Molti slogan, tante battute ironiche, ma quasi nessun confronto televisivo tra i candidati. Non che ci mancasse, ma denota come certi meccanismi di propaganda e comunicazione stiano cambiando.

Berlusconi. Caimano, giaguaro, leone. Di fatto, la pelle dell’orso non è ancora pronta per il salotto di Bersani e di Monti. Dato per sconfitto sicuro, è sceso in campo in prima persona e i sondaggi l’han dato in notevole risalita. Come il Milan.. Sapendo di essere in difficoltà è partito in campagna elettorale due mesi prima degli altri invadendo radio, emittenti private, e chi più ne ha più ne metta a suon di battute. Dalla mela delle olgettine a quella di Balotelli, dagli euro alla ex moglie, alle domande con secondi fini dall’abolizione Imu al quella del bollo auto, swap, swuop, etc. Non c’è che dire. È un grande della comunicazione. Voto 8, essendo bruciato per la Presidenza della Repubblica, dopo le dimissioni di Papa Benedetto XVI si è proposto come candidato al soglio pontificio. Con Bersani e Grillo, potrebbe partecipare a Zelig per far risalire gli ascolti del programma.



Bersani. Con il Cavaliere è la coppia comica di questa compagna elettorale. Ha detto che smacchierà il giaguaro, ha dato del pifferaio magico a Silvio e del mascalzone a Monti. Discorsi da osteria di Bettola. Siam mica qui a pettinar le bambole! il suo slogan vincente. Comunicazione da tv in bianco e nero. Dato per vittorioso sta tremando per Berlusca e Grillo. Voto 6, è una caricatura da cartoni animati. Gargamella.



Renzi il rottamatore. È stato asfaltato dalla rinata macchina da guerra di propaganda ex comunista. È meglio che per ora torni a lavare i panni in Arno. Voto 6 per l’impegno. Ricorda il Veltroni di Yes We Can, ma in tv viene meglio degli altri.

Vendola. Profeta in patria, perché dà lavoro a tutti, cattolico, gay, progressista, parla con un linguaggio barocco-pomposo incomprensibile. Onestamente sopravvalutato per il parlamento italiano. Si sforza di voler essere un personaggio moderno e all’avanguardia… sì, comunista. Voto 6, uomo della magna (nel senso di mangiare) Grecia. Per fortuna lo abbiamo visto poco, sui media, non regge bene i confronti televisivi, la sua inconsistenza politica e il suo sguardo spesso assente, uniti al suo linguaggio, sono soporiferi.



Ingroia. L’hanno chiamato in Guatemala, ma se dopo due settimane ce l’han rimandato a casa, ci sarà pure un motivo. Se pensavamo a Di Pietro come l’ultimo dei mohi-cani della lingua italiana, abbiam constatato che non c’è mai limite al peggio. Voto 5 per incoraggiarlo a tornare in Guatemala. Crozza lo imita cosi bene da farci cappottare dalle risate.

Di Pietro. Ha trovato l’anima gemella in Ingroia. Sconnesso nel parlare, magistrato come il precedente, ha dalla sua il virilismo sudista che manca al suo sonnacchioso sodale. È sicuramente in crisi e star lontano dal video gli ha giovato. Voto 5, da furetto è stato sotto traccia, ma se fa un buon numero è pronto a rialzare la cresta. Opportunista.

Fini. Chi… era costui? È andato fino ad Agrigento per farsi applaudire da 50 sostenitori. Voto 2, faceva bella figura se non si candidava. 

GianninoFare per fermare il declino. Si è fatto un partito a sua immagine per arrestare il decadente dandismo del suo look. Voleva far perder il Berlusca, ma è scivolato su una laurea fasulla. Si può fare di tutto nella vita: mentire, rubare, etc., ma devi essere già parlamentare. Senza Voto, e me ne dispiace.

Monti. Detto il Loden, un vestito per tutte le stagioni: bancarie, europee, nazionali, governative, universitarie, popolari, regionali, etc. Non eletto dal popolo, e diventato il garante per la rinascita dell’Italia. È sceso in campo e il suo trasformismo si è affermato: si è appiattito come gli altri politici con gli stessi slogan populisti. Voto 5, da tecnico, in tv era accettabile, ora rasenta la tristezza.

Grillo. Comunque finisca è il vincitore. Ha radunato migliaia di persone in piazza con slogan efficaci e terra-terra, sfruttando l’avversione delle persone verso i politici attuali. Vuol fare la rivoluzione francese ghigliottinando tutti. Non è voluto andare in tv e rifiuta i confronti sui programmi politici perché lì cadrebbe dal pero. Furbissimo, populista. Voto 8. Domanda: ma di scheletri nell’armadio non ne ha? Attention… i giacobini han fatto poi una brutta fine.

Lupi. Uno sguardo all’enfant prodige di Formigoni (o di Berlusconi?) bisogna darlo. In campagna elettorale si è visto poco. A dire il vero ne aveva dovuta fare tanta prima: da Vespa, a Ballarò, etc. per difender il Berlusca sul tema morale (leggi: olgettine). Voto 7, ottimo scalatore di pareti scivolose, tipo specchi.

Due parole sui candidati alla presidenza della regione più importante d’ Italia.

Ambrosoli. La scelta del Pd e stata azzeccata sia per la sua storia che per la figura che traspare. Non è un gran comunicatore, ma l’apparato del partito e molti preti lombardi lo sostengono. Se il detto: uomo barbuto è sempre piaciuto valeva ai tempi di mia nonna, ora veder in tv un barbuto intristisce. Voto 6,5 a lui e all’apparato di propaganda catto-comunista. Domanda: ma il fantasma del triste Prodi che ci faceva sul palco con lui? Lo so ma non ve lo dico.

Albertini. Poteva essere il candidato ideale per il Pdl, ma tra il fatto che non sempre in passato i rapporti con il Cav sono stati idilliaci e il fatto che la Lega voleva la presidenza regionale a tutti i costi, l’ex sindaco si è smarcato con una sua lista ed è andato con Monti. Voto 6,5, da martedì sarà: parlamentare europeo, senatore, consigliere regionale. Un cumulo di voti e di redditi, non resterà certamente in mutande come ai tempi di quando era sindaco (ve la ricordate la sfilata?).

Maroni. Il nuovo che avanza… Non ha il carisma del senatur e non è amatissimo nella Lega, ma se l’elettore lombardo non è masochista, non può buttarsi nelle braccia bolsceviche. Non si è sovraesposto in tv e ha fatto bene, non è un affabulatore e non è molto fotogenico. Voto 6,5 e un in bocca al lupo perché se dovesse perdere è finito (vabbè che i politici han nove vite).