutto a rischio di crollare – anche se sono convinto che non crollerà e che, comunque, almeno alcuni degli obiettivi saranno raggiunti – riempie di sconforto e di delusione. Che aumentano se si pensa ai modi ed ai tempi in cui la bomba è scoppiata, e su questo la riflessione dovrà essere ulteriormente approfondita. Poteva scoppiare dopo (certo, non sarebbe stato molto trasparente); poteva scoppiare molto prima, perché sicuramente erano fatti che già qualcuno doveva conoscere per tempo. Paradossalmente avrebbe potuto essere un vantaggio. Ho sentito gente che diceva “se l’avesse raccontato prima lui stesso, che è così competente e preparato nonostante non si sia laureato, quando ci sono tanti dottori analfabeti e somari, l’avremmo votato tutti”. Invece è scoppiata nel momento peggiore, e in altra sede se ne discuterà.
I miei sentimenti nei confronti di Giannino sono ancora confusi, e credo valga per molti di noi. C’è la rabbia per l’assurdità della cosa e le possibili conseguenze, che però non fa dimenticare la grande stima che ho da sempre per lui, l’importanza delle sue campagne di stampa e radiofoniche, fra le poche a tenere accesa la fiammella del pensiero liberale e libertario e della ricerca della dignità della cosa pubblica. Vogliamo dire, anche la simpatia per i suoi modi di porgersi così “dadaisti”, che sono stati un motivo di interesse per il largo pubblico?
Tuttavia la nostra prospettiva è differente da quella di gran parte dei militanti di certi partiti carismatici, che attendono dal capo-profeta il verbo in cui credere, e che rattristano l’attuale quadro politico. Le idee liberali, di rivincita dell’individuo e del merito, appartengono a ciascuno di noi, e tanti le hanno coltivate quasi di nascosto per decenni: nelle professioni, nell’attività politica, nelle imprese. Il manifesto di Fermare il declino, firmato da pochi intellettuali a fine luglio e da decine di migliaia di italiani nel giro di qualche settimana, non è stato altro che una chiamata alle armi, ed in questo senso Giannino non è stato un profeta, ma solo lo straordinario portavoce che ha saputo farle sentire a tutti con foga, lucidità e rigore.
Non è un caso che in pochi giorni FARE abbia saputo compiere un travaso traumatico e portare alla guida la giovane e tosta Silvia Enrico: perché quelle non sono le idee ed i sogni “di Giannino”, nemmeno di Zingales o Boldrin o Moro; sono quelle di tutti noi, ed hanno subito trovato altri qualificati alfieri che ne portino lo stendardo verso l’obiettivo. Ma qui mi fermo, perché non è la sede per entrare nei temi della campagna ormai agli sgoccioli.
Vorrei concludere cercando di capire che insegnamenti possano venire per altri aspetti della nostra vita; ad esempio quello, a noi caro, dell’educazione. Il paradosso da bar che citavo prima, infatti, ha fondamenta reali. La nostra società è talmente legata al significato vuoto dei titoli, quelli di studio oggi, come un tempo quelli araldici su cui Gassmann aveva saputo ridere e riflettere in tanti film, da far ritenere assodato che la scuola e l’università “servano solo” per acquisire e magari comprare un titolo di studio, a prescindere dalla sostanza che dovrebbe attestare. I politici cui siamo abituati ne hanno dato troppi, grotteschi esempi. In questo caso – mettendo da parte gli altri aspetti – penso che aver mostrato l’esatto contrario, ossia quanto la preparazione non dipenda dai pezzi di carta, e d’altro canto come l’onestà debba essere un principio irrinunciabile, possano essere spunti anche per far crescere di nuovo un corretto rapporto educativo improntato al merito: così che, quando torniamo nelle nostre aule, possiamo far vedere quanto ancor più sia indegno copiare o truffare per cercare l’apparenza al posto della sostanza.