La scelta di candidare due leader politicamente antiquati come Bersani e Berlusconi spacca in due il Paese regalandolo al caos e a Grillo. E’ l’analisi del politologo Alessandro Chiaramonte, contattato da “Ilsussidiario.net”, secondo cui dai dati relativi al Senato emerge che “c’è un Paese indiscutibilmente diviso e da queste divisioni chi ci rimette è la governabilità del Paese. Dai dati ancora provvisori risulta che al Senato non ci sarà una maggioranza omogenea, né di una singola coalizione né di alleanze che avrebbero potuto crearsi dopo il voto come quella tra Monti e Bersani, che in questo momento non avrebbe i numeri per governare. Siamo in una situazione abbastanza caotica, aspettiamo il prosieguo dello scrutinio perché con pochi voti di differenza si possono creare voti abbastanza differenti nelle singole regioni. Per il momento quello che emerge è l’impossibilità di una coalizione omogenea al Senato. Si va quindi verso un’alternativa tra una grosse koalition e il voto anticipato”.
Per il professore dell’Università di Firenze, “il risultato di Berlusconi è sostanzialmente in linea con quanto ci attendevamo. Da questo punto di vista i sondaggi, che pure hanno fatto errori, non hanno sbagliato molto sulla forza di Berlusconi che comunque era dato intorno al 30%. Il vero problema è stato che è andato molto male il centrosinistra ed è andato molto bene Grillo. Ciò significa che probabilmente il vero dato forte di questo voto è che nell’ultimo scorcio della campagna elettorale c’è stato un travaso tra centrosinistra e M5S”. Come aggiunge sempre Alessandro Chiaramonte, “se questo risultato dovesse essere confermato, sarebbe la fine politica di Bersani. Nella condizione migliore per la sinistra, e cioè con un governo di centrodestra che a un certo punto aveva tassi di impopolarità elevatissimi, Bersani non ha saputo affatto rappresentare un’alternativa, oltre ad avere condotto una campagna elettorale a dir poco disastrosa. Lo era ancor prima che si sapessero i dati, nel senso che il segretario del Pd non è riuscito assolutamente a imporre un tema, uno slogan, un sogno, un elemento: insomma è stato veramente ai margini della campagna elettorale. Se il risultato dovesse essere confermato, a maggior ragione per il Pd si tratterebbe di un disastro”.
Il politologo conclude preoccupato: “Questo Paese spaccato è anche la conseguenza della scelta di non candidare leader nuovi, né da parte del centrodestra né da parte del centrosinistra. Bersani non era un leader già sperimentato alla guida del Paese, ma indiscutibilmente agli occhi della gente è apparso come un vecchio leader politico. Da questo punto di vista la scelta di candidare Bersani può non aver pagato, a differenza di quanto avrebbe potuto succedere con Renzi. La voglia di novità, che si è poi concretizzata sostanzialmente nel voto a Grillo, ha fortemente ridimensionato sia la sinistra sia la destra, ma in questo caso ha danneggiato molto più Bersani rispetto a Berlusconi”. (Pietro Vernizzi)




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